Commento al Vangelo del 25 Novembre 2018 – p. Roberto Mela scj

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Cristo Re e Signore

Al netto di qualche sbavatura di volontร  di potenza presente al momento della fissazione di questa solennitร  quale conclusione degna dellโ€™anno liturgico, resta il fatto che la Chiesa conclude il suo cammino celebrativo di Cristo risorto adorandolo come Signore e re dellโ€™universo.

Essa riporta al suo giusto ridimensionamento ogni pretesa assolutistica da parte di forze umane che si pensano onnipotenti, invitando gli uomini a fissare lo sguardo su un โ€œSignoreโ€ e un โ€œReโ€ particolare. Il suo dominio non รจ oppressivo nรฉ umiliante la dignitร  delle persone e dei popoli. La sua regalitร  deriva dal dono generoso di sรฉ a favore e, anche, al posto di tutti gli uomini.

รˆ contenuto della fede della Chiesa che i destini eterni dellโ€™umanitร  siano nelle mani di colui che ha dato la sua vita per loro. Il cammino dellโ€™uomo puรฒ essere perciรฒ sereno e pieno di fiducia. Conosciamo lโ€™amore di Colui al quale abbiamo affidato le nostre vite e la stessa esistenza di tutto il creato.

Potere โ€œbestialeโ€

Nel commento alla prima lettura della 33ยช per annum B abbiamo giร  indicato le caratteristiche apocalittiche del libro di Daniele e una sua possibile strutturazione letteraria. Dn 7 si pone quale snodo fondamentale del libro.

ยซStrutturalmente รจ collegato con i capitoli precedenti per la lingua aramaica, per la simbologia contrapposta animale-uomo (cf. Dn 4,30-31 e 7,4-13), per la visione quadripartita della storia (i regni babilonese, medo, persiano, greco) e con i capitoli seguenti. A partire da Dn 7, infatti, esplode un forte contrasto con i re, prima considerati benevolmente; compare il genere letterario della visione, che occupa lโ€™intera unitร ; cambia il ruolo di Daniele, divenuto soggetto di visioni in prima persona (eccetto Dn 10,1), senza la funzione esplicativa lasciata a โ€œuno degli astantiโ€ (7,16), un angelo; varia il riferimento storico individuato nel regno di Bฤ“leลกaแนฃแนฃar (Dn 7,1; 8,1), poi di Dario (9,1), quindi di Ciro, mentre la realtร  sottostante รจ sempre la persecuzione di Antioco IVยป (B. Marconcini).

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Il genere apocalittico รจ presente nel c. 7 con tutti i suoi elementi: la dimensione escatologica, la pseudonimia, lโ€™abbattimento delle potenze malefiche, lโ€™instaurazione del regno di Dio, lโ€™apparizione angelica. Rispetto a Dn 2, in Dn 7 cโ€™รจ un giudizio piรน severo sul ruolo storico dei re sostituiti dal Figlio dellโ€™uomo e un allargamento di orizzonte: mare-cielo-terra, anzichรฉ una pianura.

In Dn 7, Daniele gode di una visione nella quale si avvicendano quattro grandi potenze sovranazionali. Lโ€™esercizio del โ€œloro potere/aram. ลกฤleแนญฤnehรดnโ€ รจ oppressivo, disumano, โ€œbestialeโ€.

Lโ€™impero babilonese รจ simile a un leone con ali dโ€™aquila, quello medo a un orso con tre costole tra le fauci, quello persiano a un leopardo con quattro ali dโ€™uccello e quattro teste. Lโ€™impero greco รจ simile ad una bestia spaventosa e terribile, dalla forza straordinaria; una bestia diversa dalle prime, con dieci corna, che divora e stritola tutto quello che trova e dilania sotto i piedi ciรฒ che non riesce a ingurgitare.

Le quattro superpotenze storiche potranno aver avuto anche degli aspetti postivi (ricordati e lodati in altri libri biblici), ma nel libro di Daniele il giudizio apocalittico in bianco e nero tranciato su di esse non salva nulla della loro azione storica. La quarta bestia, terribile e potentissima, รจ uccisa e distrutta, mentre alle altre รจ tolto il potere e fissato un termine alla loro vita.

