p. Fernando Armellini – Commento al Vangelo del 11 Ottobre 2020

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Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 11 ottobre 2020.
Se sei interessato a tutti i sui commenti al Vangelo, puoi leggerli qui.

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Invitati a danzare con Dio

Il regno di Dio costituisce il motivo centrale della predicazione di Gesรน. Egli inizia la vita pubblica annunciando: โ€œIl regno di Dio รจ vicinoโ€ (Mc 1,15), poi, servendosi di molte parabole, ne svela gradualmente โ€œi misteriโ€ (Mt 13). Quella degli operai dellโ€™ultima ora (Mt 20,1-16) รจ certamente la piรน sconcertante. Gesรน lโ€™ha raccontata per porre in risalto sia la gratuitร  della chiamata, sia lโ€™impegno richiesto a chi entra nel regno di Dio. Non si puรฒ negare che รจ faticoso rimanere fedeli a Cristo. Ma se essere discepoli comporta notevoli sforzi, come non ritenere giustificate le rimostranze degli operai assunti alle sei del mattino e retribuiti come quelli che sono arrivati alle cinque della sera?

Se sโ€™imposta il rapporto con Dio in termini di lavoro non equamente remunerato, se il premio che si riceve in paradiso non รจ proporzionato ai meriti accumulati, allora viene da pensare che sia beato chi mette piede nel regno dei cieli solo allโ€™ultimo momento, chi ha la fortuna di โ€œmorire in grazia di Dioโ€ dopo essersi โ€œgoduto la vitaโ€ lontano da lui.

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รˆ questa la mentalitร  che crea il noncurante (colui che si disinteressa degli inviti alla fede), il ritardatario (che si compromette nel bene il piรน tardi possibile), il riottoso (che osserva i comandamenti sotto sforzo e per paura dellโ€™inferno), il malvestito (il battezzato che continua a comportarsi da semipagano). Solo chi ha capito che il regno di Dio รจ una festa, un banchetto, entra deciso e senza indugi, perchรฉ non vuole perdere neppure un istante della gioia che gli viene offerta.

Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โ€œStare sulla soglia della tua casa, Signore, dร  piรน gioia che abitare nei palazzi degli empiโ€.

Prima Lettura (Is 25,6-10a)

6 Preparerร  il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte,
un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti,
di cibi succulenti, di vini raffinati.
7 Egli strapperร  su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli
e la coltre che copriva tutte le genti.
8 Eliminerร  la morte per sempre; il Signore Dio asciugherร  le lacrime su ogni volto;
la condizione disonorevole del suo popolo farร  scomparire da tutto il paese,
poichรฉ il Signore ha parlato.
9 E si dirร  in quel giorno: โ€œEcco il nostro Dio;
in lui abbiamo sperato perchรฉ ci salvasse;
questi รจ il Signore in cui abbiamo sperato;
rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza.
10 Poichรฉ la mano del Signore si poserร  su questo monteโ€.

Anticamente i grandi banchetti se li poteva permettere soltanto la gente importante. I re li organizzavano spesso per ragioni politiche: invitavano coloro con i quali volevano stringere alleanze o rafforzare legami di amicizia. Particolarmente sontuosi erano i banchetti in cui si festeggiava qualche ricorrenza o qualche vittoria sui nemici (cf. Est 1,1-8; Dn 5).

Nella lettura di oggi il profeta si presenta come il banditore di un annuncio sensazionale. Non un sovrano di questo mondo, ma Dio stesso offrirร  un banchetto, del quale elenca il menรน: cibi prelibati, carni saporite e di ogni tipo, vini eccellenti e raffinati (v. 6)โ€ฆ Roba da mandare in tilt la fantasia della povera gente dโ€™Israele, abituata a mangiare una sola volta al giorno e non sempre.

