Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 29 Marzo 2020

Medita

“Colui che ami è malato”. Gesù è legato a questi fratelli, li ama profondamente; Maria è la donna che lo ha unto con un profumo prezioso e ha asciugato i suoi piedi con i capelli, è colei che, con la sorella, lo accoglieva abitualmente nella sua casa e che, seduta ai suoi piedi, amava ascoltarlo perché assetata della Sua parola. “Questa malattia non porterà alla morte ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato”.

Questa affermazione di Gesù è il fulcro di ciò che sta per accadere: la resurrezione dell’amico morto, affinché  Lui possa essere riconosciuto come Figlio di Dio e tutti possano sentirsi salvati. Il superamento della morte è il più grande desiderio dell’uomo e il messaggio di Gesù ci libera dalla paura della morte. Come? Desiderando con fede di stare nell’Amore: “Chiunque crederà in me non morirà mai”—chi crede in Lui ha già una vita tale che non può fare esperienza di morte. Lazzaro vuol dire “Dio aiuta”, quasi a significare che è un miracolato, salvato dalla morte fisica e spirituale. La parola malato, ripetuta più volte, si  contrappone alla parola amato per sottolineare che l’infermità fisica e spirituale può essere guarita dall’Amore del Signore. Marta va incontro a Gesù, non ha ancora  capito chi è veramente. Ella compie un viaggio, il suo è un cammino di fede  perché ha desiderio di guarigione e di vita sia per il fratello che per sé.  Lo sguardo di Gesù la accoglie con tenerezza e il dialogo tra loro converte la donna. Marta riceve il dono della fede e la fede fa vincere la morte. “Io sono la resurrezione e la vita, credi questo?”—“Sì, o Signore, io credo che tu sei  il Cristo il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo!”.  Ecco, Marta finalmente vede.

Gesù si commuove, piange lacrime d’amore per l’amico morto, ma soprattutto per coloro che lo piangono, perché condivide il dolore dell’uomo. Piange l’uomo e con l’uomo e poi lo salva; così Gesù partecipa  alla nostra vita.  La pietra davanti al sepolcro è ciò che separa l’uomo da Dio; così Gesù viene a cercarci nei nostri sepolcri, nelle nostre vite vuote, dolenti, deluse, nelle nostre fatiche, nella nostra morte, anche se vivi, e  chiama ognuno per  nome: “Lazzaro, vieni fuori!”. Non entra nel sepolcro, ma  invita alla luce e ci dà la libertà di decidere se rimanere nelle tenebre o se  uscire nella vita risorta. La Salvezza ci coinvolge e ci rende partecipi nell’opera del Signore: “Liberatelo e lasciatelo andare!”. Sì, siamo coinvolti con l’amore nel sostenere le difficoltà di un fratello, siamo coinvolti nella liberazione dell’altro perché possa camminare da sé incontro a Dio.

Rifletti

Gesù chiede a me, come a Marta, di fare un cammino per passare dalla religione che ancora mi condiziona alla fede che mi libera. Voglio seguirlo? Voglio partecipare alla salvezza dei fratelli?

Prega

Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato,
da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere in Cristo:
per grazia siete stati salvati.
Con Lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù,
per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia
mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.
Per grazia infatti siete stati salvati mediante la fede, e ciò non viene da voi,
ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene.
Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone,
che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.
(Lettera agli Efesini  2, 4–8)

Fonte: Ascolta e Medita – Marzo 2020 curato da Domenico Coviello, Angela Castino – Arcidiocesi di Pisa – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi


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