don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 17 Dicembre 2020

Sembrerebbe una pagina inutile, tanto che i più la salterebbero volentieri. Per quanto si abbia una conoscenza della Scrittura, la maggior parte dei nomi qui riportati sono ignoti ai più. Finché si tratta di Abramo, Isacco, Giacobbe, Davide possiamo ancora ricordare qualche episodio della loro vicenda, ma degli altri, chi ne sa nulla?

Il genere letterario della genealogia ci interessa poco, anche perché, se vi chiedessi di dire la vostra, arrivereste al massimo a ricordare i nomi dei bisnonni.

E, tuttavia, proprio questa pagina è la più necessaria: essa, infatti, è la prima del NT e, pur rappresentando forse la parte meno bella, è la più necessaria.

La genealogia di Gesù ci dice che all’inizio di una lunga catena di generazioni c’è Dio stesso. Di lui emerge una nota che sarà la costante dell’intera storia della salvezza: Dio non si stanca di noi e per questo, pur nei disastri della storia, continua a manifestare amore e fedeltà a un uomo che fatica a condividerne il progetto. Il tradimento, il peccato, le deportazioni, i momenti di gloria come quelli di miseria, non riusciranno mai a far recedere Dio dal suo disegno di bene su questa umanità. Guarda caso dove approda questa storia? In Gesù, il cui nome è la sintesi di tutto ciò che è stato appena raccontato: “Dio salva”. E Gesù chiamato Cristo, l’eletto, il consacrato: da una storia che è quella che è, viene fuori il frutto maturo che è Gesù Cristo.

Ascoltare con fede questa pagina proprio all’inizio delle ferie maggiori dell’Avvento, significa riporre la nostra fiducia nel Dio che ricomincia sempre di nuovo, di generazione in generazione, un dio che ha ben chiaro dove vuole arrivare e dive vuole condurre il nostro cammino incerto di uomini e donne.

Proclamare nella liturgia una pagina come questa non è una operazione nostalgica: è piuttosto motivo per gettare luce sul nostro qui e ora in cui, forse, ci riesce difficile riconoscere talvolta il filo attraverso il quale Dio ci guida.

Questa storia narrataci da Matteo riporta delle scansioni che riguardano il popolo dell’alleanza: la chiamata, l’ingresso nella terra promessa, l’esilio, il ritorno. Ma questo ritmo è ciò che ognuno di noi vive dentro di sé. Anche a noi Dio rivolge la sua chiamata, a anche a noi Dio offre la possibilità di entrare nella terra della sua amicizia, anche noi facciamo esperienza dell’allontanarci da lui e, se lo vogliamo, di fare a lui ritorno mediante il suo perdono. E questo ritmo non è cronologico e non avviene una volta per tutte: ci chiama più e più volte, più e più volte lo abbandoniamo, più e più volte ritorniamo a lui.

Proprio la pagina di Mt ci invita a riconoscere il tempo in cui ci troviamo personalmente: la chiamata, il deserto, un momento di luce? In qualunque situazione ci troviamo, questo è il tempo della salvezza. Israele è cresciuto in ogni tempo, tanto in quello dell’alleanza riconosciuta quanto in quella dell’amicizia tradita. Non c’è tempo che non sia visitato da Dio: alcune volte ci visita con le sue consolazioni, altre volte con i suoi silenzi.

La genealogia di Gesù ci ricorda che la storia non è un progresso continuo; essa conosce più volte interruzioni e cadute, piccoli passi e grandi regressioni: non tutto è bene e non tutto va sempre per il meglio.

In questa storia non sono annoverate le grandi madri d’Israele (Sara, Rebecca, Lia, Rachele), mentre sono riportate altre che hanno una storia a dir poco inquietante: Rachab fa la prostituta a Gerico, Tamar si finge prostituta per avere una discendenza dal suocero, Rut è una straniera e perciò esclusa dalla salvezza, Betsabea è l’amante di Davide. Dio entra attraverso storie marginali, addirittura attraverso ciò che noi definiremmo una stoltezza.

Proprio questa lunga genealogia ci ricorda che noi siamo solo un anello di una lunga catena: proprio per questo abbiamo bisogno di leggere la storia non dal suo particulare ma dal suo insieme. Anche quello che immediatamente sembra avere nulla a che fare con Dio, in realtà resta vero che è sempre lui il protagonista principale ma non senza di noi.

Nessuno di noi amerebbe veder comparire nel proprio albero genealogico figure tanto poco ragguardevoli. Eppure a Dio sembra non faccia problema. Dio ci stupisce non con effetti speciali ma con creature come ciascuno di noi, impastati della materia di cui siamo fatti.

Non sappiamo nulla del nostro futuro, di cosa ci accadrà. Una cosa è certa, però: Dio continuerà ad aprire varchi proprio là dove sembra non ce ne sia alcuno.


AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM

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