Anche i rabbini si sono dilettati a disquisire sulle portate offerte in questo banchetto. Partendo dal fatto che la Bibbia ricorda un mostro marino, chiamato Leviatร n, ucciso da Dio e dato โ€œcome carne al popolo che abitava nel desertoโ€ (Sal 74,14), essi concludevano che la principale vivanda dei giusti sarร  la carne di questo mitico pesce. รˆ per questo che in Israele, ancora oggi, alla cena del venerdรฌ sera, quando inizia il sabato, si รจ soliti mangiare pesce, per richiamare a tutti gli uomini pii il banchetto celeste che li attende.

Chi saranno gli invitati? โ€“ si chiedono ansiosi gli ascoltatori. Tutti i popoli della terra, senza alcuna esclusione, รจ la risposta. Saranno convocati tutti alla stessa mensa; gioiranno insieme i popoli che prima si sono odiati, che hanno commesso violenze, che hanno lottato per sottrarsi le terre e i beni.

Non si mangerร  soltanto. Si assisterร  a eventi straordinari, accadranno fatti inauditi: il Signore farร  cadere il velo, la coltre che copre gli occhi degli uomini (v. 7) e tutti lo potranno contemplare, seduto a mensa accanto a loro; poi egli โ€œdistruggerร  la morte per sempre e asciugherร  le lacrime da ogni voltoโ€ฆ โ€ (v. 8).

Il profeta non era cosรฌ ingenuo da pensare che un giorno non sarebbe piรน esistita la morte biologica; annunciava piuttosto la scomparsa di ciรฒ che per lโ€™uomo รจ morte e sconfitta: la vita senza senso e senza ideali, la beffa del fallimento e del dolore, la fame, la malattia, lโ€™emarginazione. Tutto ciรฒ che รจ โ€œnon vitaโ€ verrร  eliminato, โ€œlo ha detto il Signoreโ€ (v. 8). In nessun altro testo dellโ€™AT si trovano promesse tanto straordinarie.

Il banchetto, naturalmente, sarร  allietato da musiche, canti, danze. La lettura si conclude con il testo di un inno che pare composto proprio per essere eseguito in coro dai partecipanti: โ€œEcco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perchรฉ ci salvasse; questi รจ il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza, poichรฉ la voce del Signore si poserร  su questo monteโ€ (vv. 9-10).

Il profeta alludeva ai tempi messianici, ma non si rendeva conto della portata delle promesse che, in nome di Dio, stava facendo; non immaginava che un giorno il Signore avrebbe davvero distrutto la morte e per sempre. Lo capirร  invece Paolo che, illuminato dagli avvenimenti della Pasqua, scriverร  ai corinti: โ€œQuando poi questo corpo corruttibile si sarร  vestito dโ€™incorruttibilitร  e questo corpo mortale dโ€™immortalitร , si compirร  la parola della Scrittura: La morte รจ stata ingoiata per la vittoriaโ€ (1 Cor 15,54). Lo capirร  il veggente dellโ€™Apocalisse che, allโ€™apparire dei cieli nuovi e della terra nuova, scorgerร  Dio nellโ€™atto di tergere le lacrime dagli occhi di ogni uomo (Ap 21,4)โ€ฆ come Isaia aveva predetto.

Seconda Lettura (Fil 4,12-14.19-20)

12 Ho imparato ad essere povero e ho imparato ad essere ricco; sono iniziato a tutto, in ogni maniera: alla sazietร  e alla fame, allโ€™abbondanza e allโ€™indigenza. 13 Tutto posso in colui che mi dรก la forza.
14 Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alla mia tribolazione.
19 Il mio Dio, a sua volta, colmerร  ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza in Cristo Gesรน. 20 Al Dio e Padre nostro sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Col brano di oggi si conclude la Lettera ai filippesi. Poche righe, commoventi, da cui traspaiono i sentimenti di profonda amicizia che legavano Paolo ai cristiani di quella comunitร . Lโ€™Apostolo ricorda anzitutto i disagi, le privazioni, le contrarietร  che ha sopportato per la causa del vangelo: โ€œFratelli, ho imparato ad essere povero e ho imparato ad essere ricco, sono iniziato a tutto, in ogni maniera, alla sazietร  e alla fame, allโ€™abbondanza e allโ€™indigenzaโ€ (v. 12).

