p. Fernando Armellini – Commento al Vangelo del 27 Settembre 2020

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Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 20 Settembre 2020.
Se sei interessato a tutti i sui commenti al Vangelo, puoi leggerli qui.

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Il sรฌ piรน convinto passa attraverso un no

Cโ€™รจ chi risponde sรฌ senza aver capito e chi, piรน lealmente, dice no perchรฉ non รจ convinto e vuole comprendere meglio. Il suo no รจ solo un modo poco garbato di chiedere spiegazioni e di dire che vuole vederci piรน chiaro. Chi a Dio risponde subito sรฌ forse non si รจ reso conto chi egli sia, come la pensi e che cosa proponga.

Nella nostra societร  รจ apprezzato chi produce. Il vecchio, il malato, il disabile sono rispettati, amati, aiutati, ma sono sentiti spesso come un peso; non รจ immediata la percezione del loro valore e della preziositร  del loro contributo a rendere piรน umano il nostro mondo. Premiamo gli efficienti e i capaci; stimiamo chi รจ riuscito a farsi da solo, remuneriamo chi lavora. Dio invece parte dagli ultimi, si interessa degli ultimi, privilegia e premia gli ultimi. Gratuitamente.

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La parabola della scorsa domenica ci ha sconcertato e forse, durante la settimana, abbiamo riflettuto sullโ€™illogicitร  del comportamento del padrone che retribuisce gli operai dellโ€™ultima ora come i primi. รˆ difficile rinunciare alla religione dei meriti e credere nella gratuitร  dellโ€™amore di Dio. La lettura di oggi sembra rispondere alle nostre obiezioni: โ€œVoi dite: non รจ retto il modo di agire del Signore. Ascolta dunque: non รจ retta la mia condotta o piuttosto non รจ retta la vostra?โ€ (v. 25).

Dire sรฌ a Dio significa rinunciare ai propri pensieri e accettare i suoi. Egli non cerca i sazi, ma chi ha fame per ricolmarlo dei suoi beni (Lc 1,53); non apprezza i potenti che siedono sui troni, ma si abbassa per innalzare gli umili (Lc 1,52); non premia i giusti per i loro meriti, ma si fa compagno dei deboli e introduce per primi nel suo regno i pubblicani e le prostitute (Mt 21,31). Solo chi si riconosce ultimo, peccatore e bisognoso del suo aiuto potrร  sperimentare la gioia di essere salvato.

Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โ€œIl Signore insegna le sue vie agli umili, ai poveri e ai peccatoriโ€.

Prima Lettura (Ez 18,25-28)

25 Voi dite: Non รจ retto il modo di agire del Signore.
Ascolta dunque, popolo dโ€™Israele: Non รจ retta la mia condotta o piuttosto non รจ retta la vostra? 26 Se il giusto si allontana dalla giustizia per commettere lโ€™iniquitร  e a causa di questa muore, egli muore appunto per lโ€™iniquitร  che ha commessa. 27 E se lโ€™ingiusto desiste dallโ€™ingiustizia che ha commessa e agisce con giustizia e rettitudine, egli fa vivere se stesso. 28 Ha riflettuto, si รจ allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrร  e non morirร .

Di che cosa discorrevano i deportati a Babilonia se non della distruzione della loro cittร  e dei responsabili della catastrofe? Si arrovellavano il cervello, ma giungevano sempre alla medesima conclusione: siamo vittime di errori commessi da altri; i nostri padri hanno peccato e noi ne portiamo le conseguenze e, come un ritornello, andavano ripetendo il proverbio: โ€œI padri hanno mangiato lโ€™uva acerba e i denti dei figli si sono legati fra loroโ€ (Ez 18,2).

Le previsioni per il futuro erano fosche. Lontani da Gerusalemme, privi del luogo santo, del tempio in cui avrebbero potuto implorare il perdono del Signore e offrirgli sacrifici di espiazione per i peccati, si sentivano rovinati e avevano perso ogni speranza.

