Lectio divina 16 aprile 2018 – Suore di Casa Raffael

Lunedì della Terza Settimana di Pasqua (Anno B)

Lectio:

  • Atti degli Apostoli 6,8 – 15
  • Giovanni 6, 22 – 29

1) Orazione iniziale

O Dio, che manifesti agli erranti la luce della tua verità, perché possano tornare sulla retta via, concedi a tutti coloro che si professano cristiani di respingere ciò che è contrario a questo nome e di seguire ciò che gli è conforme.

2) Lettura: Atti degli Apostoli 6, 8 – 15

In quei giorni, Stefano, pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e segni tra il popolo.

Allora alcuni della sinagoga detta dei Liberti, dei Cirenèi, degli Alessandrini e di quelli della Cilìcia e dell’Asia, si alzarono a discutere con Stefano, ma non riuscivano a resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli parlava.

Allora istigarono alcuni perché dicessero: «Lo abbiamo udito pronunciare parole blasfeme contro Mosè e contro Dio». E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo condussero davanti al sinedrio.

Presentarono quindi falsi testimoni, che dissero: «Costui non fa che parlare contro questo luogo santo e contro la Legge. Lo abbiamo infatti udito dichiarare che Gesù, questo Nazareno, distruggerà questo luogo e sovvertirà le usanze che Mosè ci ha tramandato».

E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un angelo.

 3) Commento su Atti degli Apostoli 6 , 8 – 15

Allora alcuni della sinagoga detta dei Liberti, dei Cirenei, degli Alessandrini e di quelli della Cilicia e dell’Asia, si alzarono a discutere con Stefano, ma non riuscivano a resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli parlava. – Atti 6,8-9 – Come vivere questa Parola?

Nell’arresto di Stefano, il primo dei martiri, si riflette in qualche misura la vicenda di Gesù. Stefano è pieno di grazia ed esercita sul popolo quel potere che è il fascino degli uomini liberi alla sequela di Cristo. Quelli che entrano in disputa con lui sono gente di religione ebraica e di diverse nazionalità. Avrebbero voluto riportare vittoria ma Stefano parlava con quella “sapienza ispirata” che rivelava la sua vincente superiorità spirituale. Il popolo, evidentemente, era con lui. E così invidia e gelosia si diedero la mano perché gli uomini della sinagoga montassero in furia e sobillassero gente facile all’accusa menzognera. E la calunnia viene montata all’interno della loro religiosità. Stefano, dicono, sarebbe reo di bestemmia “contro Mosè e contro Dio”.

Ecco: Gesù, secondo i suoi accusatori, sarebbe stato blasfemo proclamandosi Figlio di Dio, Stefano, al dire dei suoi oppositori, sarebbe incorso nella stessa iniquità.

Ciò che va osservato è che, lungo la storia, non furono pochi i casi in cui la condanna di uomini giusti fu motivata con ingiuste accuse di un comportamento opposto alla fede in Dio e all’onore a lui dovuto.

Signore, fa che nel pensiero e nelle parole noi non ci ergiamo a giudici, a condannare nessuno. Soprattutto mai la tua parola sia arma contro il nostro prossimo ma luce e salvezza.

Ecco la voce di un dottore della Chiesa S. Efrem: Signore concedimi di vedere i miei peccati e di non giudicare il fratello.

Non riuscivano a resistere alla sapienza ispirata con cui egli parlava. – At 6,10 – Come vivere questa Parola?

Stefano è uno di quelli che ormai seguono Gesù e compiono le opere di Dio: crede cioè in Gesù in quanto inviato del Padre. E Gesù stesso lo afferma nel vangelo di oggi.

Crede e testimonia con tanta autenticità che coloro che lo ascoltavano non potevano “resistere alla sapienza ispirata con cui egli parlava“. E non sapendo quali argomenti addurre per contraddirlo, usano la menzogna. Stravolgono le sue parole e ne fanno una bestemmia contro Mosè.

Già con Gesù avevano usato la stessa tattica. È la strategia di chi non conosce la luce e la nega lì dove sfolgora tra gli spiragli delle tenebre. Ma la luce si fa giustizia da sé! Ieri come oggi. Il volto di Stefano viene appunto illuminato da questa luce. Chi potrà distoglierlo da Colui che egli ha incontrato sul suo cammino esistenziale? Le parole del salmo responsoriale traducono molto bene la solida fedeltà di Stefano: “Anche se i potenti siedono e mi calunniano, il tuo servo medita i tuoi decreti. I tuoi insegnamenti sono la mia delizia, sono essi i miei consiglieri.” (Sl 118, 23-24).