Si trova a Efeso, in carcere, non per reati comuni, ma per aver servito Cristo. Lรฌ ha ricevuto i doni inviatigli dai filippesi. รˆ un uomo austero, Paolo, รจ abituato alla vita dura, alle persecuzioni e alla fame, tuttavia, di fronte al loro gesto generoso, si commuove e dice: grazie di cuore per esservi fatti presenti in questa mia tribolazione (v. 14).

Chi si gioca la vita per la causa del vangelo rimane un uomo, con tutte le emozioni e sentimenti: รจ ferito dalle ingratitudini e si rallegra per le manifestazioni di stima e di affetto. Soprattutto chi ha rinunciato, per amore del Regno, a formarsi una propria famiglia, sente profondamente questo bisogno di amicizia. Chi apprezza il messaggio di salvezza che egli annuncia, รจ bene che gli manifesti in qualche modo la propria riconoscenza.

Alla fine della lettera, Paolo assicura che Dio ama e protegge i suoi inviati e ricompenserร , in modo sovrabbondante, i gesti di generositร  compiuti nei loro confronti (v. l9).

Vangelo (Mt 22,1-14)

1 Gesรน riprese a parlar loro in parabole e disse: 2 โ€œIl regno dei cieli รจ simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. 3 Egli mandรฒ i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. 4 Di nuovo mandรฒ altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono giร  macellati e tutto รจ pronto; venite alle nozze. 5 Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6 altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.
7 Allora il re si indignรฒ e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro cittร .
8 Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale รจ pronto, ma gli invitati non ne erano degni; 9 andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. 10 Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempรฌ di commensali.
11 Il re entrรฒ per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava lโ€™abito nuziale, 12 gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senzโ€™abito nuziale? Ed egli ammutolรฌ. 13 Allora il re ordinรฒ ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; lร  sarร  pianto e stridore di denti. 14 Perchรฉ molti sono chiamati, ma pochi elettiโ€.

Al tempo di Gesรน, fra il popolo si favoleggiava molto sul โ€œGan Edenโ€ โ€“ il Giardino di Eden โ€“ dove i giusti avrebbero goduto ogni felicitร . Alla luce della ben nota profezia di Isaia che abbiamo trovato nella prima lettura, lo si immaginava come un sontuoso banchetto dove per bevanda sarebbe stato servito nientemeno che il โ€œvino conservato nel grappolo dai sei giorni della creazioneโ€; lo si rappresentava come un luogo dove non ci sarebbe stato bisogno di spargere aromi e profumi, perchรฉ โ€œun vento del settentrione e un vento di mezzogiorno, soffiando fra le piante aromatiche del Gan Eden, avrebbero sparso ovunque la loro fragranzaโ€.

I rabbini continuavano con promesse di gioie ancora maggiori: โ€œPuรฒ un ospite โ€“ si chiedevano โ€“ preparare un banchetto per dei viandanti, senza sedersi a mensa con loro? Puรฒ uno sposo preparare un banchetto per degli invitati, senza sedersi accanto a loro?โ€. La risposta era: โ€œNellโ€™aldilร , il Santo, benedetto egli sia, disporrร  una danza per i giusti nel Gan Eden e siederร  in mezzo ad essi e ciascuno lo additerร  dicendo: ecco, questi รจ il nostro Dio, lo abbiamo atteso, godremo della sua salvezzaโ€.

รˆ su questo sfondo culturale che va proiettata la parabola che ci viene proposta oggi. Notiamo subito che la prospettiva del regno di Dio predicato da Gesรน รจ perรฒ notevolmente diversa da quella dei rabbini. Questi annunciavano un Gan Eden preparato per lโ€™aldilร , il banchetto del regno di Dio di cui parla Gesรน รจ imbandito nellโ€™aldiqua: รจ la condizione nuova in cui entra immediatamente chi accoglie il dono del suo Spirito, chi crede nella sua proposta di felicitร , chi si fida delle sue beatitudini.

