Don Luciano Condina – Commento al Vangelo del 3 Maggio 2020

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Cristo ci indica la via della libertร 

Il pastore รจ certamente unโ€™immagine molto importante nella scrittura: Abramo, Giacobbe, Mosรจ, Davide sono pastori. Perchรฉ Dio sceglie spesso capi che sono pastori? Perchรฉ curano le pecore, si prendono cura degli altri; e proprio a questo sono chiamati i sacerdoti, i re, i profeti.

E il buon pastore per eccellenza non puรฒ che essere Cristo.

Nel vangelo di questa domenica il guardiano apre il cancello e le pecore ascoltano la sua voce: egli le chiama una per una e, una volta uscite, cammina innanzi a loro ed esse lo seguono perchรฉ conoscono la sua voce.

Questโ€™immagine, in apparenza ovvia, non lo รจ affatto. A tutti รจ capitato, almeno una volta nella vita, di incrociare per strada un gregge di pecore accompagnate da almeno un cane e da un pastore: questโ€™ultimo non รจ mai davanti ma sempre in fondo, perchรฉ da quella posizione puรฒ tenere dโ€™occhio tutto il gregge ed evitare che qualche pecora si perda. Gesรน รจ un pastore diverso: non sta dietro, non impone il cammino, offre solo la sua voce (soave per chi la conosce), sufficiente perchรฉ le pecore lo seguano.

Allora, possiamo vedere contrapposte due figure: il pastore del mondo e il pastore celeste. Il primo sta dietro il gregge e lo forza al cammino: simboleggia la realtร  in cui viviamo costretti dalle cose che pascolano nella nostra vita, che governano e danno prioritร  alle nostre giornate: impellenze, ordini, comandi, urgenze, spesso accompagnate dalla paura.

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Il pastore celeste, invece, basa il suo rapporto con le pecore sulla fiducia, sta davanti al gregge ed รจ questo a dare forza a loro, senza mai forzarle. รˆ la relazione che esiste tra noi figli e Dio, che ama essere seguito liberamente, perchรฉ amore e libertร  sono due facce della stessa medaglia. La fede non nasce mai da una forzatura, ma dalla gioia, dalla felicitร  di avere fatto esperienza di ciรฒ che il mondo non puรฒ offrire.

Ciรฒ che sollecita le pecore a seguire il buon pastore รจ lasciare il brutto per il bello, lasciare il bello per il piรน bello, addirittura per il sublime.

In Dio cโ€™รจ qualcosa di tremendo e affascinante allo stesso tempo, spaventoso, enorme e meraviglioso che si rivela mirabilmente attraente: รจ il profumo del paradiso, il profumo del cielo che ci portiamo dentro perchรฉ impresso nella nostra immagine e che disperatamente cerchiamo nelle cose del mondo, restando puntualmente disillusi. Il profumo del cielo possiamo trovarlo solo in chi viene dal cielo e al cielo รจ tornato per aprirci la strada.

ยซIo sono la portaยป (Gv 10,9). La porta รจ la possibilitร  di passare da un ambiente a un altro; รจ lโ€™accesso senza il quale si rimane in prigione. Le nostre porte esistenziali, biologiche sono i cinque sensi, che ci permettono la comunicazione con lโ€™esterno; ma possono essere porte chiuse: ยซHanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odonoยป, proclama un salmo che curiosamente รจ il piรน citato nel nuovo testamento (Sal 115,5-6).

Spesso la nostra vita si presenta come un recinto chiuso, in una solitudine invalicabile: stiamo con gli altri senza comunicare realmente, restando in una solitudine che necessita di una porta aperta: Cristo รจ la porta che permette allโ€™uomo, a noi che siamo esseri relazionali e che abbiamo bisogno degli altri, di uscire e di entrare, di comunicare. Quando incontriamo qualcuno che porta Gesรน nel cuore la comunicazione รจ naturale: nel suo sguardo ci sentiamo a casa, ci sembra di conoscerlo da una vita, anche se lโ€™abbiamo appena conosciuto.

Finalmente gli uomini possono trovare pascolo, possono trovare la vita, chiamati a uscire con Cristo, che รจ la nostra porta per uscire fuori dalle cose vecchie โ€“ i rancori, i vizi, le paure, le meschinerie โ€“ ed entrare nella libertร  in cui Egli vuole portarci.

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