Chi vuol essere primo?
Il libro della Sapienza vede la luce probabilmente ad Alessandria dโEgitto verso il 30 a.C. Libro deuterocanonico, non accettato nel canone scritturistico ebraico, รจ composto direttamente in greco. Costituisce lโultimo testo dellโAT, scritto a ridosso dellโincarnazione del Verbo, passaggio epocale della vita degli uomini e del creato.
La prima parte del libro (cc. 1โ6) si sofferma a meditare sul rapporto tra la vita umana e il giudizio escatologico, termine ultimo del destino degli uomini.
La seconda parte (cc. 7โ9) รจ dedicata allโencomio della Sapienza, che vede protagonista della sua ricerca il re saggio per eccellenza, Salomone.
Nella terza parte (cc. 10โ19) si vede descritta lโopera della Sapienza nella storia, da Adamo fino a Mosรจ, specialmente nella vicenda delle โpiagheโ che colpirono lโEgitto, permettendo la liberazione degli ebrei, che nel deserto trovarono la loro identitร quale popolo di YHWH, sua proprietร particolare.
Il tema di questa parte, che puรฒ essere definita unโโomeliaโ โ che vede descritte sette โantitesiโ fra la sorte toccata allโEgitto e quella riservata a Israele โ, puรฒ essere trovato in Sap 11,5: ยซCiรฒ che era servito a punire i loro nemici, per loro, nel bisogno, fu strumento di favoriยป. Due lunghe digressioni (11,15โ12,27 e 13,1โ15,19) sono dedicate alla magnanimitร avuta da YHWH verso gli egiziani e i cananei e alla critica feroce della religione dei pagani, segnata dallโidolatria.
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Gli empi
In Sap 2 vengono riportati gli โsragionamentiโ degli โempi/asebeisโ (1,16), cioรจ gli ebrei che, nella cittร globalizzata di Alessandria, connotata in modo pervasivo dallโellenismo, avevano abbandonato lโascolto e lโosservanza della Torah donata da YHWH ai loro padri. La loro vita nella diaspora non li aveva resi โtestimoniโ fra i popoli, ma li aveva assimilati, facendo perdere loro la singolaritร della elezione inclusiva con la quale YHWH li aveva gratificati, perchรฉ diventassero luce dei popoli, testimoni del monoteismo salvifico di YHWH. Il nome di Mosรจ doveva essere benedizione per tutte le nazioni, introducendole nella famiglia dei figli di YHWH (cf. Gen 12,1-3).
Nichilismo da โsballoโ
La filosofia di vita degli empi รจ diventata totalmente mondana, ristretta al cielo di bronzo che sovrasta una terra disabitata da Dio. La vita, effimera e passeggera, va goduta fino in fondo, sfruttata fra gozzoviglie, orge e patti con la morte. Cinismo ed edonismo striano di tristezza smagata i loro giorni (cf. 2,1), contornati di vino e di rose, un debosciato nichilismo โda sballoโ.
Nati per caso (2,2), in attesa di piombare nel nulla, in cui ยซil corpo diventerร cenere e lo spirito si perderร come aria senza consistenzaยป (G. Scarpat), gli empi fanno della loro โforza/dynamisโ lโunica legge della giustizia (2,11), elevando la propria tracotanza a unico criterio di comportamento. La debolezza, secondo loro, si rivela infatti inutile (to gar asthenes achrฤston elegchetai, 2,11).
Essi opprimono come carri armati una triade protetta da sempre da YHWH: il povero/giusto (dikaios), la vedova (chฤra) e lโanziano (presbytos) (2,10), rappresentanti per antonomasia delle fasce deboli della societร , ritenuti inutili e, alla fine, โscartiโ.
Lโagguato al giusto
Gli empi si trovano perรฒ โspiazzatiโ e condannati implicitamente dal comportamento esemplare dellโebreo โgiusto/dikaiosโ (cf. 2,10.12), osservante della Torah donata da YHWH. Tramano quindi di โtendergli un agguato/enedreusลmenโ, come si fa con la preda quando si รจ a caccia.