Uno simile a un figlio dโ€™uomo

Nelle visioni notturne Daniele vede giungere uno simile a un figlio dโ€™uomo, un individuo di razza umana, opposto alle quattro figure bestiali. La figura che giunge โ€œcon/aram.โ€˜im/gr. epi = suโ€ le nubi del cielo รจ โ€œsimile a un figlio dโ€™uomo/kebar โ€™ฤ•nฤลกโ€. Lโ€™espressione aramaica puรฒ essere confrontata con simili o equivalenti espressioni ebraiche: โ€™ฤ•nรดลกโ€ฆben-โ€™ฤdฤm (โ€œuomoโ€ฆ figlio dโ€™uomoโ€: Sal 8,5); โ€™iลก ben-โ€™ฤdฤm (โ€œuomo figlio dโ€™uomoโ€: Ger 49,18.33; 50,40; 51,43; Gb 35,8); โ€™ฤ•nรดลกben-โ€™ฤdฤm (โ€œuomo figlio dโ€™uomoโ€: Is 56,2). Nel libro di Daniele cโ€™รจ equivalenza tra โ€œmin-โ€™ฤƒnฤลกฤโ€™/dallโ€™uomoโ€ (4,22), โ€œmin benรชโ€™ฤƒnฤลกฤโ€™/dai figli dellโ€™uomoโ€ (5,21) e โ€œโ€˜aynรฎnkeโ€˜aynรชโ€™ฤƒnฤลกฤโ€™โ€ฆ โ€“ kebar โ€™ฤ•nฤลก/gli occhi come gli occhi di un uomoโ€ฆ come un figlio dโ€™uomoโ€ (7,8.13).

Daniele ยซnon vede un personaggio determinato, dotato di un titolo misterioso, nรฉ un personaggio celeste: la figura non discende, ma sale; anche se, dal punto di vista del veggente, essa โ€œvieneโ€. Il personaggio della visione riceve il potere prima concesso a Nabucodonosor, negli stessi termini (4,33; 5,18) ma con la differenza che questo potere รจ eterno, come quello della pietra di 2,44ยป (Alonso Schรถkel).

Interpretando il sogno di Nabucodonosor, nel c. 2 Daniele dice al re: ยซMentre stavi guardando, una pietra si staccรฒ dal monte, ma senza intervento di mano dโ€™uomo, e andรฒ a battere contro i piedi della statua, che erano di ferro e dโ€™argilla, e li frantumรฒโ€ฆ Al tempo di questi re, il Dio del cielo farร  sorgere un regno che non sarร  mai distrutto e non sarร  trasmesso ad altro popolo: stritolerร  e annienterร  tutti gli altri regni, mentre esso durerร  per sempre. Questo significa quella pietra che tu hai visto staccarsi dal monte, non per intervento di una mano, e che ha stritolato il ferro, il bronzo, lโ€™argilla, lโ€™argento e lโ€™oroยป (Dn 2,34.44-45a).

Il โ€œfiglio dโ€™uomo/un essere umano/un uomoโ€ รจ stato interpretato nei secoli che hanno preceduto la venuta di Gesรน e anche al suo tempo come โ€œil Figlio dellโ€™uomoโ€, una figura apocalittica gloriosa, dotata di potere bellico e giudiziario che, alla fine dei tempi (โ€œin quei giorniโ€), giudicherร  e annienterร  il nemico del popolo giudaico.

Le decodificazioni di questa figura da parte degli studiosi sono state varie, oscillando fra unโ€™interpretazione individuale e una collettiva. ยซCinque sono le spiegazioni di โ€œFiglio dellโ€™uomoโ€ sostenute in base a riferimenti scritturistici. Esso รจ inteso come essere angelico, popolo di Israele, gloria di YHWH, nuovo Adamo, Messiaยป (B. Marconcini).

Il popolo dei santi dellโ€™Altissimo

Sta di fatto che, alla fine del capitolo, viene annunciato: ยซAllora il regno (malkรปtฤh), il potere (ลกฤleแนญฤnฤh) e la grandezza dei regni (rebรปtฤโ€™ dรฎ malkewฤt) che sono sotto il cielo saranno dati al popolo dei santi dellโ€™Altissimo (โ€˜am qaddรฎลกรชโ€™elyรดnรฎn), il cui regno sarร  eterno e tutti gli imperi lo serviranno e gli obbedirannoยป (Dn 7,27).

