p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 26 Aprile 2020

Il nostro sguardo è sguardo da risorti o da gente che ricorda solo morte? Il nostro incedere è cammino di vita o è cammino che ci allontana sempre più dalla meta della nostra esistenza?

Una certezza l’abbiamo ed è questa: Gesù si fa vicino a tutti, fa i nostri stessi passi di delusione e di morte, come fa passi di speranza e di vita. Sembra quasi non vi sia differenza per Lui. Per Lui ciò che conta è camminare con noi. Lui, Buon Pastore, va alla ricerca della pecora smarrita che se ne va da Gerusalemme verso Emmaus. Lui ci incontra nelle nostre vicende quotidiane, non va alla ricerca del sensazionale di cui sembra abbiamo così bisogno. Lui si fa viandante con noi, qualsiasi sia la nostra meta. Anzi, mentre ci allontaniamo da Gerusalemme, da Lui, Lui si fa vicino a noi. Quando arriva il momento di tornare dal Padre a Gerusalemme, Lui sparisce dalla nostra vista. Lui non si allontana da noi anche se noi ci allontaniamo da Lui, tristi e delusi. Lui, infatti, è venuto per cercare e salvare ciò che era perduto: impresa ardua che non ha mai fine. A noi che ci allontaniamo giorno dopo giorno dalla casa del Padre coi volti sempre più tristi e col passo sempre più pesante, Lui si avvicina e cammina con noi. Fino a quando? Fino a quando il nostro cuore si scalda di nuovo. A quel punto se ne va e ci lascia liberi di tornare di corsa verso la casa del Padre, verso Gerusalemme. Una corsa gioiosa, piena di vita e di vitalità.

Il nostro camminare è legato al nostro vedere. Avere occhi tristi che non sanno riconoscere il Signore Risorto che cammina con noi, è non vita. Avere l’udito assordato dalle cose che non vanno e incapace di accogliere quella Parola che scalda i nostri cuori, è atteggiamento disumanizzante. Avere inappetenza non mangiando di Lui Pane di vita che ci dona vita, ci disabilita e rende inabili al cammino, sempre più triste e appesantito. L’uomo infatti diventa ciò che ascolta e vive del pane che mangia. Pensiamo a quante parole vuote e a quante diete inutili per la nostra vita. Cerchiamo parole sagge e diete di vita, ascoltiamo invece la Parola e mangiamo il Pane di vita.

Così ci possiamo accorgere se il nostro cammino è fuga oppure no. Se è cosa triste, oscura, piena di scoraggiamento e di sfiducia, oppure se il nostro cammino è un correre incontro ai fratelli, con la mente piena di luce e il cuore traboccante di gioia, di fiducia, di coraggio, di speranza.

I nostri occhi sono occhi oscurati, invasi dalla morte? Sono terra di conquista della morte o pascoli di risurrezione? Riconosciamo la vita e dunque il Vivente, oppure non lo vediamo e ci diciamo che Lui non è più accanto a noi? Che Lui ci ha abbandonato? Lui, il Dio con noi, l’Emmanuele, che cammina in mezzo a noi da Risorto sembra essere il grande assente dalle nostre giornate. Se ne è andato o non lo sappiamo più riconoscere?

Verso dove camminiamo noi? Sappiamo bene che l’uomo diventa ciò verso cui va! Noi ce ne andiamo lontani da Gerusalemme e Gesù ci ritrova mezzi morti col nostro incedere triste. Lui, Buon Samaritano, si avvicina a noi, cura le nostre ferite e ci riporta a casa col cuore che arde di vita. È oramai cosa certa: il Risorto non abbandona mai i suoi. Anzi, si fa vicino, da Risorto, a tutti, ovunque. Può entrare anche dove vi sono le porte chiuse per paura. Può dare luce agli occhi ciechi e incendiare i cuori induriti.

Viene e abita i nostri occhi, i nostri cuori, perché lo possiamo riconoscere e lasciare che diventi incendio di desiderio e di amore per il nostro quotidiano tanto vuoto e scialbo. Non si intimorisce di fronte alle nostre delusioni. Desidera che noi le esprimiamo perché esprimendole possiamo incontrare Lui, Dio della vita.

Ascoltiamo la sua voce; lasciamo che i nostri occhi possano essere illuminati; lasciamo che il nostro cuore ritorni alla voglia di bellezza e di verità: invertiremo la nostra marcia dalla morte alla vita. Accogliendo Lui cibo, avremo la forza per riprendere a camminare con gioia e con voglia, lungo il cammino che ancora ci rimane da percorrere per giungere alla casa del Padre.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli 
FONTE: Scuola Apostolica
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