Commento al Vangelo del 25 settembre 2016 – don Giovanni Berti – Gioba

Commento al Vangelo a cura di don Giovanni Berti 

“Quanto è distante…?”

Quanto è distante l’Italia dalla Nuova Zelanda dall’altro capo del nostro pianeta?
Quando è distante la Terra dalla Luna, dal pianeta più vicino o quello più lontano del Sistema Solare?
Quanto è distante il Sole dalla stella più vicina o la nostra galassia dalle altre?

[ads2]Il sistema di misurazione delle distanze usa il metro o addirittura il tempo (quello del movimento della luce) per dire distanze sempre più abissali. E se abbiamo speranza di colmare quelle distanze quando sono ancora calcolate in migliaia di chilometri, quando invece sono calcolate in anni luce allora sappiamo fin da subito che sono incolmabili.
Mi è venuto questo pensiero quando nella parabola di Gesù, ad un certo punto Abramo dice al ricco finito negli inferi che la distanza tra lui laggiù e Lazzaro è diventata un “grande abisso” incolmabile (“…coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”). Sembra quasi dire che Dio stesso non può accorciare quella distanza che si è creata. In parole più moderne potremmo dire che tra Lazzaro e il ricco la distanza è di milioni di anni luce.

Ma quando si è creata questa distanza così incolmabile? Eppure c’è stato un momento in cui i due erano vicini, a pochi metri. E’ stato quando il ricco “che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti” aveva questo povero di nome Lazzaro che stava alla sua porta “bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco”.

Erano a pochi metri, ma l’indifferenza del ricco aveva creato tra i due una distanza abissale. Fin che erano in vita entrambi si sarebbe potuta colmare con il gesto semplice di una mano che si tende in risposta di un’altra tesa a ricevere. Non è dunque la ricchezza che getta il ricco ad anni luce dall’abbraccio di Dio e di Lazzaro, ma la sua indifferenza che lo porta a sentirsi solo e lontano da chiunque è nel bisogno come questo povero seduto alla sua porta.

Gesù rivolge questa parabola ai Farisei, che per sentirsi vicini a Dio ignorano il povero come fratello e ignorano Gesù stesso come figlio di Dio fatto uomo. Ed è una parabola rivolta anche a noi oggi che con la nostra indifferenza creiamo abissi di distanza con chi è nel bisogno anche accanto a noi, sia nella casa vicina alla nostra che nella nazione e nel continente vicino al nostro. L’Africa per esempio, che fintanto era un continente da sfruttare per le sue ricchezze, era vicino, ma ora viene considerato dai paesi più ricchi come Plutone o come la prima galassia a 10 milioni di anni luce, che vediamo con il telescopio ma non la raggiungiamo mai. E lo stesso vale anche per Aleppo in Siria e per tutte quelle città martiri della guerra, che diventano luoghi visto da distante in modo tutto sommato indifferente, pensando che sono solo i nostri i veri problemi da affrontare.

E così come il ricco vestito di porpora e bisso (vestito griffato diremmo oggi) che mangia e beve in abbondanza, anche noi creiamo abissi di indifferenza con i poveri Lazzari del mondo, che se cercano da soli di attraversare via mare o via terra questo abisso di indifferenza, vengono poi respinti prima di tutto dal nostro cuore e poi dal nostro giudizio.

Questa parabola non ci parla del Paradiso e dell’Inferno dopo la morte, che rimangono un mistero che scopriremo quando sarà l’ora, ma ci parlano della distanza tra Paradiso e Inferno qui in terra, una distanza che siamo prima di tutto noi a creare quando dimentichiamo di aprire gli occhi verso chi è povero e non ci accorgiamo che senza fraternità e condivisione vera, siamo noi stessi che pian piano sprofondiamo già qui in vita nell’abisso incolmabile della povertà di cuore.

Giovanni don

VUOI ALTRI COMMENTI AL VANGELO?

XXVI Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

Lc 16, 19-31
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.

Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.

Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.

E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 25 Settembre – 01 Ottobre 2016
  • Tempo Ordinario XXVI, Colore verde
  • Lezionario: Ciclo C | Anno II, Salterio: sett. 2

Fonte: LaSacraBibbia.net

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