p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 13 Maggio 2019 – Gv 10, 1-10

A cosa servono le pecore se non ad avere lana, latte e carne da potere macellare e mangiare? Le pecore quando sono nel recinto presto o tardi trovano qualcuno che finalizza il loro allevamento a quanto detto sopra.

È interessante vedere Gesù che si presenta come il Pastore bello che conduce fuori dal recinto le sue pecore, cioè noi. Non ci tiene nel recinto della Legge, ci porta all’aperto. Non ci tiene schiavi, ci rende liberi. Non immola le sue pecore per i propri interessi, Lui è “venuto perché (le sue pecore) abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. Dobbiamo forse pensare che Gesù fosse un animalista per antonomasia? Può darsi, perché il lupo pascerà con la pecora, il leone giacerà con l’orso, il fanciullo si trastullerà sulla buca dell’aspide e non ne trarrà veleno, non ne verrà morso.

Ciò che siamo però chiamati a fare è a cogliere questo esempio bucolico vedendo Gesù come Pastore e scorgendo sul volto del gregge il volto di ognuno di noi. Non siamo chiamati ad essere pecore o pecoroni, siamo chiamati da Gesù ad essere persone libere. Il fondamento di tale libertà è Lui che, da Figlio, ci rende fratelli, liberi di vivere la propria vita.

Tale liberazione e tale libertà che ha come fondamento Gesù, è costruita sulla roccia che è Lui, che è venuto a salvare noi perché non possiamo più essere derubati della vita e quindi uccisi e distrutti. Lui è venuto a donarci la Vita e a donarcela in abbondanza.

Gesù Pastore conduce noi pecore/discepoli fuori da ogni steccato religioso, verso i pascoli della vita. Lui è Pastore Bello, e non solo Buono, perché con la bellezza di tali pascoli Lui con noi salverà il mondo. Non ci porta fuori dal recinto della religione per portarci in un altro recinto che, seppur buono, chiede a noi impegno moralistico. Ci porta fuori dal recinto religioso e sociale perché possiamo vivere la bellezza della verità di quello che siamo grazie al dono della vita di Gesù per noi.

Lui è l’Agnello che dispone e depone la sua vita perché noi suoi fratelli possiamo essere salvati, cioè gente viva. Lui è l’Agnello condotto al macello, l’Unico Agnello perché gli altri, cioè noi, possiamo essere gente viva, gente salvata. Lui che è Pastore e non brigante o mercenario, dona se stesso per noi, non ci usa per se stesso.

Lui è capo perché Servo di tutti. Lui è diverso dai nostri capi che seguiamo sempre, che ci sfruttano per i nostri voti, che ci cercano perché gli conviene, che non sono interessati alla nostra vita ma alla vita della propria organizzazione religiosa o sociale che sia. Lui non è un capo brigante nelle mani del quale noi continuiamo a deporre la nostra esistenza.

Lasciarci illuminare, come il cieco nato, dalla Luce di vita di questo Pastore, non è cosa da poco, è cosa bella, è cosa umanizzante, è cosa che sa di terra e di humus, è cosa che ci impasta nella vita e nella via della unità del cielo e della terra. Dio è in terra perché noi possiamo essere in cielo, non perché ci scambiamo i posti, ma perché diveniamo una cosa unica: Lui nostro Padre e noi suoi figli, siamo della stessa natura e abbiamo come fonte di vita una unica Fonte di acqua viva. È bello lasciarci illuminare dal salmo 23 che riporto perché troppo bello e troppo vero, troppo bello rileggendolo e pregandolo alla luce di questo vangelo:

“Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla;

su pascoli erbosi mi fa riposare ad acque tranquille mi conduce.

Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome.

Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza.

Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici; cospargi di olio il mio capo. Il mio calice trabocca.

Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni.”

Noi ciechi e schiavi riceviamo l’invito a lasciarci illuminare da Lui come il cieco nato che passa dalla notte al giorno. Lasciarci illuminare lasciandoci toccare dal fango che Gesù fa per ricreare l’uomo nuovo, l’uomo non più cieco, l’uomo libero, l’uomo rinato dall’alto, l’uomo risorto. Non siamo chiamati a chissà quali rivelazioni, siamo chiamati ad essere illuminati grazie al fango e alla Parola di Gesù. Illuminati, vale a dire, gente che ritorna a comprendere il vero senso della propria umanità vivendo quanto ci viene donato e camminando verso pascoli ubertosi, dove la vita ritorna ad essere bella, come in realtà bella ci è stata donata, oggi non domani.

Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.

Fonte – Scuola Apostolica Sacro Cuore

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Io sono la porta delle pecore.

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 10, 1-10

In quel tempo, disse Gesù: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».

Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita a l’abbiano in abbondanza».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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