Fra questi deportati cโ€™era anche Ezechiele che prese posizione contro le convinzioni diffuse fra il popolo. รˆ vero โ€“ disse โ€“ che cโ€™รจ una solidarietร  nel male; รจ vero che le conseguenze del peccato raggiungono non solo chi lo commette, ma coinvolgono anche gli innocenti e si prolungano a volte per generazioni, tuttavia non si tratta di un destino ineluttabile; รจ possibile rompere questa catena e a ognuno รจ chiesto di dare il proprio contributo per imprimere un cambiamento di rotta alla storia. Chi lascia cadere le braccia, chi si rassegna non puรฒ dare la colpa ai padri, la responsabilitร  ricade su di lui che si comporta da imbelle, โ€œegli muore per lโ€™iniquitร  commessaโ€ (v. 26).

La liberazione dal peccato non la si ottiene mediante lโ€™esecuzione di riti; รจ inutile ripetere: โ€œOra non abbiamo piรน nรฉ principe, nรฉ capo, nรฉ profeta, nรฉ olocausto, nรฉ sacrificio, nรฉ oblazione, nรฉ incenso, nรฉ luogo per presentarti le primizie e trovar misericordiaโ€ (Dn 3,38). La triste ereditร  del peccato la si cancella con la conversione: โ€œChi desiste dallโ€™ingiustizia e agisce con rettitudine fa vivere se stessoโ€ (v. 27).

Il messaggio di Ezechiele รจ consolante: il no dellโ€™uomo a Dio รจ sempre gravido di conseguenze, ma non รจ definitivo, non รจ mai lโ€™ultima parola. In ogni momento puรฒ divenire un sรฌ: โ€œChi, dopo aver riflettuto, si allontana dalle colpe commesse, di certo vivrร  e non morirร โ€ (v. 28).

Seconda Lettura (Fil 2,1-11)

1 Se cโ€™รจ pertanto qualche consolazione in Cristo, se cโ€™รจ conforto derivante dalla caritร , se cโ€™รจ qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, 2 rendete piena la mia gioia con lโ€™unione dei vostri spiriti, con la stessa caritร , con i medesimi sentimenti. 3 Non fate nulla per spirito di rivalitร  o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltร , consideri gli altri superiori a se stesso, 4 senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri.
5 Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesรน,
6 il quale, pur essendo di natura divina,
non considerรฒ un tesoro geloso
la sua uguaglianza con Dio;
7 ma spogliรฒ se stesso,
assumendo la condizione di servo
e divenendo simile agli uomini;
apparso in forma umana,
8 umiliรฒ se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e alla morte di croce.
9 Per questo Dio lโ€™ha esaltato
e gli ha dato il nome
che รจ al di sopra di ogni altro nome;
10 perchรฉ nel nome di Gesรน
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra;
11 e ogni lingua proclami
che Gesรน Cristo รจ il Signore, a gloria di Dio Padre.

Questo brano รจ giร  stato commentato nella domenica delle Palme.

Vangelo (Mt 21,28-32)

28 โ€œChe ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, vaโ€™ oggi a lavorare nella vigna. 29 Ed egli rispose: Sรฌ, signore; ma non andรฒ.
30 Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andรฒ. 31 Chi dei due ha compiuto la volontร  del padre?โ€. Dicono: โ€œLโ€™ultimoโ€.
E Gesรน disse loro: โ€œIn veritร  vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32 รˆ venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli.

La terra promessa da Dio al suo popolo non รจ solo quella โ€œdove scorre latte e mieleโ€, ma anche quella in cui abbondano frumento, olioโ€ฆ e vino (Dt 8,6,10). โ€œInvitare il suo vicino sotto la sua vite e sotto il suo ficoโ€ era il sogno coltivato da ogni israelita (Zc 3,10).