Lโ€™autore della versione definitiva del libro di Daniele non ha dubbi nellโ€™identificare lโ€™insieme del popolo di Israele come il depositario del potere regale donato da YHWH. Il Figlio dellโ€™uomo รจ una figura storica che rappresenta una comunitร  storica. Lโ€™identificazione del Figlio dellโ€™uomo con il popolo giudaico perseguitato sembra essere lโ€™interpretazione da preferire, e infatti รจ stata scelta da molti studiosi.

Il Libro delle Parabole, che costituisce i cc. 37โ€“71 del libro paratestamentario (o โ€œapocrifoโ€) 1Enoch, presenta invece il Figlio dellโ€™uomo come una figura umana e angelica, anteriore alla creazione; egli sconfigge gli imperi; รจ lโ€™Unto, il Prescelto, il Giusto. Egli si siede sul trono di Dio e appare su un trono glorioso, รจ egli stesso, lโ€™Eletto, a giudicare (1En 61,8; 62,3).

Figlio dellโ€™uomo, Messia, re

ยซUna dimensione messianica implicita risiede, in definitiva, nel fatto che sarร  il Figlio dellโ€™uomo a ricevere โ€œpotere, gloria, e regno eterno, non distruttibileโ€ (Dn 7,14), al posto dei re umani da Nabucodonosor ad Alessandro Magnoโ€ฆยป. Il ยซtesto ammette sia lโ€™interpretazione collettiva e umana del Figlio dellโ€™uomo, sia unโ€™identificazione dei santi dellโ€™Altissimo con gli oppressi da Antioco IV. Il testo, chiaramente aperto al futuro, non limita comunque il regno al dominio maccabaico, nรฉ, dโ€™altra parte, prescinde dalla vita ultramondana, alla quale conducono le visioni. Dn 7, anche se esclude un messianismo diretto, contiene un senso messianico implicito in forza della cosiddetta teoria della โ€œpersonalitร  corporativaโ€, tenendo presente lโ€™evoluzione che la figura del Figlio dellโ€™uomo subisce nel libro delle parabole (1Enoch 37โ€“71): da un senso umano e collettivo a uno divino e individualeโ€ฆ Il parallelo tra Dn 2 e Dn 7, il triplice passaggio โ€œFiglio dellโ€™uomoโ€, โ€œsantiโ€, โ€œpopolo dei santi dellโ€™Altissimoโ€, la distinzione dallโ€™Antico dei giorni invitano a trovare la messianicitร  nella dimensione regale. In Daniele, cioรจ, accanto allโ€™annunzio del regno di Dio, emerge una figura umana che sale โ€œconโ€ le nubi, probabile reinterpretazione di testi quali 2Sam7 e Is 7โ€“11ยป (B. Marconcini).

Gesรน, Figlio dellโ€™uomo

โ€œFiglio dellโ€™uomoโ€ sarร  un titolo che Gesรน applicherร  molto spesso alla sua persona, come unโ€™interpretazione corretta e profonda della sua identitร . In esso perรฒ egli includerร , oltre allโ€™aspetto di dominio glorioso e di potere giudiziario inappellabile, anche quello di bassezza umile e servizievole e quello di sofferenza e di morte redentrice. Gli ultimi due aspetti sono assolutamente estranei ai testi dellโ€™AT e a quelli paratestamentari del tipo 1Enoch (I sec. a.C.) e 4Esdra (fine I sec. d.C.).

Il Figlio dellโ€™uomo รจ venuto a servire: ยซโ€ฆ il Figlio dellโ€™uomo, infatti, non รจ venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per moltiยป (Mc 10,45).

Soffrirร , morirร  ma risorgerร : ยซE cominciรฒ a insegnare loro che il Figlio dellโ€™uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgereยป (Mc 8,31).

Radunerร  gli uomini nellโ€™ultimo giorno: ยซAllora vedranno il Figlio dellโ€™uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderร  gli angeli e radunerร  i suoi eletti dai quattro venti, dallโ€™estremitร  della terra fino allโ€™estremitร  del cieloยป (Mc 13,26-27).

