don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 27 Marzo 2020 – Gv 7, 1-2. 10. 25-30

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NELLA TENDA DELLA CHIESA CON CRISTO PER CONOSCERLO NELL’INTIMITA’ DEL SUO AMORE

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Quella delle Capanne era “la” festa, ricordava l’Alleanza e il tempo del deserto, le viscere nelle quali si รจ formato il popolo di Israele: “โ€ฆtutti i cittadini dโ€™Israele dimoreranno in capanne, perchรฉ i vostri discendenti sappiano che io ho fatto dimorare in capanne gli Israeliti, quando li ho condotti fuori dal paese dโ€™Egitto” (Lv 23:41). La Festa cadeva in settembre al culmine del raccolto; accanto all’attesa,ย Israele celebrava dunque ilย compimento.ย Le capanne erano il segno di una promessa destinata a compiersi, e la Festa celebrava la fedeltร  di Dio che illumina il cammino con la speranza fondata sullโ€™esperienza.

Per questo era chiamata ancheย Festa della gioia;ย essaย seguiva la grande espiazione di Kippur, l’esperienza del perdono che rigenera la comunitร  nella comunione fondata sulla gratuitร  della misericordia.ย Entrando e dimorando nelle capanne gli israeliti celebravano il memoriale di quel tempo, ovvero il ricordo degli eventi passati attualizzati nella situazione di ciascuno. Per questo, al tempo di Gesรน la Festa aveva fortissime connotazioni messianiche; l’asservimento a Roma era divenuto impossibile, e quelle capanne ridestavano la memoria e la speranza che di nuovo Dio avrebbe liberato il suo popolo per farlo โ€œabitare in una dimora di pace, in abitazioni tranquille, in luoghi sicuriโ€ (Is 32:18). Gesรน vi giunge โ€œdi nascostoโ€, come unย segno:ย la precarietร  della capanna allude, infatti, alla sua carne, nella quale si cela la sua divinitร : “E il Verbo si fece carne e costruรฌ la sua โ€œskฤ“nฤ“โ€ (la sua tenda) in mezzo a noi”. La tenda era il luogo dove riposarsi durante il raccolto e durante il cammino dell’esodo; ciรฒ significa che proprio la carne costituisce il luogo doveย sostareย per riposarsi e riprendere le forze.

Ma essa รจ segnata dalla precarietร , รจ un’orma sul cammino, non รจ l’origine e non รจ il destino della vita; non ne รจ il sostegno, e nemmeno ciรฒ che le dร  senso e gioia.ย Fermarsi alla carne conduce ad ucciderla: una relazione che si ferma ad essa e non cammina verso il suo compimento, si risolve, inevitabilmente, in un voler possedere l’altro, in una conoscenza parziale attraverso la quale imprigionarlo e gestirlo.ย Come รจ accaduto a coloro che non hanno accolto Gesรน, inciampando sullaย tenda visibile della sua carne “decidono di arrestare” l’amore. Ai loro occhi,ย Gesรน era troppo uomo,ย troppo “comprensibile”… Il Messia che attendevano, invece, avrebbe liberato il popolo dal giogo dei romani; con Lui sarebbe finito il tempo dell’attesa e della precarietร , insomma, si sarebbero smontate le capanne…ย E invece,ย ecce homo, ecco l’uomo. Come tutti, debole, fragile e precario. Anche Lui in una capanna, la sua vita come quella di ciascuno di noi. Per questoย non puรฒย essere il Messia: Nazaret, la Galilea, niente studi, niente lignaggio, neanche un sacerdote, un rabbino tra i parenti!

Lo conosciamo fin troppo bene.ย Non รจ di Lui che abbiamo bisogno, ma di forza, intelligenza, programmazione e tanti bei miracoli a risolvere le nostre sofferenze. E cosรฌ accade anche a noi, di fronte alla storia.ย Le tragiche notizie che ci annunciano il terrorismo alle porte di casa ci impauriscono, perchรฉ la morte puรฒ arrivare improvvisamente. Siamo accerchiati,ย viviamo nella precarietร , proprio come nelle tende in mezzo al deserto, e ci ribelliamo e perdiamo la pace. Abbiamo dimenticato, o forse non lโ€™abbiamo mai saputo, che proprio questo di oggi, con questa famiglia, con questo lavoro o questo licenziamento, con questo carattere e questo corpo, con questa malattia e con questo dolore, รจ il deserto da attraversare per giungere alla pienezza. Non cโ€™รจ altro cammino perchรฉ il deserto, in Dio, รจย giร ย libertร ! Ma occorre camminarci con Lui, che si รจ fatto carne proprio per essere con noi nella stessa tenda. Essa รจ il luogo dove accoglierlo, conoscerlo e abbandonarci a Lui. Ma noi invece ci scandalizziamo perchรฉย pensiamo che, per salvarci, il Messia debba venire chissร  da dove, dal pianeta fantastico che sogniamo divenga la nostra vita.

Invece Gesรน bussa alla nostra porta con una carne identica alla nostra, senza bacchetta magica, ferito come noi, umiliato e malato, senza lavoro e precario. Ma proprio questa รจ la Buona Notizia, la Veritร ! Dio รจ โ€œnascostoโ€ nella nostra vita per celebrare con noi la gioia della Festa! Oggi, nel nostro desertoย un Uomo che รจ Dio viene a rendere divina ogni precarietร . Se lo accogliamo nella nostra tenda farร  sua ogni lacrima, angoscia, dubbio, paura e sofferenza. Senza cambiare una virgola del deserto lo trasformerร  in un Giardino dove uscire per โ€œraccogliereโ€ i frutti maturi del suo amore. Lโ€™amore, ecco la libertร  che genera la gioia. Per donarci questo amore “il Padre ha inviato il Figlio”! Perchรฉ lโ€™amore possibile anche nel deserto trasforma il fallimento piรน doloroso in una gioia straripante. E oggi possiamo amare perchรฉ Dio che “veritiero” ci ama sino a farsi ospite nella nostra stessa tenda!

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In essa depone la sua vita piรน forte della morte, nella quale possiamo camminare nella storia dura e segnata dalla sofferenza senza perdere la pace e la certezza della fede anzi, pregustando nellโ€™amore, la gioia del Cielo.


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