Commento al Vangelo di domenica 19 Aprile 2020 – d. Giacomo Falco Brini

Sono passati venti anni da quando la 2a domenica di Pasqua è diventata, per decisione di S. Giovanni Paolo II, la festa della Divina Misericordia. Una domenica in cui la chiesa riflette sul mistero più profondo di Dio: la sua imperscrutabile Misericordia. In realtà l’istituzione è di volontà divina. Il nostro mai dimenticato papa Giovanni Paolo II ha solo creduto e obbedito a quanto rivelato da Gesù a sr. Maria Faustina Kowalska, mistica connazionale vissuta a cavallo tra la 1a e la 2a guerra mondiale, divenuta depositaria di uno dei messaggi privati più belli che Dio potesse consegnare ad un credente; naturalmente, in piena sintonia con il Vangelo e l’insegnamento magisteriale della chiesa.

Sr. Faustina ha ricevuto in dono di vedere il Signore Gesù come nella popolarissima immagine qui sopra postata. Lui stesso le ha chiesto esplicitamente, il 22 febbraio del 1931, di far dipingere una immagine di come le era concesso di vederlo, promettendo grandi grazie a chi con fede l’avesse diffusa e fatta venerare nella preghiera: “Dipingi un’immagine secondo il modello che vedi, con sotto la scritta: Gesù confido in te! Desidero che quest’immagine venga venerata prima nella vostra cappella e poi nel mondo intero. Prometto che l’anima che venererà questa immagine, non perirà. Prometto pure già su questa terra, ma in particolare nell’ora della morte, la vittoria sui nemici…Io desidero che vi sia una festa della Misericordia. Voglio che l’immagine venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua; questa domenica deve essere la festa della Misericordia”. Cosa le è costato promuoverla e farla realizzare, testimoniando il grande messaggio ricevuto, ve lo lascio soltanto immaginare rimandando i più curiosi agli scritti raccolti nel suo Diario, la misericordia divina nella mia anima”, Libreria Editrice Vaticana.

Vi confesso che i miei primi timidissimi passi di ritorno a Dio (erano gli anni 1986-1987), sono stati marcati dalla graduale conoscenza del messaggio consegnato a questa donna consacrata e da quest’immagine del Signore Gesù, che viene incontro a noi con la mano destra alzata per benedirci e la mano sinistra appoggiata sul petto indicante il suo cuore. Ancora oggi questa immagine è intronizzata nella mia stanza da letto. Da allora non mi sono più staccato da essa. Il perché, lo lascio dire ad alcuni brani scelti dal Diario della santa, cominciando dalle sublimi parole che hanno marcato pure gli inizi del mio ministero sacerdotale: “Desidero che i sacerdoti annuncino la mia grande Misericordia per le anime dei peccatori. Il peccatore non deve avere paura di avvicinarsi a me; le fiamme della mia Misericordia mi divorano, voglio riversarle sugli uomini. La sfiducia delle anime mi strazia le viscere. Ancora di più mi addolora la sfiducia delle anime consacrate…Figlia mia, dì al mondo intero che Io sono l’amore e la Misericordia in persona. Le anime che diffondono il culto della mia Misericordia le proteggo per tutta la vita come una tenera madre protegge il suo bimbo ancora lattante, e nell’ora della morte non sarò per loro giudice, ma salvatore misericordioso. In quell’ultima ora, felice l’anima che durante la vita si è immersa nella sorgente della Misericordia, poiché la giustizia non la raggiungerà. Scrivi: tutto ciò che esiste è racchiuso nelle viscere della mia Misericordia più profondamente che un bimbo nel grembo materno.

Quanto dolorosamente mi ferisce la diffidenza verso la mia bontà! I peccati di sfiducia sono quelli che mi feriscono nella maniera più dolorosa!”. E ancora: “Desidero la fiducia dalle mie creature. Esortale ad una grande fiducia nella mia insondabile Misericordia. L’anima peccatrice non abbia paura di accostarsi a me, ed anche se avesse più peccati di quanti granelli di sabbia ci sono sulla terra, tutto sprofonderà nell’abisso della mia Misericordia! …Scrivi che quanto più grande è la miseria di un’anima, tanto maggiore è il suo diritto alla mia Misericordia…Di alle anime dove debbono cercare le consolazioni, cioè nel tribunale della Misericordia: lì avvengono i più grandi miracoli che si ripetono continuamente. Per ottenere questo miracolo non occorre fare pellegrinaggi in terre lontane né celebrare solenni riti esteriori, ma basta mettersi con fede ai piedi di un mio rappresentante confessandogli la propria miseria, ed il miracolo della Divina Misericordia si manifesterà in tutta la sua pienezza. Scrivi che anche se un’anima fosse come un cadavere in processo di putrefazione ed umanamente non ci fosse alcuna possibilità di risurrezione e tutto sembrasse perduto, non sarebbe così per Dio: il miracolo della sua Misericordia risusciterà quest’anima in tutta la sua pienezza. Infelici coloro che non ne approfittano!”

Sono solo alcune delle meravigliose parole rivolte da Gesù a santa Faustina. Come commentarle? Cos’altro aggiungere? Cosa potrebbe o dovrebbe ancora dirci il Signore per convincerci di come e quanto siamo amati? Eppure proprio il Vangelo ci fa capire che la nostra fragile umanità non si apre facilmente all’annuncio che proviene dalla morte e resurrezione d’amore di Cristo. Ammettiamolo, siamo un po’ strani: facciamo più fatica a lasciarci amare che ad amare, anzi, quasi tutti gli episodi evangelici che narrano le sue apparizioni da risorto, ci evidenziano un misterioso timore di sbagliarci circa la resurrezione di Gesù, quasi una riluttanza a lasciarci amare da Lui.

Tommaso non si lascia contagiare dalla gioia che ha sostituito la paura nei suoi fratelli, ma vi si oppone dicendo: se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, e non metto il mio dito nel segno dei chiodi… (Gv 20,25). Come gli altri, Tommaso non ha amore e fede sufficiente in sé per credere, e non potrebbe essere altrimenti dopo tutto quello che era successo. Ma in tutta sincerità viene fuori allo scoperto. In realtà, quando facciamo venire allo scoperto chi siamo e cosa veramente sentiamo, diventiamo un grido di preghiera, attiriamo la Misericordia Divina a soccorrerci e a compiere in noi, ancora una volta, un miracolo più importante di quelli che ci fanno recuperare la salute. Mio Signore e mio Dio! – dice accorato Tommaso a Gesù che gli mostra le sue piaghe d’amore (Gv 20,28).
Lasciarsi amare dal Signore significa permettergli di generare in noi, la vittoria che vince il mondo: la nostra fede (1Gv 5,4). Oltre a vedere nel luogo delle piaghe di Gesù, Tommaso voleva metterci il dito. Il Signore gli viene incontro invitandolo a mettercelo. Ma lo esorta a credere non partendo da quel che si vede e si tocca, ma partendo dalla fede stessa per poter vedere e toccare (Gv 20,29): solo così la fede matura e compie la sua opera. Anche noi siamo invitati a tendere la nostra mano e a mettere il nostro dito lì, nel posto dove avviene il contatto tra noi e Lui: è quel posto invisibile ai nostri occhi, dove miseria e Misericordia si incontrano faccia a faccia, dove le mie piaghe sono le sue piaghe e le sue sono le mie. Lì, la fede cresce. Lì, miseria e Misericordia possono vivere insieme, felici!

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