In un tempo come il nostro in cui tutto รจ meccanizzato, si bada soltanto alla quantitร  dei prodotti e al loro valore commerciale, parlare di un rapporto affettivo con la propria vigna suonerebbe ingenuo e un poโ€™ patetico. Non era cosรฌ in Israele. Mentre potava, il contadino accarezzava, con lo sguardo commosso dellโ€™innamorato, la propria vite, le rivolgeva parole dolci e tenere. I poeti hanno cantato spesso questo amore e Dio se nโ€™รจ servito per descrivere la passione che lo lega al suo popolo (Is 5,1-7). Israele รจ โ€œla vigna deliziosa: cantatela! Io, il Signore, ne sono il guardiano, a ogni istante la irrigo; per timore che venga danneggiata, io ne ho cura notte e giornoโ€ (Is 27,2-3).

Gesรน ha ripreso piรน volte questa immagine: ha parlato di operai inviati, in ore diverse, a lavorare nella vigna (Mt 20,1-15), di vignaioli omicidi che non vogliono consegnare i frutti (Mt 21,33-40) e soprattutto ha presentato se stesso come โ€œla vera viteโ€ (Gv 15,1-8).

La parabola del vangelo di oggi mette in scena tre personaggi: un padre e due figli.

Gli ascoltatori di Gesรน intuiscono subito che il padre rappresenta Dio, ma certo rimangono sorpresi dal fatto che egli abbia due figli. Il figlio di Dio รจ uno solo, Israele; per bocca del profeta Osea il Signore ha detto: โ€œDallโ€™Egitto ho chiamato mio figlioโ€ (Os 11,1) e al faraone ha dichiarato: โ€œIsraele รจ il mio figlio primogenitoโ€ (Es 4,22). La Scrittura afferma che solo โ€œi giudei sono figli del Dio Altissimoโ€ (Est 8,12q), โ€œfigli che non deluderannoโ€ (Is 63,8). Sentir parlare di due figli di Dio รจ sconcertante per un israelita; ma รจ solo lโ€™inizio, il seguito della parabola รจ ancora piรน provocatorio.

Allโ€™invito del padre ad andare a lavorare nella vigna, il primogenito rispose zelante, con prontezza: Sรฌ, signore (letteralmente: Io, signore!; come dire: non pensare ad altri, ci sono io!), ma poi non andรฒ (v. 29). Non si dice che, per svogliatezza o sedotto da una proposta allettante degli amici, โ€œcambiรฒ ideaโ€; no, egli, anche quando aveva detto sรฌ, non era per nulla dโ€™accordo con il programma del padre, aveva soltanto pronunciato parole, parole vuote.

Il richiamo รจ a un altro detto di Gesรน: โ€œNon chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerร  nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontร  del Padre mio che รจ nei cieliโ€ (Mt 7,21).

Questo primogenito rappresenta evidentemente gli israeliti che giร  Mosรจ aveva definito โ€œfigli degeneri, generazione perversaโ€, โ€œfigli infedeliโ€ (Dt 32,5.20). Non tutti gli israeliti, naturalmente, ma quelli che, a parole, si erano assunti gli impegni dellโ€™alleanza e poi li avevano ridotti a riti esteriori, a cerimonie senza valore, convinti di essere a posto con il Signore perchรฉ gli offrivano sacrifici, olocausti, preghiere. Questa, al tempo di Gesรน, era la religione praticata dai sacerdoti del tempio e dai notabili del popolo. Non produceva i frutti voluti da Dio: โ€œEgli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, si attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressiโ€ (Is 5,7). Le solenni liturgie erano foglie, non frutti (Mt 21,18-22).

Le provocazioni della parabola non sono finite. Il padre rivolse anche al secondo figlio la richiesta di andare a lavorare nella vigna e la risposta fu: โ€œNon ne ho vogliaโ€. Poi perรฒ, preso dal rimorso, ci andรฒ (v. 30).

