Commento alle letture del Vangelo del 2 aprile 2017 – Carla Sprinzeles

Il messaggio che ci viene dato in questa domenica di quaresima è un messaggio di concretezza straordinaria, perché indica con chiarezza il coinvolgimento profondo di Gesù nell’amicizia con Marta Maria e Lazzaro. Giovanni insiste molto su questo aspetto: “Gesù amava molto Marta, Maria e Lazzaro”, poi sottolinea la commozione di Gesù, quando dice che scoppiò in un pianto dirotto. E dice ancora, quando andò nel sepolcro, che era: “ancora profondamente commosso”. Gesù non aveva la scienza infusa, seguiva un cammino reale, umano. Gesù era giunto a un tipo di amore maturo, oblativo, radicalmente gratuito e creatore. Vedendo il suo pianto e la sua tenerezza nei confronti di Marta e Maria, dicono: “Vedi quanto ama!”

Il segno distintivo dei cristiani dovrebbe essere questo. Gli altri dovrebbero dire di noi: “Vedete come si amano!” Noi spesso siamo aggrappati a noi stessi, al nostro modo di vedere le cose, chiusi in noi stessi, che è l’espressione di una incapacità di amare!

Un altro messaggio di oggi è che l’azione di Dio è in grado di annullare la potenza di morte: Gesù ha messo in moto per Lazzaro la sua forza di amore ed è riuscito a renderlo un evento “per la gloria di Dio”. Anche nella nostra vita ci sono situazioni di morte, non possiamo evitarle: quello che è necessario è riconoscerle e renderle situazioni vissute per la gloria di Dio. Accogliere lo Spirito di Gesù, da diventare viventi, da ritornare nel cammino della vita, da donare la vita agli altri.

EZECHIELE 37, 12-14
La prima lettura è tratta dal libro di Ezechiele, indica la promessa di Dio: “Aprirò le vostre tombe”, questa è l’opera dello Spirito di Dio. La vera rinascita dell’uomo avviene perché Dio comunica a noi il suo Spirito.

Il profeta Ezechiele, dopo aver proposto la visione delle ossa aride, che per intervento dello Spirito di Dio riprendono vita, riferisce il lamento dei deportati in Babilonia, i quali ossessivamente ripetono: “Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti”. Sembra che i lamenti degli esuli tolgano forza alla vigorosa visione della risurrezione delle ossa aride. Non è così. La parola divina interviene con il comando rivolto al profeta Ezechiele perché trasmetta agli esuli il messaggio della visione ricevuta.

L’immagine del cimitero con le tombe sigillate, che vengono scoperchiate e i morti sorgono da queste tombe si riferisce al ritorno dei deportati nella loro terra. Il profeta vuol dire che questo ritorno non è una semplice conseguenza di circostanze storiche, ma una manifestazione prodigiosa dell’amore del Signore per il suo popolo.
La spiegazione della visione prosegue nel riposo nella terra e nel dono dello Spirito di vita. Ancora una volta riappare la formula di riconoscimento della sovranità potente di Yahwhè, il quale non si limita a parlare, ma con la parola realizza efficacemente quanto promette: “Saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò”.

Ezechiele, da portavoce dell’impotenza umana, diventa messaggero dell’onnipotenza divina, che fa di un popolo desolato, preda del potere ossessivo della morte, una comunità ricca di speranza.

Il linguaggio di Ezechiele inaugura un linguaggio davvero nuovo, le cui potenzialità si svilupperanno nel tempo, si esplicheranno in situazioni in cui la risurrezione dei morti apparirà come la vera risposta di Dio alla sofferenza dei giusti e dei martiri. Si fa largo la speranza della vittoria sulla morte, la restituzione dell’uomo all’integrità del suo essere, fatto non solo di spirito ma anche di corpo.

