Meditazione Mattutina di Papa Francesco del 17 Marzo 2020 a casa Santa Marta

PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA DEL 17 MARZO 2020
NELLA CAPPELLA DELLA  DOMUS SANCTAE MARTHAE

 L’ADORAZIONE E LA BENEDIZIONE EUCARISTICA

https://youtu.be/ZS_OoihvTv8

Con l’adorazione e la benedizione eucaristica Papa Francesco ha concluso la messa celebrata martedì mattina, 17 marzo, nella cappella di Casa Santa Marta. Dopo la comunione, con l’ostensorio posto sull’altare per l’adorazione, il vescovo di Roma ha impartito la benedizione che, attraverso la diretta streaming, ha raggiunto tutti coloro che stanno vivendo questo tempo di pandemia.

Francesco ha offerto, in modo particolare, la celebrazione per le persone anziane e sole. «Io vorrei — ha detto, a braccio, all’inizio della messa — che oggi pregassimo per gli anziani che soffrono questo momento in modo speciale, con una solitudine interna molto grande e alle volte con tanta paura».

«Preghiamo il Signore — ha aggiunto — perché sia vicino ai nostri nonni, alle nostre nonne, a tutti gli anziani e dia forza. Loro ci hanno dato la saggezza, la vita, la storia. Anche noi siamo vicini a loro con la preghiera».

E per rafforzare la sua intenzione spirituale il Pontefice ha letto l’antifona d’ingresso, tratta dal salmo 17 (6-8). «Io t’invoco, mio Dio: dammi risposta; rivolgi a me l’orecchio e ascolta la mia preghiera. Custodiscimi, o Signore, come la pupilla degli occhi, proteggimi all’ombra delle tue ali».

Per la meditazione dell’omelia, Francesco ha preso spunto dal passo del Vangelo di Matteo (18, 21-35) proposto dalla liturgia, centrato sul perdono. «Gesù — ha spiegato facendo riferimento al brano evangelico immediatamente precedente (18, 15-20) — viene dal fare una catechesi sull’unità dei fratelli e la finì con una bella parola: vi assicuro che “se due di voi”, due o tre, si metteranno d’accordo e chiedono una grazia, gli sarà concessa».

Dunque, «l’unità, l’amicizia, la pace tra i fratelli attira la benevolenza di Dio» ha detto il Papa. Ed ecco che, racconta Matteo, «Pietro fa la domanda: sì, ma alle persone che ci offendono cosa dobbiamo fare? “Se il mio fratello commette colpe contro di me”, mi offende, “quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?”».

Alla domanda di Pietro, ha fatto notare il Pontefice, «Gesù rispose con quella parola che vuol dire, nel loro idioma, “sempre”: “Settanta volte sette”». In sostanza, dice il Signore, «sempre si deve perdonare e non è facile perdonare, perché il nostro cuore egoista è sempre attaccato all’odio, alle vendette, ai rancori».

Del resto, ha proseguito Francesco, «tutti abbiamo visto famiglie distrutte dagli odi familiari che si rimandano da una all’altra generazione». Ci sono «fratelli che, davanti alla bara di uno dei genitori, non si salutano perché portano avanti rancori vecchi». Davvero, ha insistito, «sembra che sia più forte l’attaccarsi all’odio che all’amore e questo è proprio “il tesoro”, diciamo così, del diavolo».

Il diavolo infatti, ha spiegato il Papa, «si accovaccia sempre tra i nostri rancori, tra i nostri odi e li fa crescere, li mantiene lì per distruggere. Distruggere tutto. E tante volte, per cose piccole, distrugge».

Oltretutto, ha detto Francesco, «anche si distrugge questo Dio che non è venuto per condannare, ma per perdonare. Questo Dio che è capace di fare festa per un peccatore che si avvicina e dimentica tutto. Quando Dio ci perdona, dimentica tutto il male che abbiamo fatto». Tanto che «qualcuno diceva» che il perdono «è la malattia di Dio: non ha memoria, è capace di perdere la memoria, in questi casi. Dio perde la memoria delle storie brutte di tanti peccatori, dei nostri peccati. Ci perdona e va avanti».

Dio, ha spiegato il Papa, a noi «chiede soltanto: “Fa’ lo stesso, impara a perdonare, non portare avanti questa croce non feconda dell’odio, del rancore, del “me la pagherai”». Una «parola», ha rilanciato il Pontefice, che «non è né cristiana né umana».

Ecco, allora, «la generosità di Gesù, che ci insegna che per entrare in cielo dobbiamo perdonare» ha affermato Francesco. Anzi, ha aggiunto, «ci dice: “Tu, vai a messa?” — “Sì” — “Ma se quando vai a messa ti ricordi che il tuo fratello ha qualcosa contro di te, riconciliati, prima; non venire da me con l’amore verso di me in una mano e l’odio con il fratello nell’altra”». Ci vuole la «coerenza di amore: perdonare, perdonare di cuore».

«C’è gente — ha fatto presente il Papa — che vive condannando gente, parlando male della gente, sporcando continuamente i suoi compagni di lavoro, sporcando i vicini, i parenti, perché non perdona una cosa che gli hanno fatto o non perdona una cosa che non le è piaciuta». E così «sembra che la ricchezza propria del diavolo sia questa: seminare l’amore al non perdonare, vivere attaccati al non perdonare».

Ma «il perdono è condizione per entrare in cielo» ha ricordato Francesco. E «la parabola che Gesù ci racconta è molto chiara: perdonare» ha aggiunto. Con l’auspicio «che il Signore ci insegni questa saggezza del perdono, che non è facile».

A questo proposito il Papa ha anche suggerito un consiglio spirituale: «Facciamo una cosa: quando noi andremo a confessarci, a ricevere il sacramento della riconciliazione, prima chiediamoci: io perdono? Se io sento che non perdono, non fare finta di chiedere perdono, perché non sarò perdonato». Non va dimenticato, infatti, che «chiedere perdono significa perdonare: sono insieme ambedue, non possono separarsi».

Riferendosi al passo del Vangelo di Matteo, il Pontefice ha affermato che «coloro che chiedono perdono per sé stessi» — come il servo malvagio della parabola di fronte al padrone che «perdona tutto» — «ma non danno perdono agli altri, finiranno come lui». È Gesù stesso a ricordarlo nel Vangelo del giorno: «Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

Il Papa ha concluso la meditazione invitando a pregare perché «il Signore ci aiuti a capire questo e ad abbassare la testa, a non essere superbi, a essere magnanimi nel perdono». Oppure «almeno a perdonare “per interesse”. Come mai? Sì, perdonare perché se io non perdono, non sarò perdonato. Almeno questo. Ma sempre il perdono».

Al termine della celebrazione, dopo l’adorazione e la benedizione eucaristica, Francesco ha affidato le sue preghiere alla Madre di Dio sostando davanti all’immagine mariana posta accanto all’altare della cappella di Santa Marta, accompagnato dal canto dell’antifona Ave Regina Caelorum.

A mezzogiorno, nella basilica Vaticana, il cardinale arciprete Angelo Comastri ha rilanciato la preghiera del Papa guidando la recita dell’Angelus e del rosario.

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