La debolezza per loro รจ โinutile/achrฤstonโ e il giusto รจ โscomodo/dyschrฤstosโ. Egli รจ โutile negativamenteโ, un bastone fra le ruote dello stordimento generale fra tristezze gaudenti e morti che camminano. Con la sua testimonianza fedele alla โTorah/nomosโ e allโโeducazione tradizionale/paideia hฤmลnโ, il giusto si contrappone al comportamento degli empi, rinfaccia/rimprovera loro tacitamente i โbersagli falliti/colpe/amartฤmataโ fatti contro la Torah e contro lโeducazione tradizionale ebraica, che loro stessi riconoscono come โla nostraโ educazione.
Il modo di ragionare e di comportarsi del giusto รจ descritto nei vv. 13-16, non letti nella liturgia.
Egli si considera figlio di Dio (cf. Dt 14,1; Is 1,2; 30,1; Os 2,19), in quanto appartenente al popolo che รจ primogenito di YHWH liberato dallโEgitto (cf. Es 4,22: ยซAllora tu [= Mosรจ] dirai al faraone: โCosรฌ dice il Signore: Israele รจ il mio figlio primogenitoโยป; cf. anche Os 11,1; Ger 31,20). Figlio di Dio per Israele รจ il re (cf. 2Sam 7,14; Sal 89,27), il re messia (cf. Sal 2,7), la persona pia (cf. Sal 68,6; Sir 23,1.4). Figlio di Dio, per il libro della Sapienza, รจ tutto il popolo di Israele (cf. 9,7; 12,19-21; 18,4.13).
Quale profumo?
Il โgiustoโ preso nel mirino dagli empi viaggia con la schiena dritta rispetto ai suoi correligionari sbracati, arresi al pensiero dominante. La sua รจ una vita alternativa, segnata dalla โdifferenza ebraicaโ. Egli considera la filosofia di vita degli empi come moneta fuori corso, falsa perchรฉ non di pura lega, una vita bastarda perchรฉ rinnegatrice dellโimpostazione religiosa e morale ricevuta dalla propria madre nellโintimitร della casa e rafforzata dallโinsegnamento impartito nella sinagoga.
Il giusto ha una prospettiva di eternitร , un destino da figlio di Dio. E ognuno vive il tempo frammezzo secondo quello che pensa del suo destino ultimo. Lโeternitร segna i giorni fragili dellโuomo, rendendoli preziosi e profumati.
Il tempo del giusto รจ ยซprofumatoยป (Byung-Chul Han), non dallโebbrezza delle rose intristite e dalle ubriacature di vino, ma dalla vita di libertร responsabile e serena, che gode di fronte a YHWH dei propri giorni e dei beni ricevuti in dono da lui (cf. Qo 3,12-13.22; 5,17-19; 9,7-9).
Egli gioisce delle cose belle della vita, ma ricorda che dovrร comparire in giudizio davanti a YHWH per rendergli conto (cf. Qo 11,9: ยซGodi, o giovane, nella tua giovinezza, e si rallegri il tuo cuore nei giorni della tua gioventรน. Segui pure le vie del tuo cuore e i desideri dei tuoi occhi. Sappi perรฒ che su tutto questo Dio ti convocherร in giudizioยป). Secondo una bella tradizione sapienziale ebraica, lโuomo dovrร rendere conto a Dio anche dei beni di cui poteva godere e non ha voluto godere.
Chi ha ragione?
Lโagguato alla preda รจ giร progettato: ยซChi ha ragione nella vita, noi โempiโ o lui che si proclama giusto e figlio di Dio? Lo si vedrร al momento della morte!ยป. Quella sarร la discriminante, il momento decisivo della veritร dei โdiscorsi/logoiโ (inclusione dei vv. 17a.20b) e dei comportamenti, il โmomento della veritร โ (v. 17, aletheis). La sua morte sarร la controprova dei suoi convincimenti e del suo modo di vivere. โMettiamolo alla prova/peirasลmenโ, vedendo โle cose [che succedono] nella sua fine/uscita/ta en ekbasei autouโ. Vedremo se YHWH interverrร con gesti speciali per โliberarlo/salvarlo/rhyomaiโ, strappandolo dalle nostre grinfie (cf. Mt 6,13 alla fine del Padre Nostro), le grinfie dei โnemiciโ. Vedremo se YHWH lo proteggerร , โprendendosi cura/antilambanลโ di lui, che dice di essere figlio di Dio. Anche i nostri sovrani sono โfigli di Dioโโฆ
Il sarcasmo degli empi vuole trafiggere il giusto, ma in realtร รจ diretto contro YHWH in persona, e contro le sue promesse. Per loro, la convinzione del giusto รจ pura illusione e, in fondo, a loro non interessa nulla di YHWH. Il Deuteronomio ammoniva perรฒ con forza a non mettere alla prova YHWH (Dt 6,16).