Quanti cristiani anche oggi vivono la stessa realtà di Stefano e sono esposti alla menzogna e alla morte. Che non siano seme di un nuovo e più vitale cristianesimo?

Nel nostro rientro al cuore, anche noi preghiamo col salmo 118: “Tieni lontana da me la via della menzogna, donami la grazia della tua legge.”

Ecco la voce di un vescovo martire Oscar Romero: Se uno vive un cristianesimo molto buono, ma che non tocca il nostro tempo, che non denuncia le ingiustizie, che non proclama il Regno di Dio con coraggio, che non rifiuta il peccato degli uomini, che acconsente, per stare bene con certe classi, i peccati di queste classi, non sta compiendo il suo dovere, sta peccando, sta tradendo la sua missione.

4) Lettura: dal Vangelo secondo Giovanni 6, 22 – 29

Il giorno dopo, la folla, rimasta dall’altra parte del mare, vide che c’era soltanto una barca e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma i suoi discepoli erano partiti da soli. Altre barche erano giunte da Tiberìade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane, dopo che il Signore aveva reso grazie.

Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».

Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».

Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».

5) Riflessione  sul Vangelo secondo Giovanni 6, 22 – 29

Perché cercare Gesù.

È il giorno dopo la moltiplicazione dei pani. La folla si muove su delle barche alla ricerca di Gesù. Egli si è sottratto alla loro vista per evitare futili acclamazioni. I prodigi che egli compie non mirano a procurare un successo o ad attirare le folle al suo seguito, ma solo ed unicamente a generare in loro la fede nella sua persona, come Figlio di Dio e inviato del Padre. È lo stesso Gesù a denunciare esplicitamente i motivi impropri che hanno spinto quelle persone a cercarlo: «In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati». Viene messo in discussione alla radice l’orientamento della nostra fede: il Signore ci interpella sul perché cercarlo, su cosa ci dobbiamo attendere da Lui, qual è il modo corretto di rapportarci, su cosa e perché credere. È assai frequente una visione utilitaristica della fede; capita a molti di pensare e credere che cercare Dio, possa significare garantirsi una specie di immunità totale da ogni pericolo e da ogni ostacolo e una garanzia piena di poter vedere appagato ogni nostro desiderio, anche quando questi sono orientati soltanto alle cose terrene e ai beni solo umani. La fede che egli vuole è ben diversa ed è egli stesso ad esplicitarla per noi: «Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». La prima illuminazione che il Signore vuole darci proviene da una valutazione sapiente dei beni a cui aneliamo: alcuni di essi periscono perché sono legati al tempo e alle necessità immediate della nostra vita: è il cibo che nutre il nostro corpo e lascia invariate le esigenze più profonde dello spirito. Il cibo che non perisce e dura per la vita eterna è essenzialmente la grazia di Dio, la consapevolezza si essere amati da Lui e noi di essere capaci di amarlo e di amare in Lui il nostro prossimo. Tutto ciò scaturisce dalla fede in Cristo, Figlio di Dio, e nel cibo di vita eterna che egli ci ha garantito nella sua eucaristia. Lì troviamo il vero nutrimento che non perisce.

Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?” – Come vivere questa Parola?

Quante volte ci poniamo questa domanda! Sia in momenti di autentica e serena ricerca spirituale come in momenti turbolenti e incerti: “Che cosa devo fare, Signore!?”

“Credere in colui che egli ha mandato”: è la risposta puntuale di Gesù ieri e oggi, alla folla che lo cercava affamata di Pane e di Parola e a me cercatore di verità assolute e di soluzioni concrete.

“Credere”non è un’opera che appartiene al mondo della produzione e dell’accumulo, essa è essenzialmente fiducia abbandono accoglienza. È prima di tutto un’opera di Dio, e Gesù delicatamente ed egregiamente ce lo fa notare: “Questa è l’opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato”.

Quale magnanimità dentro questa espressione bellissima e densa di significato esistenziale, è come se dicesse a ciascuno di noi: “Quando tu vuoi compiere le opere di Dio, cioè quando vuoi collaborare con Lui a costruire un mondo bello buono unificato nell’amore, dove ciascuna creatura vi abiti nella pace e nella gioia, non devi far altro che fidarti, prima di tutto, di Colui che lo ha creato rendendo te suo partner. Poi ascoltare il creato, il fratello e la sorella, gli eventi: in essi è la mia voce, il mio desiderio, il mio volto, ogni mio progetto di bene. Inoltre lasciati sfamare dal mio Corpo e dalla mia Parola: sono entrato nel mondo e mi sono fatto Figlio per non farti sentire mai più solo. Questo è ‘credere’, avere fede. Non è semplice? È opera mia: metti la tua mano nella mia e lasciati condurre.”