Lโ€™allusione agli odiati pagani โ€“ che ora sono elevati al rango di figli โ€“ รจ esplicita. Essi non hanno dato alcuna adesione formale alla volontร  del Signore, ma sono entrati per primi nel regno di Dio.

Quando Matteo scrive questo brano sono passati cinquantโ€™anni dalla morte e risurrezione di Cristo e la profezia si รจ giร  realizzata: le comunitร  cristiane sono composte soprattutto da ex-pagani, mentre la maggioranza dei figli di Abramo non ha riconosciuto in Gesรน il messia di Dio, non รจ entrata nella vigna.

Questa constatazione potrebbe ingenerare la pericolosa illusione che questi due figli siano dei personaggi preistorici, che non hanno nulla a che vedere con noi. I cristiani sarebbero il โ€œterzo figlioโ€, quello che dice di sรฌ e fa la volontร  del Padre. Professano una fede chiara e immune da errori teologici, si impegnano a osservare comandamenti e precetti e lodano il Signore con canti e preghiere.

Ma proviamo a chiederci quale incidenza hanno nella vita di ogni giorno (Vaโ€™ oggi a lavorare nella vigna!) le nostre formule, le nostre dichiarazioni, le nostre formali prese di posizione, i nostri riti. Pongono fine agli odi, alle guerre, ai soprusi? Pur continuando a professarci cristiani, non ci rassegniamo facilmente a una vita di compromessi? Non ci adeguiamo spesso ai criteri di questo mondo e al buon senso degli uomini? Non conviviamo forse con le ingiustizie, le disuguaglianze, le discriminazioni?

Il terzo figlio esiste, ma non siamo noi. Solo โ€œil Figlio di Dio, Gesรน Cristo โ€“ scrive Paolo โ€“ non fu โ€œsรฌโ€ e โ€œnoโ€, ma in lui ci fu solo il โ€œsรฌโ€. Tutte le promesse di Dio in lui divennero โ€œsรฌโ€ (2 Cor 1,19). Egli รจ lโ€™unico che ha sempre detto: โ€œSรฌ, o Padre, perchรฉ cosรฌ รจ piaciuto a teโ€ (Mt 11,26).

La conclusione della parabola (vv. 31b-32) contiene quella che รจ forse lโ€™affermazione piรน provocatoria di Gesรน: โ€œI pubblicani e le prostitute stanno passandovi avanti nel regno di Dioโ€. Il verbo รจ al presente; si tratta di una constatazione: i pubblici peccatori che non hanno alcun paravento religioso dietro il quale nascondersi, coloro che non possono fingere perchรฉ la loro condizione รจ palese a tutti, anche a loro stessi, si trovano avvantaggiati rispetto a coloro che si ritengono giusti. Questi si sentono sicuri e protetti dalle pratiche religiose che adempiono fedelmente e non si rendono nemmeno conto della propria lontananza dalla vigna del Signore.

โ€œI pubblicani e le prostituteโ€ che sanno di essere lontani da Dio non si illudono di compiere la sua volontร , sono coscienti di avere detto di no, non tentano di ingannare se stessi adempiendo precetti da loro inventati, non tranquillizzano la coscienza con pratiche che nulla hanno in comune con la vera religione. La loro consapevolezza di essere poveri, deboli, peccatori bisognosi di aiuto, li predispone a ricevere per primi il dono di Dio.

Lโ€™altro fratello entrerร  nella vigna quando smetterร  di ritenersi giusto, quando rinuncerร  allโ€™orgoglio di quelle che ritiene le sue opere buone, quando riconoscerร  la propria ipocrisia e ne proverร  disgusto, quando abbandonerร  le sicurezze che gli derivano dal fatto di aver sempre detto di sรฌ a parole e gioirร  nel sentirsi salvato dallโ€™amore gratuito del Padre.


AUTORE: p. Fernando Armellini
FONTE: Settimana News
SITO WEB: http://www.settimananews.it

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