Tantโรจ. Per gli empi YHWH (ยซIo-sono-in quanto-sono-qui-per-salvare-teยป) semplicementeโฆ non cโรจ.
Torture e morte infame
Lโ โagguatoโ degli empi nei confronti della loro preda prevede due facce tremende: la โtortura spirituale/scherno/irrisione/tracotanza/hybrisโ e la โtortura fisica/basanosโ (cf. At 14,5, la trama degli abitanti di Icรฒnio nei confronti di Paolo e Barnaba e del โnoiโ). Basanos ยซera originariamente la pietra con cui si controllavano i metalli preziosiยป (G. Scarpat).
Gli empi vogliono ripagare il giusto con la sua stessa moneta. Egli aveva considerato moneta falsa la vita, la felicitร e lโarroganza degli empi (2,16). Ora essi vogliono vendicarsi, mettendo alla prova della violenza il giusto che si crede o รจ creduto oro puro senza scorie. Con il doppio strumento della tortura spirituale e della tortura fisica gli empi vogliono infliggere al giusto lโesatto contrappasso per i rimproveri da lui subiti.
Essi programmano di โmettere alla prova/etazลโ la doppia qualitร del giusto: la sua โmitezza/epieikeiaโ e la sua โtolleranza/rassegnazione/spirito di rassegnazione/anexikakiaโ (solo qui nel libro della Sapienza e mai nella traduzione greca della LXX; nel NT solo una volta lโaggettivo in 2Tm 2,24).
La mitezza dellโuomo di Dio (cf. 4Re6,3) รจ la virtรน con cui lโuomo sopporta lโingiuria e lโoffesa (Giovanni Crisostomo); รจ la corrispondenza a livello umano della โclemenzaโ di Dio, quale re, verso gli uomini; รจ la clemenza del re verso i sudditi, la moderazione del superiore nellโesercizio del suo potere; รจ la virtรน dei giudici e dei legislatori.
La vendetta elaborata dagli empi รจ perfidamente raffinata. Tramano di condannare il giusto a una morte โinfame/aschฤmลnโ. Non tanto una morte spregevole, riservata eventualmente a schiavi o altri (per es. la crocifissione, la ยซmors turpissima crucisยป, citata da Cicerone โ In Verrem, V, 64, 165) โ, ma a una morte per motivi spregevoli.
Gli empi vogliono distruggere la figura morale del giusto, condannarlo a morte per reati turpi, disonorevoli. Un motivo come questo poteva causare il divorzio (Dt 24,1; cf. Gen 34,7). Nel NT lโaggettivo ricorre solo in 1Cor 12,23 e Rm 1,27, dove ยซcompiere una turpitudineยป allude allโomosessualitร .
Una morte disonorevole, quindi, vergognosa, disonesta, turpe.
La โvisitaโ di Dio
Si potrร verificare allora se, come il giusto va dicendo nei suoi โdiscorsi/logoiโ (v. 20b, che fa da inclusione col v. 17a), ci sarร โchi lo premierร /episkopฤ autouโ. Lโepiskopฤ , oltre alla โvisitaโ, poteva alludere ai significati espressi in ebraico col verbo pฤqad riferito a YHWH: โesame, ispezioneโ, visita come โinterventoโ teso a salvare, benedire, compensare (cf. 1Esd 6,5) o a giudicare e punire.
