Il Vangelo del Giorno, 16 gennaio 2016 – Mc 2, 13-17

Il testo ed il commento al Vangelo del 16 gennaio 2016 – Mc 2, 13-17,  Tempo Ordinario – Anno II, Prima settimana del Tempo Ordinario.

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  • Colore liturgico: verde
  • Le letture del giorno: 1 Sam 9, 1-4.10.17-19: 10,1; Sal 20; Mc 2, 13-17

Mc 2, 13-17
Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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Papa Francesco РIl nome di Dio ̬ Misericordia

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Commenti al Vangelo di Mc 2, 13-17

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Commento dei giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire

 
Un finanziere d’atri tempi.
L’evangelista Marco, con il suo linguaggio semplice, essenziale, pittorico, pone oggi sotto i nostri occhi una scena viva e significativa: Levi, seduto al banco, intento al suo lavoro di chiedere, riscuotere e magari estorcere le imposte ai passanti. Un mestiere ingrato e che forse produce ricchezza, ma che genera sempre tante antipatie, come tutti quelli, che per ragioni diverse, hanno il compito di esigere tasse, multe, dazi e denaro in genere. Chi ci tocca il portafoglio, a torto o a ragione, non ci è mai simpatico. Proprio questo personaggio, con questo mestiere, con queste credenziali, non tra le migliori, suscita invece l’interesse e la simpatia di Gesù. Gli dice semplicemente: “sèguimi!”. Egli evidentemente, quando assume il suo ruolo di salvatore dell’uomo, stravolge le nostre stime e i nostri giudizi: egli comincia dagli ultimi, dai più lontani, dai più bisognosi. Si rivolge in modo preferenziale a coloro che, pur immersi nel male o invischiati nelle cose del mondo, o sedotti dal dio denaro, anelano a qualcosa di diverso e di migliore, anche se non sono ancora in grado di vedere da dove, da che cosa, da chi potranno ricevere quel qualcosa. Quell’anelito e l’embrione della fede, che il Signore Gesù sapientemente riesce a far crescere. Così fa con Levi, cosa fa ancora con tanti del nostro tempo. Sfida poi i suoi nemici, ipercritici e puritani, andando a mensa a casa di Levi, ritenuto da tutti un pubblicano e un peccatore. È in quella famosa cena che Gesù proferirà una delle sue affermazioni più solenni e scultoree, dicendo ai convitati di allora, ma a tutti noi: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori». Questa verità è destinata a restare immutabile nei secoli: è una delle prerogative principali del Cristo e dei suoi ministri, dovrebbe essere una dote sempre viva ed attuale della sua chiesa e una ferma ed irremovibile convinzione di ogni cristiano, di ognuno di noi.

Commento di Paolo Curtaz

La guarigione del paralitico come manifestazione del perdono dei suoi peccati ha turbato gli animi dei benpensanti. Ma non è finita, il meglio deve ancora venire. La religione ebraica divideva il mondo in due parti distinte, poneva dei confini invalicabili: ciò che appartiene a Dio, che è puro, e ciò che non gli appartiene, che è impuro. Distinzione precisa, ossessiva, che declinava questi confini attraverso un’infinita serie di regole. Certi mestieri erano impuri, allontanavano da Dio in maniera irrevocabile. Fra questi, il primo, era la raccolta delle tasse per conto dei romani. Impuri perché collaborazionisti, perché ladri e perché idolatri, manipolando le monete recanti l’effige di Cesare, i pubblicani erano considerati lontani da Dio, odiati e temuti. Ed è proprio uno di loro che Gesù chiama ad essere discepolo e ad abbandonare la propria attività perché, ci ricorda, il medico non deve occuparsi dei sani, ma dei malati. Ricordiamocelo nella Chiesa, quando dividiamo il mondo in credenti o meno, praticanti o meno, devoti o meno, non rimettiamo gli steccati che il Signore è venuto ad eliminare per creare un nuovo tipo di uomo: il discepolo.

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