Don Luciano Condina – Commento al Vangelo del 28 Novembre 2021

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Un cammino che conduce alla regalità

Curiosamente all’inizio di questo nuovo anno liturgico C, prima domenica di Avvento, si celebra un vangelo che parla della fine, delle cose ultime. Per cominciare si parte da Alfa e Omega che si sovrappongono e coincidono. Il tempo di Avvento è il momento liturgico in cui si percorrono le tappe della genesi spirituale relativa alla nascita di Cristo in noi; è il tempo in cui ci si prepara a questa maternità benedetta, il tempo della gravidanza spirituale che riguarda ognuno di noi e ci accompagnerà fino al Natale. Quando in una famiglia è in previsione la nascita di un bimbo, si comincia a preparare tutto il necessario affinché la nuova creatura – benedizione infinita di dolcezza, meraviglia e novità – possa essere accolta al meglio e diventare quell’opera d’arte che è la vita di un uomo nel suo divenire. Allora si comincia a sgomberare la camera che, forse, fino a quel momento fungeva da ripostiglio e che, invece, diventerà quella del nascituro. Si spazzano via le cose accatastate, che fino a quel momento erano magari state importanti, per accogliere il nuovo che viene.

Questo vangelo in cui «le potenze saranno sconvolte» (Lc 21,26) ci rimanda all’operazione di sgombero che prepara al nuovo in arrivo. Ma per costruire è necessario prima spianare e gettare le fondamenta con interventi anche molto pesanti. Sole, luna e stelle sono i punti di riferimento dei naviganti, e i segni, gli sconvolgimenti indicano il cambio di rotta e di paradigma, necessario alla nostra quotidianità affinché Dio possa entrare nella vita di ognuno. Sono i punti di riferimento che cambiano dando nuove coordinate geografiche ed esistenziali.

Tutto ciò permetterà al Figlio dell’uomo di «venire su una nube con grande potenza e gloria» (Lc 21,27), che è l’immagine di un uomo non più soggetto alle limitazioni del solo umano, inchiodato dalla gravità verso la terra, e povero e misero a causa delle malattie e della povertà.

Il nuovo paradigma del-l’Avvento presenta un’antropologia gloriosa, potente e regale. Il titolo «Figlio dell’uomo», usato spesso da Gesù per se stesso,  in realtà è relativo a ogni uomo, ogni figlio di uomo. Tutto ciò che è in relazione con la vita di Gesù riguarda la vita di tutti; e gloria e potenza sono accessibili ad ogni uomo di buona volontà: non per imitazione, bensì per “incarnazione”.

La preparazione a questo percorso, come per ogni atleta che si allena nella propria disciplina, passa da un assetto di viaggio idoneo a ciò che si deve conseguire. Perciò Gesù ci ammonisce «I vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita» (Lc 21,34): è il digiuno necessario, da vivere nei tempi forti di Avvento e Quaresima, per conferire la lucidità necessaria per centrare l’obiettivo. Nessun atleta potrà mai ottenere risultati soddisfacenti, se la sua attività non è accompagnata da una adeguata disciplina psico-fisica. Il medesimo assetto si mantiene «vegliando in ogni momento» (Lc 21,36): è l’attitudine vigile della sentinella e della madre del neonato, solerti nell’intervento in vista di qualche pericolo.

Con l’Avvento incomincia l’avventura grandiosa di poter diventare una cosa sola con Cristo, passo dopo passo, ricalcando tutti i suoi, nessuno escluso, sempre in sequela e mai davanti a Lui, per condividere, al termine del lungo cammino, la sua regalità, che abbiamo celebrato domenica scorsa.

Questo è tutto ciò che la Chiesa cattolica ha da offrire: diventare una sola con Cristo. Ti interessa?


Commento di don Luciano Condina

Fonte – Arcidiocesi di Vercelli