Lโintervento di YHWH ha protetto Giobbe (Gb Gb10,12) e la sua casa (Gb 29,4). Allโinizio del Cantico profetico di Zaccaria, in Lc 1,69 si benedice Dio perchรฉ ha visitato il suo popolo a sua salvezza (cf. Lc 1,69). Per i profeti, il termine indica il giorno della visita finale, il giudizio escatologico (Esichio la intende come โekdikฤsis/giudizioโ), quando YHWH condannerร le aberrazioni dellโidolatria (cf. Is 10,3; Ger 6,15; 10,15; Lc 19,44 e 1Pt 2,12). Essa รจ anche il giorno in cui i giusti avranno la loro ricompensa: episkopฤ puรฒ essere unita a โgrazia/charisโ e a โmisericordia/eleosโ. Per i malvagi la โvisitaโ sarร il giorno della loro visita, quella che essi si meritano, cioรจ la loro โpunizioneโ. Tutti avranno la loro โvisitaโ, chi con un esito positivo di salvezza, chi con uno negativo di condanna.
Gli empi usano il termine episkopฤ con ironia. Non si tratta del fatto che qualcuno verrร in aiuto al giusto (cosรฌ anche CEI 2008) mentre, secondo gli empi, non ci sarebbe alcun aiuto per lui. Meglio comprendere il pensiero degli empi in senso giudiziale escatologico: ยซIl giusto continua a parlare del kairos episkopฤs autou, quando a ognuno sarร dato secondo i suoi meriti; ebbene, dicono gli empi, condanniamo il giusto a morte ignominiosa, tanto ci sarร la โvisitaโ di cui egli parla (ek logลn autou), ci sarร il giorno in cui il suo Dio lo premierร e lo vendicherร ยป (G. Scarpat). In veritร , YHWH proteggerร il giusto col suo intervento, come egli dice e crede, mentre gli empi non lo credono certo. Fine ironia del brano.
Il giusto
Chi รจ il giusto? Forse una persona concreta ben presente agli abitanti di Alessandria, oppure il popolo di Israele nel suo insieme. Di certo, ogni ebreo di ogni tempo fedele a YHWH (e quindi anche Gesรน), o di ogni credente che, con la sua vita, โsi oppone/enantioutaiโ (v. 12) alla mondanitร atea degli empi. Il suo pensiero e il suo stile di vita รจ alternativo a quello imperante, nel quale Dio non esiste o non interessa a nessuno.
Unโirrisione sottile e una noncuranza ammantata delle piรน varie motivazioni pervadono il pensiero tecnocratico oggi imperante, dove รจ la โtecnica/technฤโ a essere dio. A volte lo scherno e la persecuzione sono concrete, con esiti mortali per i testimoni di varie religioni, quella cristiana in primis. Il libro della Sapienza ha molto da dire anche ai nostri giorni.
In cammino verso Gerusalemme
La parte centrale del Vangelo di Marco รจ variamente identificata e titolata. Cโรจ chi parla di secondo periodo (8,31โ13,37, strutturato in otto sezioni: J. Mateos โ F. Camacho), dopo il primo (1,16โ8,26) e prima del terzo (14,1โ6,8 passione, morte e risurrezione). A. Poppi vede invece descritti in 6,1โ8,26 la crescente ostilitร contro Gesรน e lโincomprensione dei suoi discepoli, in 8,27โ10,52 la rivelazione del mistero di Cristo, nei cc. 11โ13 il ministero a Gerusalemme, con il confronto decisivo con il giudaismo e nei cc. 14โ16 la passione e la risurrezione di Gesรน. Da parte sua, Lรฉgasse sostiene che la parte quinta del vangelo (8,27โ10,52) parla di Gesรน, i discepoli e la passione. Per B. van Iersel la parte seconda (8,22โ10,52) tratta della via e vede Gesรน camminare deciso per la propria via. Da parte sua, C. Focant identifica la quarta sezione in 8,31โ10,52, facendola iniziare con il primo annuncio della passione da parte di Gesรน.
Nella decodificazione in termini tecnici dellโimpianto retorico e drammatico del Vangelo di Marco, dopo il prologo (1,1-13) e la narratio (1,14โ6,13), lโesegeta monaco B. Standaert identifica lโargumentatio in 6,14โ10,52, con la โsezione dei paniโ (6,30โ8,21), la sezione centrale (8,27โ9,13) e la โsezione del cammino (9,30โ10,42, con il racconto di transizione in 10,46-52). La โsoluzioneโ รจ costituita da 11,1โ15,47, lโโultima settimanaโ. Mc 16,1-8 costituisce, infine, lโepilogo del dramma.
