Dave Hach – Commento al Vangelo del 29 Agosto 2021

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La domanda che ci siamo posti con i ricomincianti del Vangelo secondo l’apostolo Marco – «Chi è costui?», in riferimento a Gesù – ha avuto con il capitolo sesto secondo l’apostolo Giovanni, una risposta sorprendente: Colui del quale non possiamo fare a meno è, tuttavia, sorgente e garanzia della nostra vera libertà, della vera vita.

Ora, nel riprendere a leggere le pagine marciane, notiamo che la stessa domanda ha una sorprendente risposta: Uno che ha autorità. Parola sulla quale non si può equivocare, noi che incontriamo e ascoltiamo coloro che hanno sempre più potere politico, economico, manageriale, vale a dire che decidono il destino degli altri anziché servirlo, lamentarsi di aver bisogno di ulteriore autorità, cioè di decisionalità, di pieni poteri: in Gesù, niente di tutto questo.

L’autorità di Gesù non è sulle persone, ma in riferimento allo stabilire la sede del bene e del male nella gente e nel rinvenirla là dove Dio l’aveva posta: diremmo noi, nel centro della personalità, nel cuore, nello sguardo che non adultera, che non perverte il senso che Dio ha dato alla relazione con Lui basata sull’alleanza con le persone, nel rispetto e non sul ricatto, sulle vicende della vita di per sé neutre ma che noi possiamo rendere buone oppure cattive. E se così fosse, l’identità del cristiano smarrirebbe il suo senso autentico che è vivere in ascolto di Dio per fare la sua volontà. Direi che questo sia un grave rischio per ogni Comunità religiosa, che Gesù ha già riscontrato nel suo tempo, e che si può verificare, purtroppo, anche nella nostra Comunità cristiana.

Appunto per questo, le parole di Gesù nella pericope di oggi, contro gli scribi e i farisei, devono far riflettere anche noi: «Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini». E poi conclude: «Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». Invece, chi rimane alla sequela di Gesù, non ha alcun dubbio che l’autorità del Maestro è quella di Dio: è venuto a ricondurci all’unità interiore, la sua; per superare il dualismo dei pensieri, delle parole, delle azioni che tanto fanno male agli individui, al comandamento dell’amore, fulcro dell’etica cristiana, all’intera società.

Non per nulla l’apostolo Giacomo fa consistere la novità cristiana: l’umanità ricondotta ad unità nell’ascolto e nell’accogliere «con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza». In sostanza non uditori soltanto, illudendo noi stessi, mentre rimaniamo scissi tra ciò che diciamo di credere e quanto operiamo. Non lasciamoci, dunque, contaminare da questo mondo che a parole è per la solidarietà, è per i deboli, gli orfani, le vedove, ma nei fatti rende scientifiche, dogmatiche leggi ad personam, emanate con lo specifico intento di favorire direttamente o indirettamente un soggetto, un’azienda o un gruppo di cittadini.

Anche noi possiamo dire con il Deuteronomio che la nostra civiltà non manca di leggi e principi degni di un umanesimo planetario, ma come cristiani continuiamo a trasalire di fronte ai popoli della sub-umanità che implorano le briciole dello spreco e dell’opulenza.

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