Non si può fare un vero cammino di fede cristiana senza umiltà . È questo il cammino di conversione di tutta la vita. Se non assaporiamo il gusto amaro della nostra fragilità , pochezza, meschinità , non saremo glorificati da Dio, cioè non prenderemo parte al suo Regno di amore. Perché l’amore è umile, semplice, aperto, luminoso. Dove non c’è amore tutto si complica, diventa oscuro , arrogante, chiuso.
La parabola che qui Gesù cita in effetti è una scena di vita corrente tra due modi di pregare. Quello di chi si gloria davanti a Dio per ciò che è e ciò che fa e quello di chi si umilia per la propria meschinità . E Gesù dice questa parola a chi si sente migliore degli altri, a chi si sente apposto verso Dio. Forse la dice anche a noi oggi? Ci sentiamo sempre i migliori e disprezziamo gli altri.
Basta vedere un po’ di Tv per capire quanta arroganza e superbia ci guida. Ma senza scomodare gli altri, basta guardare nelle nostre case, famiglie, ambienti di lavoro… Per capire che il virus dell’onnipotenza ci tocca da vicino. E tocca anche la nostra relazione con Dio. In tempo di quaresima Gesù ci invita a riflettere sulla nostra preghiera e sulla sua qualità .
È un dialogo tra creatura e Creatore? È un parlarsi d’amore o è un chiedere ad oltranza? In che modo la vera preghiera cambia il mio cuore? Sono più fariseo o più peccatore convinto? Il finale della parabola è ciò che ci interessa. Il peccatore tornò a casa salvato dalla misericordia di Dio. Quale casa? Quella che ci aspetta, quella definitiva, quella del Cielo.
Allora alla fine della vita torneranno a casa tutti i peccatori convinti che si sono lasciati guarire dalla misericordia di Dio. Gli altri si perderanno invece sulla via del ritorno. A noi la scelta.
A cura di Sr Palmarita Guida della Fraternità Vincenziana Tiberiade