Il destino del Figlio dellโuomo
La โsezione del camminoโ (Mc 9,14โ10,52) inizia per B. Standaert con il racconto di transizione di 9,14-29: la guarigione di un epilettico indemoniato e insegnamenti sulla fede e la preghiera.
Allontanatosi dal luogo della guarigione (9,14-27) โ posto alle falde del monte della trasfigurazione (9,9) โ e dalla โcasaโ in cui Gesรน spiega le ragioni del suo โsuccessoโ terapeutico, a differenza dellโinsuccesso dei discepoli (9,28-29), Gesรน se ne va in giro per la Galilea, volendo restare in incognito.
Per la seconda volta (cf. giร in 8,31), Gesรน non annuncia profeticamente, ma โinsegnava in continuitร /edidaskenโ (v. 31) ai suoi discepoli il suo destino di tradimento/consegna, sofferenza, morte e risurrezione. Il suo non รจ un annuncio profetico โ come spesso si titola la pericope โ, ma la comunicazione (โdiceva/elegenโ) di un insegnamento che fa parte integrante e permanente del suo messaggio evangelico.
Il presente drammatico โรจ consegnato/paradidotaiโ puรฒ essere certamente un debole presente pro futuro, previsto dalla grammatica. Esso rende perรฒ drammaticamente presente al tempo di chi legge o ascolta lโevangelo la comunicazione didattica che Gesรน, che si identifica col Figlio dellโuomo, compie della propria โconsegna/tradimentoโ nelle mani/potenza degli uomini (non solo quindi quelle dei capi religiosi ed economici dei giudei). Sarร un tradimento quello che lo metterร a disposizione degli uomini per farne quello che vorranno, ma sarร , nello stesso tempo, unโautoconsegna volontaria e libera di Gesรน alla violenza degli uomini (non di Dio Padre!), espressione piena dellโamore con cui egli vive la sua pro-esistenza per i deboli e i peccatori.
Il โterzo giornoโ sarร , come sempre nella Bibbia, un turning point. In esso accadrร lโopera potente del Figlio dellโuomo, giudice della storia (come descritto nei libri dellโAT e in quelli paratestamentari), ma insieme โdeboleโ e sofferente. Risorgerร al terzo giorno, non alla fine dei tempi, quando i giusti risorgeranno per una risurrezione di vita (cf. Dn 12,2-3: ยซMolti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per lโinfamia eterna. I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempreยป).
Non capivano
I discepoli non comprendevano (in continuitร ) il senso delle parole di Gesรน. I tempi e i modi della risurrezione erano difficili da comprendere, ma il senso globale delle sue parole era semplice da intendere: egli stava per dare la vita a favore degli uomini, in modo oneroso certo, ma con un esito di risurrezione. Gesรน si identifica con il personaggio denominato Figlio dellโuomo, che perรฒ puรฒ significare anche semplicemente โuomoโ. Ogni persona raggiunge la pienezza della sua vita solo nel dono generoso di sรฉ. Questo non รจ difficile da capire, รจ difficile da vivere. Porre delle domande a Gesรน sarebbe stato per i Dodici confessare la lentezza nel comprenderlo, ma soprattutto la paura di doverlo seguire per la sua strada.
Vergogna muta
In tremendo contrasto con lโinsegnamento appena impartito, lโevangelista fa seguire il contenuto della discussione sorta fra i discepoli, disputa di cui si vergognano a morte, chiudendo loro la bocca di fronte alla domanda di Gesรน: lungo la โstrada/cammino/hodลiโ dietro a Gesรน che si dirige a Gerusalemme, al suo destino di sofferenza, morte e risurrezione, essi avevano infatti discusso su chi fosse il piรน grande fra loro. Forse avevano rimosso dalla loro coscienza i tratti di sofferenza destinati al Figlio dellโuomo ed erano rimasti fermi solamente ai tratti gloriosi attribuiti a lui dai testi biblici e paratestamentari (cf. 1 Enoch).