In tutta la parabola lโ€™atmosfera รจ quella della gioia e della festa, ma ci sono anche, inattesi, due momenti drammatici: al centro cโ€™รจ una cittร  in fiamme e, nellโ€™epilogo, un malcapitato che viene gettato fuori nelle tenebre. Cercheremo di cogliere il significato anche di queste due scene, ma cominciamo prima a identificare i personaggi.

La festa di nozze รจ lโ€™immagine biblica dellโ€™incontro dโ€™amore tra il Signore e Israele. Nella parabola lo sposo รจ Gesรน, รจ lui il figlio, e la sposa รจ lโ€™umanitร  intera che, pur presentando tanti aspetti poco attraenti (odi, guerre, ingiustizie, lacrime di innocentiโ€ฆ) รจ amata perdutamente da Dio.

Il banchetto rappresenta la felicitร  dei tempi messianici. Chi accoglie la proposta del vangelo ed entra nel regno di Dio fa lโ€™esperienza della gioia piรน autentica e profonda. Nella Bibbia il regno di Dio non รจ paragonato a una cappella dove tutti pregano raccolti e devoti; non รจ immaginato come un convento dove non si ode il minimo rumore, dove nessuno disturba la meditazione e lโ€™estasi degli altri, ma รจ un banchetto dove ci si incontra, si mangia e si beve a sazietร , si dialoga e si fa festa.

Nella prima lettura il profeta ha promesso che Dio avrebbe organizzato un banchetto per celebrare la vittoria sulla morte. La Pasqua รจ il momento del trionfo di Dio ed รจ anche il giorno in cui sono state celebrate le nozze indissolubili fra Cristo e lโ€™umanitร . Da lรฌ in avanti non hanno piรน senso la tristezza, la sfiducia, lo scoraggiamento; tutte le morti sono state vinte, tutti i sepolcri sono stati spalancati.

I servi che hanno lโ€™incarico di portare lโ€™invito sono divisi in tre gruppi. I primi due rappresentano i profeti dellโ€™AT, fino a Giovanni Battista. Questi hanno svolto il compito di preparare Israele ad accogliere Gesรน, lo sposo. Non hanno avuto successo. Il terzo gruppo indica gli apostoli e tutti noi; i risultati ottenuti da costoro sono decisamente migliori.

I primi invitati non sono entrati alla festa, non se la sono sentita di abbandonare i loro interessi, il campo e gli affari (v. 5). Non avevano bisogno di un banchetto; si sentivano sazi, ritenevano di possedere giร  ciรฒ che รจ necessario per una vita senza problemi. Rappresentano le guide spirituali dโ€™Israele, soddisfatti della struttura religiosa che si erano data e che offriva loro sicurezza davanti agli uomini e davanti a Dio.

Coloro che non prendono coscienza della loro povertร , che non hanno fame e sete di un mondo nuovo, non entreranno mai nel regno di Dio, si adatteranno alle meschinitร  con cui sono soliti convivere. Solo i poveri sono in grado di capire la gratuitร  dellโ€™amore di Dio.

Gli invitati raccolti lungo le strade e nelle piazze sono gli uomini di tutto il mondo. Non รจ casuale il fatto che, nel testo originale, non si parli di buoni e cattivi โ€“ come risulta dalla nostra traduzione (v. 10) โ€“ ma di cattivi e buoni, senza distinzione, anzi, dando la precedenza proprio a coloro che non hanno meriti. รˆ un modo sottile di alludere alla completa gratuitร  dellโ€™amore di Dio e al fatto che โ€œmentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morรฌ per gli empiโ€ (Rm 5,6).

La presenza del bene e del male nella chiesa รจ un tema ripreso piรน volte da Matteo. Chi entra nel regno di Dio non diviene immediatamente perfetto, porta con sรฉ tutte le proprie miserie, debolezze morali, infermitร . Il popolo di Dio รจ composto da gente che รจ cattiva e buona, รจ un campo dove continuano a crescere insieme grano e zizzania, รจ una rete che mette insieme ogni sorta di pesci.