La fede è l’unica opera: opera-dono e dunque impegno incessante. È cammino in profondità verso l’ulteriore, verso l’oltre, è uscita da noi stessi, ma è anche abbandono e dunque dono: opera di Dio nei cuori aperti a riconoscersi figli nel Figlio.

Oggi, nella nostra pausa contemplativa, ci fermeremo a chiedere che il Signore accresca in noi la fede: in quanto fiducia, abbandono filiale e accoglienza. Gli diremo: non le nostre opere per te Signore, ma le tue opere aiutaci a compiere Signore Gesù; che noi ti riconosciamo vivo e operante in noi, negli altri e nella storia.

Ecco la voce di una beata Beata Elisabetta della Trinità: Attraverso ogni cosa l’anima vede Colui che ella ama e tutto la porta a Lui: è un cuore a cuore continuo!

Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato” – Gv 6, 29 – Come vivere questa parola?

Tutta la settimana saremo accompagnanti dal capitolo 6 del Vangelo secondo Giovanni. Un capitolo per certi versi difficile, lungo… pasquale, ma senza i colori brillanti e la luce radiosa del mattino della risurrezione. Il tono è duro, esigente. Il contenuto espone Gesù alla rivelazione di un nuovo modo di dirsi di DIO. Tutto già detto nel Primo Testamento, ma tutto ancora da scoprire. Mistero ineffabile che inizia a tradursi. L’ascolto di queste parole non è semplice, né la comprensione immediata. Il primo interlocutore di questi discorsi è la folla, accorsa e trattenuta dal miracolo del pane e dei pesci moltiplicati; poi seguiranno i giudei e quindi i discepoli. Parole che si ripeteranno e che, riproponendosi, scaveranno in profondità, per scardinare gli apprendimenti scorretti, per intaccare le rappresentazioni devianti e per cominciare a dire Dio, in modo nuovo, più autentico.

Alla folla Gesù dice di smettere di cercarlo per ottenere un po’ di pane subito: c’è di meglio, c’è qualcosa di eterno da scoprire, da accogliere e assimilare. Li sollecita: ” Datevi da fare!”. La reazione è di sorpresa e la folla chiede cosa bisogna fare? Il fare, l’opera da compiere è una sola: credere nell’Inviato, nel Messia, scelto dal Padre. Ma cosa vuol dire credere? Non basta dirlo.

Signore, ti consegniamo la nostra miopia che ci blocca sugli effetti interessanti delle vicende; libera la nostra gratuità per accogliere con mente aperta e cuore amante la tua rivelazione, aiutaci a credere non per quello che otteniamo, ma per quello che ascoltiamo e vediamo realizzato nell’umanità di Cristo.

Ecco la voce di un Papa BENEDETTO XVI: Credere cristianamente significa abbandonarsi con fiducia al senso profondo che sostiene me e il mondo, quel senso che noi non siamo in grado di darci, ma solo di ricevere come dono, e che è il fondamento su cui possiamo vivere senza paura. E questa certezza liberante e rassicurante della fede dobbiamo essere capaci di annunciarla con la parola e di mostrarla con la nostra vita di cristiani.

6) Per un confronto personale

La gente aveva fame, mangia il pane e cerca più pane. Cerca il miracolo e non cerca il segno di Dio che in esso si nascondeva. Cosa cerca di più nella mia vita: il miracolo o il segno?

Per un istante, fai silenzio dentro di te e chiediti: “Credere a Gesù: cosa significa questo per me ben concretamente nella mia vita di ogni giorno?”

7) Preghiera finale: Salmo 118

Beato chi cammina nella legge del Signore.

 Anche se i potenti siedono e mi calunniano,
il tuo servo medita i tuoi decreti.
I tuoi insegnamenti sono la mia delizia:
sono essi i miei consiglieri.

Ti ho manifestato le mie vie e tu mi hai risposto;
insegnami i tuoi decreti.
Fammi conoscere la via dei tuoi precetti
e mediterò le tue meraviglie.

Tieni lontana da me la via della menzogna,
donami la grazia della tua legge.
Ho scelto la via della fedeltà,
mi sono proposto i tuoi giudizi.

Suore di Casa Raffael

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