La sconfessione del loro statuto di discepoli non puรฒ essere piรน smaccata. Lโignoranza e lโincomprensione dei Dodici nei confronti di Gesรน รจ totale nel Vangelo di Marco (Mc 4,40 โnon avete ancora fede?/oupล echete pistinโ), rispetto a quello di Matteo, che attenua lโaccusa di Gesรน nei loro confronti, parlando di โgente di poca fede/oligopistoiโ (Mt 8,26).
Il piรน grande
Gesรน โchiama a gran voce/phoneลโ i Dodici, e messosi in posizione magistrale (โsedutosi/kathisasโ), insegna loro che chi vuole essere il โprimo/protลsโ per importanza e autoritร โsarร /dovrร essere/estaiโ (con sfumatura tipica del volitivo) lโultimo/eschatos in ordine di tempo, di importanza e di autoritร e โdiacono/servitore/diakonosโ di tutti. Di lรฌ a poco Gesรน spiegherร ulteriormente la novitร cristiana, portando la sua persona e il suo progetto a fondamento dello stile ecclesiale (cf. Mc 10,42-45).
Gesรน prende un โgiovane bambino/paidionโ, lo abbraccia per affetto e per mostrare piena comunione, fare โcorpo unicoโ con il suo statuto e lo pone in mezzo ai Dodici in posizione di dimostrazione inoppugnabile e non smentibile.
Il bambino non contava nulla nella societร israelitica. Era forza lavoro che doveva crescere in fretta per contribuire allโeconomia familiare. Dipendeva in tutto dai genitori, dai quali aspettava ogni cosa con fiducia ma, nello stesso tempo, era aperto a tutte le possibilitร che la vita gli avrebbe offerto.
Gesรน si identifica con lo statuto di โnullitร /piccolezza/dipendenzaโ del piccolo bambino. Chi accoglie uno che ha la sua stessa qualitร (โtale/toioutosโ), perchรฉ condivide la novitร di vita portata dalla persona di Gesรน (โnel/a causa del mio nome/epi tลi onomati mouโ) โ che ha scelto cioรจ lo stile di umiltร , la piccolezza, il servizio, lโassenza di spirito di dominio โ accoglie Gesรน nella sua vita e, insieme a lui, accoglie anche il Padre che lo ha mandato nel mondo, avendogli โinstillatoโ da sempre nel cuore la disposizione fondamentale dellโamore oblativo.
Lo stile della Trinitร รจ piccolezza, servizio, umiltร , โdipendenzaโ dallโamore.
Chi lo accoglie e lo condivide nella propria vita di uomo/figlio dellโuomo accoglie la vita in pienezza.
La Chiesa e i credenti condividono convinti questa logica, avendo assimilato una vita, essendo stati โbattezzatiโ nel loro Signore.
Questa รจ la โdifferenzaโ cristiana.
Il lievito nuovo, un pane nuovo per la fame degli uomini di oggi.
Commento a cura di padre Roberto Mela scj – Fonte del commento: Settimana News
LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO โ Anno B
Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 23 Settembre 2018 anche qui.
- Colore liturgico: Verde
- Sap 2, 12.17-20; Sal.53; Gc 3,16 – 4,3; Mc 9, 30-37
Il Figlio dell’uomo viene consegnato…
Mc 9, 30-37
Dal Vangelo secondoย Marco
30Partiti di lร , attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. 31Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: ยซIl Figlio dellโuomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerร ยป. 32Essi perรฒ non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. 33Giunsero a Cafร rnao. Quando fu in casa, chiese loro: ยซDi che cosa stavate discutendo per la strada?ยป. 34Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse piรน grande. 35Sedutosi, chiamรฒ i Dodici e disse loro: ยซSe uno vuole essere il primo, sia lโultimo di tutti e il servitore di tuttiยป. 36E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: 37ยซChi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandatoยป.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 23 – 29 Settembre 2018
- Tempo Ordinario XXV
- Colore Verde
- Lezionario: Ciclo B
- Anno: II
- Salterio: sett. 1
Fonte: LaSacraBibbia.net
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