GIOVANNI 11, 1-45
Il passo del Vangelo di oggi, come avete sentito ci parla del “segno” di Lazzaro, amico di Gesù, richiamato alla vita. Gesù dice: “Questa malattia non è per la morte ma per la gloria di Dio”. Tutto quello che succede, anche l’irreparabile come la morte, nasconde un bene più grande di quello perso. Come per le sorelle di Lazzaro, è più comodo fermarsi alla situazione immediata: “Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto”. Si trovano sempre dei “se.., non sarebbe capitato”, come se si potesse tornare indietro e ridistribuire le carte. La vita invece è sempre davanti, ricca d’inedito per chi, nel presente, non si ferma a rimpiangere il passato.

In questa presentazione della morte di Lazzaro sono raccontate, a livello simbolico, tutte le malattie dell’uomo, nonché il percorso che il malato deve fare per arrivare alla guarigione. E non solo lui, “l’infermo”, ma anche tutti coloro che custodiscono la sua malattia, che a loro insaputa coltivano un senso d’onnipotenza, o almeno di potere, su di lui che ha bisogno di cure, di consolazioni. Quanti bambini contraggono tutte le malattie solo perché la madre ha bisogno di sentirsi buona e riesce ad esserlo solo quando i figli sono bisognosi delle sue cure!

In questo testo sono descritti tutti i comportamenti possibili di fronte alla sciagura: c’è chi piange, non esce di casa, fa il lamento, chi invece esce fuori di corsa, si agita, chi infine rimprovera Dio. C’è anche forse il turbamento di chi attribuisce la sciagura al proprio peccato: se Dio non interviene, è perché non me lo merito. Come se le umane resistenze al bene potessero porre un limite alla tenerezza dell’Amore.

Tutti questi atteggiamenti sono distrazioni con il vero essere messo di fronte ll’imprevisto, alla contrarietà, all’insicurezza, alla radicale solitudine ontologica. Per essere vita, l’esistenza deve poter essere una successione di morti. Gli antichi raffiguravano la morte come un fiume da passare. Talvolta però il ponte sembra non esserci. Bisogna avventurarsi ma il passaggio fa paura. Si rimane fermi sulla riva. Disperarsi, agitarsi, lamentarsi sono tutti modi per evitare di mettersi in piedi nell’acqua, che significherebbe perdere le sicurezze.

E’ facile accusare Dio. La sua apparente assenza dalla storia, diventa pretesto per un ateismo pratico anche da parte di chi si ritiene credente. Di fronte al male, alla morte sentita come irrimediabile sconfitta della vita, c’è la risposta del buon cristiano che conosce il catechismo: “So che risusciterà nell’ultimo giorno” e intanto piange.

Gesù fa passare Marta da una fede di testa a una fiducia viscerale nella vita: “Io sono la resurrezione e la vita”, ma senza ottenere da lei che percepisca il senso profondo di quello che sta avvenendo. Prima che Lazzaro morisse, né lui né le sorelle erano viventi. Ora, la gloria di Dio è l’uomo vivente, non solo perché è il Dio della vita – che è ancora un modo di dire per estrometterlo dal nostro mondo, dalla nostra esistenza – ma perché è la Vita che si manifesta come tale in ogni vivente.

Crederci è accettare di non fuggire per cogliere il più che è offerto. E’ capire che la realtà tangibile, qualsiasi avvenimento, persino qualsiasi sofferenza, sono metafore della vera vita nascosta alla radice di ogni esistenza. “Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate” che la vita è, che la morte è solo un’altra forma dell’essere. Se il sole è offuscato dallo smog, perde per questo il suo fulgore? “Lazzaro, vieni fuori…scioglietelo e lasciatelo andare!”

Amici, l’uomo è chiamato a venire fuori da tutte le sue morti, il Signore della vita chiama tutti a libertà. Ogni situazione negativa nasconde un bene più grande di quello perso. Questa settimana riflettiamo e viviamo questa realtà.

A cura di Carla Sprinzeles | via Qumran

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V Domenica del Tempo di Quaresima

Gv 11, 1-45
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».

Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».

Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.

Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».

Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 02 – 08 Aprile 2017
  • Tempo di Quaresima V, Colore – Viola
  • Lezionario: Ciclo A | Salterio: sett. 5

Fonte: LaSacraBibbia.net

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