รˆ lโ€™invito a coltivare la comprensione per le debolezze umane e a mantenere le porte delle nostre comunitร  aperte a tutti. I poveri, gli emarginati, coloro che si sentono rifiutati devono trovare nella chiesa il luogo dove si sentono accolti, capiti e stimati.

Prima di passare alla seconda parte del brano, va chiarito il dettaglio della cittร  in fiamme (v. 7). รˆ stato certamente introdotto da Matteo nella parabola raccontata da Gesรน, infatti il versetto interrompe il racconto e, se lo si togliesse, la storia scorrerebbe via piรน logica. รˆ difficile immaginare un banchetto che inizia, poi, nel bel mezzo, si fa una guerra e alla fineโ€ฆ le vivande sono ancora lรฌ pronte sul tavolo e gli invitati sono rimasti in attesa.

Lโ€™evangelista ha voluto fare una lettura teologica della rovina di Gerusalemme, che รจ giร  avvenuta quando egli scrive il suo vangelo. I primi cristiani consideravano questo tragico evento come un castigo di Dio per il rifiuto del messia da parte di Israele.

Siamo di fronte a una interpretazione che urta la nostra sensibilitร . Sappiamo bene che Dio non รจ responsabile dei disastri provocati dalle nostre insensatezze. Si tratta di un modo di esprimersi abbastanza arcaico, derivato dal linguaggio dellโ€™AT dove spesso sono chiamati castighi di Dio quelli che in realtร  sono le conseguenze del peccato. Ecco ad esempio come Isaia spiega le catastrofi cui Israele รจ andato incontro: โ€œHanno rigettato la legge del Signore, hanno disprezzato la parola del Santo dโ€™Israele, per questo รจ divampata lโ€™ira del Signore contro il suo popolo e su di esso ha steso la sua mano per colpireโ€ (Is 5,24-25). Non sarebbe una fedeltร  al testo sacro, ma insensato fondamentalismo, ripetere oggi queste espressioni che, nella nostra cultura, hanno tuttโ€™altro significato. รˆ dunque necessario fare una trasposizione e riformulare lโ€™immagine, per renderla comprensibile allโ€™uomo dโ€™oggi.

Ecco come potrebbe essere proposto oggi il messaggio: chi rifiuta i pressanti inviti del Signore a prendere parte al banchetto del regno di Dio, si autocondanna alla distruzione, vedrร  la propria vita ridotta in cenere e, di tutto ciรฒ che ha costruito, non scorgerร  alla fine che macerie fumiganti (1 Cor 3,13).

Come sempre perรฒ, Dio si serve anche dei disastri provocati dal peccato per portare avanti il suo progetto di bene, li fa entrare nella realizzazione del suo disegno di salvezza. La distruzione del tempio di Gerusalemme e il rifiuto del messia da parte di Israele hanno infatti favorito lโ€™entrata dei pagani nella Chiesa. Gli โ€œesclusi dalla cittadinanza dโ€™Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dioโ€ (Ef 2,12) ora possono a pieno diritto sedersi come commensali al banchetto. La conclusione รจ tanto semplice quanto commovente: โ€œE la sala fu pienaโ€ (v. 10). Non manca nessuno, tutti i figli sono riuniti attorno alla mensa del Padre, la festa puรฒ avere inizio.

Il sipario potrebbe calare su questa scena dolce e suggestiva, invece ecco che la parabola continua con un episodio che sembra rovinare tutto: il re entra nella sala, passa in rassegna gli ospiti e se la prende con un malcapitato che non ha indosso lโ€™abito conveniente; lo tratta con durezza inaudita, addirittura ingiustificata, se si considera la venialitร  della colpa (vv. 11-13). Chi si era lasciato coinvolgere dalla gioia della festa non puรฒ che rimanere allibito. Come si spiega?