Egli si situerร  a livello del Dio vivente: ยซIo vi dico: chiunque mi riconoscerร  davanti agli uomini, anche il Figlio dellโ€™uomo lo riconoscerร  davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherร  davanti agli uomini, sarร  rinnegato davanti agli angeli di Dioยป (Lc 12,8-9).

Il suo sarร  un potere giudiziario inappellabile: ยซQuando il Figlio dellโ€™uomo verrร  nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederร  sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerร  gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capreยป (Mt 25,31-32).

Il processo romano

Lโ€™evangelista Giovanni struttura la scena della comparsa di Gesรน di fronte a Pilato (โ€œil processo romanoโ€, Gv18,28โ€“19,16a) in sette scene, ambientate nel pretorio ma alternate fra un ambiente esterno e uno interno. Al centro del processo romano si situerebbe Gv 19,1-3. รˆ la scena in cui i soldati flagellano, incoronano di spine e irridono schiaffeggiando Gesรน rivestito della porpora regale, dicendogli: ยซSalve, re dei giudei!ยป.

Lโ€™ultima scena del processo, situata allโ€™esterno (19,13-16a), secondo lo studioso I. De La Potterie โ€“ non seguito perรฒ da molti altri โ€“ descriverebbe di fatto lโ€™intronizzazione di Gesรน, compiuta in pubblico, da parte di Pilato. La sua ipotesi non รจ seguita da molti, perรฒ รจ suggestiva.

La seconda scena (18,22-38a) รจ situata allโ€™interno del pretorio. Si discute se il pretorio si trovasse allโ€™interno della Fortezza Antonia, la caserma occupata dalle truppe che sorvegliavano la spianata del tempio (una coorte?, At 21,31), o se esso fosse situato nel palazzo di Erode, nella cittร  alta, occupato dal prefetto (6-41 d.C.)/procuratore (44-66.70-73) romano quando, dalla capitale Cesarea Marittima, saliva a Gerusalemme in occasione delle festivitร  ebraiche piรน importanti. Con molti altri sostengo questโ€™ultima opinione.

Re di un altro mondo

Pilato รจ un prefetto che unisce in sรฉ capacitร  diplomatiche, cinismo politico e disprezzo per il popolo giudaico e per i suoi capi religiosi, dei quali ricerca perรฒ lโ€™appoggio per rimanere in sella. E vi rimase a lungo (26-37 d.C.), segno delle sue abili manovre e della sua capacitร  di โ€œgalleggiamentoโ€ in una provincia romana non facile da gestire.

Secondo il filosofo ebreo Filone di Alessandria fu ยซinflessibile, spietato, ostinatoยป (Legatio ad Caium 38). Allโ€™inizio del suo governo introdusse a Gerusalemme le insegne dellโ€™imperatore, offendendo a morte la sensibilitร  dei giudei, come fece anche altre volte. Agรฌ crudelmente verso i samaritani, che lo denunciarono al legato di Siria, Vitellio (35-39 d.C.).

Convocato a Roma da Tiberio (14-37 d.C.) probabilmente alla fine del 36, vi giunse poco dopo la morte dellโ€™imperatore. Con questo egli sparรฌ dalla storia documentata. Secondo lo storico cristiano Eusebio, egli si suicidรฒ, secondo altre tradizioni si convertรฌ al cristianesimo. Tertulliano (Apologia XXI 24) lo riteneva ยซpro sua conscientia Christianusยป e, insieme alla moglie, รจ venerato come santo dalla Chiesa copta.

Con tono irrisorio Pilato si rivolge a Gesรน domandandogli se egli sia โ€œre dei giudeiโ€, un titolo politico pericoloso, impiegato dalle persone esterne al giudaismo, nel quale la titolatura usuale era invece โ€œil re di Israeleโ€.

Alla domanda di Gesรน se questa sia una sua convinzione o su chi lo abbia informato di questa titolatura di cui si sarebbe arrogato, Pilato risponde irridendolo. Nega di essere giudeo e dichiara responsabili di questo presunto convincimento e consegna/tradimento (paredลkan) il suo stesso popolo e i suoi piรน alti capi religiosi, gli appartenenti al gruppo dei sommi sacerdoti in pensione o alle famiglie dalle quali essi venivano normalmente scelti.

