don Quirino Prampolini – Commento al Vangelo del 22 Marzo 2020

Oggi il Vangelo di Giovanni ci fa contemplare, oltre il miracolo di una guarigione, come Gesù si ponga come “luce” che viene ad illuminare la vita dell’uomo, la vita corporale e non solo. Cerchiamo, come fa l’evangelista, di andare oltre il fatto della guarigione e cerchiamo che cosa può dire a noi, alla nostra vita, anche in questo momento di prova di difficoltà, potremmo dire di buio.

“Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita”

Può essere accaduto che in qualche momento della nostra vita ci siamo sentiti lascati soli da Dio, penso anche ai familiari delle persone decedute a causa dell’epidemia che non hanno potuto neanche essere accanto ai loro cari. Dio davvero vuole punirci in questo modo per i nostri peccati? Gesù sgombra subito il campo da ogni equivoco: “Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio”. Opera di Dio è poi credere in Gesù, come alla fine farà il cieco: “Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui”.

Dio non è cieco, anzi ci vede bene e ci vede per primo, ma che cos’è che ci impedisce di cogliere lo sguardo di Dio? È quella cecità che è frutto del nostro avergli voltato le spalle con il peccato. Non è Dio che volta le spalle a noi, ma siamo noi che guardiamo da un’altra parte. Questo vedere di Gesù verso il cieco, ma anche verso ciascuno di noi ci deve riempire di conforto perché ci dice che il Signore è il Signore della tenerezza e della misericordia.

Se il cieco è in una situazione oggettiva di cecità corporale non dobbiamo dimenticare le tante cecità che accompagnano la nostra vita, anche se i nostri occhi vedono bene. Cecità che non riesce a cogliere i valori belli e buoni della vita, cecità che non riesce a riconoscere la bellezza e la grandezza della creazione, e sciupa l’ armonia del creato, cecità che non sa riconoscere il valore della vita umana, cecità morali, materiali, etiche.

Vi può essere anche la cecità della fede! Nel racconto dell’evangelista abbiamo due categorie di ciechi! La prima è quella del cieco nato, che si lascia illuminare da Gesù, fidandosi della sua Parola: “Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.” Viene guarito e acquista la capacità di vedere, non solo fisicamente, ma anche di andare oltre. Vedere con gli occhi della fede riconoscendo Gesù, credendo il Lui così che tutto l’uomo sia illuminato.

Quella dei Farisei. Essi si ostinano a credere di vedere incapaci di aprirsi alla verità, a riconoscere le “opere di Dio” e permettere che Dio agisca nei loro cuori vincolati, come sono, ad una visione ristretta, confidando più nella loro conoscenza della legge che nell’ azione e nella misericordia di Dio che si dispiega nella storia della salvezza.

“Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.”

È il destino del testimone che condivide lo stesso destino di Gesù che è quello di essere rifiutato.
Rifiutare Gesù significa continuare ad essere ciechi e impedire che la luce, quella vera entri nella nostra vita. Dire di sì a Gesù implica l’impegno per la nostra testimonianza.

Lasciamo che il Signore ci illumini, che la luce della sua grazia penetri le pieghe della nostra vita. In questo momento di buio che sta vivendo tutto il mondo per l’epidemia alla quale la scienza cerca di dare risposte, ma si scontra anche con il suo limite e con la sua impotenza, in questo cammino quaresimale che ci prepara alla Pasqua che non sapremo come potremo celebrare, ma che comunque sarà una realtà che illuminerà, anche nella prova, la vita di tanti credenti.

Può essere e ne sono sicuro che per molti, che può darsi siano ciechi, la fede verrà accresciuta e per altri che credono di vedere comunque rimarranno ciechi incapaci di aprirsi al mistero di Dio e della nostra Redenzione. Per loro preghiamo perché l’ opera di Dio illumini mente e cuori, mentre noi rinnoviamo la nostra professione di fede: “Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!”

Certi che siamo sotto lo sguardo di Dio!

Fonte

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