Risulta subito evidente che questa parte del racconto รจ slegata dalla precedente: non si accorda con quanto รจ stato affermato; perchรฉ meravigliarsi che ci sia qualcuno senzโ€™abito nuziale, se le persone sono state raccolte per strada, nei campi, sulle piazze? Sarebbe piรน sorprendente trovare chi indossa lโ€™abito di gala. Ma ciรฒ che stona di piรน รจ lo sdoppiamento di personalitร  del sovrano. Si comporta da schizofrenico: prima รจ generoso e buono verso i piรน disgraziati, poi, per una mancanza da nulla, gli saltano i nervi, diventa terribile, persino crudele.

La spiegazione รจ abbastanza semplice. La seconda parte della parabola non รจ il seguito della prima, ma una nuova parabola che va isolata e interpretata senza fare riferimento a quella che la precede.

Il tema che lโ€™evangelista vuole mettere a fuoco รจ la possibilitร , anche per coloro che hanno accolto lโ€™invito ad entrare nel regno di Dio, di allontanarsi dalla logica evangelica. Costoro rischiano il fallimento, come chi ha rifiutato lโ€™invito.

La vita nuova del cristiano รจ spesso paragonata nel NT ad un abito nuovo, indossato nel giorno del battesimo. Non basta aver ricevuto il sacramento, รจ necessario assumere un comportamento consono. Non ci si puรฒ presentare con gli stracci della vita antica: gli adulteri, le disonestร , le slealtร , la dissolutezza morale. Non ci si puรฒ accontentare di mettere una pezza nuova sul vestito vecchio, bisogna rinnovare completamente il corredo, รจ necessario impostare la vita su valori del tutto nuovi.

Quanto al castigo inflitto allโ€™uomo senzโ€™abito nuziale, va tenuto presente, anzitutto, che questo modo duro di esprimersi รจ tipico di Matteo. Solo lui impiega spesso le espressioni โ€œgettare fuori nelle tenebre esterioriโ€ (Mt 8,12, 23,30) e โ€œlร  ci sarร  pianto e stridore di dentiโ€ (Mt 13,42-50, 23,30, 24,51โ€ฆ). Gli altri evangelisti non usano questo linguaggio.

Matteo scrive per giudei abituati ad essere esortati e rimproverati dai loro predicatori con queste espressioni forti. Si tratta di immagini legate al tempo e alla cultura del popolo dโ€™Israele. Questo fatto va tenuto presente per non farsi unโ€™immagine di Dio assurda e addirittura blasfema, quella di un Dio senza cuore e senza misericordia.

Lo scopo dellโ€™evangelista รจ quello di richiamare i cristiani โ€“ delleย  sue e delle nostre comunitร  โ€“ alla serietร  con cui vanno assunti e portati avanti gli impegni battesimali.

Lโ€™ultima frase: โ€œMolti (cioรจ โ€œtuttiโ€) sono chiamati, ma pochi gli elettiโ€ (v. 14) non รจ legata a nessuna delle due parabole che la precedono. In esse gli eletti sono molti (quasi tutti) e pochi i rifiutati (uno solo).

Siamo di fronte a un detto che Gesรน ha pronunciato in un contesto diverso. Matteo lo ha inserito qui per scuotere, con unโ€™affermazione ad effetto, il torpore e la tiepidezza di alcuni cristiani delle sue comunitร . Viene interpretato spesso come unโ€™indicazione sul numero limitato di coloro che entreranno in paradiso. Qui perรฒ Gesรน non sta parlando del paradiso, ma del regno di Dio, del mondo nuovo nel quale si entra aderendo alla sua impegnativa proposta di vita. Tutti sono invitati, ma pochi hanno il coraggio di compiere il passo decisivo. La maggioranza esita, tentenna, vacilla, รจ titubante, non รจ del tutto convinta che dentro troverร  una tavola imbandita, non se la sente di rinunciare alla sicurezza che le deriva da ciรฒ che giร  possiede. Gesรน mette in guardia dal rischio di perdere tempo prezioso: si potrebbe arrivare in ritardo, quando gli altri sono giร  al dolce o alla frutta.


AUTORE: p. Fernando Armellini
FONTE: Settimana News
SITO WEB: http://www.settimananews.it

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