Gesรน precisa allora la natura della sua regalitร  dapprima in un modo negativo e successivamente in forma positiva.

Gesรน nega una sua presunta regalitร  politica legata al popolo giudaico. Il suo โ€œregno/basileiaโ€ non ha le radici in questo mondo (ek tou kosmou toutou) e non trae da esso (ouk ek) la propria connotazione costitutiva. Esso non appartiene alla logica mondana di dominio, sopraffazione, violenza, imposizione di gravami di ogni tipo, privazione di libertร , sottomissioni a poteri esterni e lontani dalle esigenze della popolazione. Non trae la sua esistenza e costituzione dalla potenza politica e militare (come quella romanaโ€ฆ). Se il suo regno fosse connotato dalla mondanitร  dellโ€™eone presente, i suoi ufficiali, i soldati e i suoi sostenitori (hypฤ“retai) avrebbe combattuto โ€œperchรฉ non fosse consegnato/tradito/hyna mฤ“ paradothลโ€.

Per la terza volta Gesรน nega che il regno, quello suo (hฤ“ basileia hฤ“ emฤ“, vv. 36[bis].37), sia โ€œdi/da/ ekโ€ questo mondo.

Il regno proprio di Gesรน puรฒ essere inteso sia in senso soggettivo con la sua โ€œregalitร โ€, โ€œsovranitร โ€ (Herrschaft, reign, royaume), sia, anche, in senso oggettivo, con il โ€œregnoโ€ (Reich, kingdom, rรจgne), cioรจ con il campo concreto su cui si esercita il suo dominio, lโ€™insieme delle persone e delle cose che sono soggette al suo potere indiscusso. La basileia di Gesรน โ€œnon รจ di qui/di quaggiรน/enteuthenโ€; non proviene da questo mondo, ma tuttavia si esercita qui, e non solo alla fine dei tempi ma fin dโ€™ora (nyn).

Re della veritร 

โ€œDunque, tu sei re?โ€ chiede Pilato, e Gesรน gli risponde accettando per buona la sua terminologia. Non possiamo perรฒ percepire il tono della sua voce. Potrebbe tradire unโ€™enfasi constatativa (โ€œsei tu stesso a dirloโ€ e, allo stesso tempo, unโ€™accettazione con riserva (โ€œsei tu a dirlo, ma non รจ totalmente vero quel che dici, perchรฉ lo interpreti in modo non corretto).

Gesรน conferma in forma positiva di essere un re inserito pienamente nella condizione umana (โ€œsono natoโ€), pur avendo una dignitร  trascendente (โ€œsono venuto nel mondo [creato]โ€). La sua regalitร  soggettiva (Herrschaft, reign, royaume) si rivela essere una testimonianza alla veritร .

Nel Vangelo di Giovanni viene impiegato il titolo โ€œFiglio dellโ€™uomoโ€ presente in Daniele, nella letteratura paratestamentaria e in quella dei sinottici.

In Giovanni il titolo acquisisce perรฒ una significazione totalmente diversa, una connotazione rivelatoria. Il Figlio dellโ€™uomo รจ il Figlio di Dio. Egli รจ uscito da presso il Padre (cf. Gv 16,28), รจ disceso dal mondo di comunione col Padre nello Spirito (cf. Gv 1,51; 3,13;Gv 1,1ss) per piantare la sua tenda fra gli uomini (Gv 1,14), rivelare il volto, la volontร  e il giudizio del Padre (cf. Gv 5,27; Gv 1,18), dare il cibo che dura per la vita eterna (Gv 6,27), cioรจ la sua carne e il suo sangue (6,53), chiedere la fede in lui (cf. Gv 9,35), vivere lโ€™ora in cui essere glorificato (Gv 12,23; 13,31), essere innalzato (Gv 12,34) e, infine, passare da questo mondo al Padre (cf. Gv 13,1), andando da lui, dal quale era partito, dopo aver amato i suoi fino alla fine (Gv 3,14; Gv 13,1; 16,28).

Gesรน ha una regalitร  solida, ferma, affidabile (cf. la radice ebraica โ€™mn), perchรฉ, pur inserito completamente nella storia (lui รจ nel โ€œmondoโ€ creato e abitato dagli uomini, cf. 17,11 en tลi kosmลi),ย  non trae la propria linfa vitale e la propria natura dal โ€œmondoโ€ delle forze ostili e chiuse al Padre (Gv 17,16 ek tou kosmou). Nel Vangelo di Giovanni la veritร  si identifica con la rivelazione del Padre. Gesรน in persona รจ ยซla via, la veritร  e la vitaยป (Gv 14,6), in quanto Rivelatore del Padre.

ยซRendere testimonianza alla veritร ยป รจ lโ€™unico scopo dellโ€™incarnazione del Verbo che era presso il Padre, con eguale dignitร  e natura. โ€œTestimoniare/martyreinโ€ ha una connotazione giuridica. Comporta lโ€™enunciazione dei fatti di cui si garantisce la veridicitร . Gesรน, che รจ โ€œveritร โ€ in sรฉ, attesta in modo credibile che anche il Padre รจ โ€œveritร โ€, realtร  su cui si puรฒ fare pieno affidamento. ยซโ€ฆ la regalitร  rivendicata dal Cristo giovanneo consiste nel fatto che questโ€™ultimo, pur essendo pienamente uomo in seno alla storia, manifesta totalmente la realtร  dinamica di Dio, che รจ al contempo salvezza e giudizioยป (J. Zumstein).

Radici che ascoltano la Veritร 

La sovranitร  regale di Gesรน consiste nel rivelare il Padre. Questo fatto non รจ autoevidente, ma richiede lโ€™affidamento della fede.

Fede รจ affidarsi a Gesรน per comprendere se stessi e il mondo creato. Affidarsi a Gesรน รจ ascoltare la sua voce, non volendo avere nel mondo chiuso a Dio le proprie radici da cui ricevere linfa e natura. Chi crede in Gesรน e si affida a lui ascolta la sua voce e da lui, dalla Veritร , trae il proprio essere, le proprie origini, la propria natura, i propri criteri di giudizio e di vita: โ€œchiunque รจ dalla veritร /pas ho ลn ek tฤ“s alฤ“theiasโ€ entra a far parte del popolo che accetta su di sรฉ la sovranitร  regale del Figlio dellโ€™uomo, del Figlio di Dio.

รˆ il popolo che forma โ€œil regno di Dio/hฤ“ basileia tou theouโ€, il popolo che accetta oggettivamente di essere governato da Dio che รจ amore e dal Figlio dellโ€™uomo che lo ha rivelato.

Accettare che la propria veritร  venga detta dal di fuori, รจ oggi molto difficile da vivere.

Se si accetta la veritร  che viene dal Padre rivelato da Gesรน, ci si scopre figli amati dallโ€™Amore.

รˆ fonte di serenitร  essere pervasi e sottomessi pienamente allโ€™Amore redentore e filiale.

La regalitร  di Gesรน รจ davanti a noi, al di sopra di noi, in noi.

Cristo รจ re e Signore dellโ€™universo.

Vertice del creato e traguardo luminoso del cammino dellโ€™umanitร .

Commento a cura di padre Roberto Mela scj – Fonte del commento: Settimana News

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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO

XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO โ€“ ANNO B
NOSTRO SIGNORE GESร™ CRISTO RE DELL’UNIVERSO โ€“ Solennitร 

Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 25 Novembre 2018 anche qui.

Tu lo dici: io sono re.

Gv 18, 33-37
Dal Vangelo secondoย Giovanni

In quel tempo, Pilato disse a Gesรน: ยซSei tu il re dei Giudei?ยป. Gesรน rispose: ยซDici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?ยป. Pilato disse: ยซSono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?ยป.
Rispose Gesรน: ยซIl mio regno non รจ di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perchรฉ non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non รจ di quaggiรนยป.
Allora Pilato gli disse: ยซDunque tu sei re?ยป. Rispose Gesรน: ยซTu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla veritร . Chiunque รจ dalla veritร , ascolta la mia voceยป.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 25 Novembre – 01 Dicembre 2018
  • Tempo Ordinario XXXIV
  • Colore Bianco
  • Lezionario: Ciclo B
  • Anno: II
  • Salterio: sett. 2

Fonte: LaSacraBibbia.net

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