don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 10 Aprile 2021

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A un uomo da sempre affascinato dal sogno di conquistare il cielo, Dio stesso aveva permesso di raggiungere l’irraggiungibile chiedendogli di prendersi cura di tutto ciò che la vita gli poneva innanzi. Francesco d’Assisi avrebbe detto che “la via per andare in su è la via per andare in giù”.

Il seminatore uscì a seminare… Così, un giorno, Gesù aveva raccontato del mistero dell’incarnazione, come dell’uscire di Dio che, fiduciosamente, ha sparso il buon seme della sua parola nei terreni i più impensabili. Lo aveva fatto animato da grande speranza e fiducia.
Ora, mentre sta per far ritorno al Padre, non viene meno a questo suo stile e, perciò, affida il compito a chi aveva condiviso con lui la stessa passione per le cose di Dio, per il suo regno. Gli affida il Vangelo, il compimento del quale è proprio la possibilità di raggiungere il cielo in modo permanente.

Stupisce non poco che Gesù non venga meno a un atteggiamento di fiducia verso i discepoli. Avrebbe avuto tutti i motivi per non farlo (gli eventi appena trascorsi ne davano conferma abbondante), ma proprio dopo averli rimproverati per la loro fatica a credere (cfr. Mc 16,14), Gesù li abilita a diventare portatori a ogni creatura di quella esperienza di luce e di grazia che aveva cambiato la loro esistenza. Non solo: essi sarebbero stati il prolungamento della sua presenza. Quello che avrebbero detto e quello che avrebbero compiuto, era chiamato ad esprimere ciò che avrebbe detto e compiuto lo stesso Signore Gesù.

Noi, il prolungamento della stessa opera di Gesù. Quale fiducia! Quale responsabilità! Se solo provassimo a gustare di più la certezza che Dio ha fiducia in noi, forse anche questa stagione che porta tutti i tratti di una via senza sbocco, la attraverseremmo con la consapevolezza serena che qui c’è in gioco anche dell’altro. C’è in gioco la certezza di un Signore che opera insieme con noi. Per questo i credenti pur registrando come tutti la contraddittorietà delle situazioni non indulgono mai ad un atteggiamento rassegnato: c’è un vangelo anche per le contraddizioni del vivere umano.

È ai discepoli che viene affidato il mandato di portare il vangelo a ogni creatura. Quella che era stata una prerogativa del Signore Gesù – lui il Vangelo del Padre – ora è partecipata a chi. recatosi al sepolcro, non ha saputo misurare altro se non “l’angoscia del vuoto”. Fiducia accordata a chi trova “impossibile che un morto torni a vivere e a parlare”. Ed è un incarico che non conosce esclusivismi: non è qualcosa per iniziati. Esso è da portare ad ogni creatura. Da subito il vangelo allarga gli orizzonti riscattando ogni tentazione di fuga intimistica. La possibilità di aprirsi a un Dio che gratuitamente si dona è offerta ad ognuno: basta essere uomini e donne per avere diritto a questo annuncio, quale che sia la religione e la cultura, la fede o la non fede.

Non imbalsamatori di cadaveri (come avevano creduto di fare le donne in buona fede il mattino di Pasqua) ma inviati perché altri riprendano a sperare: questa l’identità dei discepoli. Il ridare speranza è il segno della sua presenza continuata in mezzo agli uomini.
Il vangelo è affidato alle nostre deboli mani, le mani di ognuno di noi, proprio come ogni volta, il Signore non avrà paura di consegnarsi nelle nostre mani nell’Eucaristia.

Andate in tutto il mondo: non ci sono confini, non ci sono zone interdette, non ci sono restrizioni. Il vangelo può e deve raggiungere tutti. Non ci sono delle condizioni previe perché ciò possa accadere.
Predicate il vangelo: questo è il compito che allora come adesso Gesù affida ai suoi. La buona notizia che egli è venuto a portare, quella parola che è diventata realtà in tanti suoi gesti, la speranza che ha acceso nei cuori con la sua morte e risurrezione chiedono di essere donate a tutti, vanno condivise. C’è un vangelo per ogni creatura, nessuno escluso. Ognuno ha diritto a una parola, la sola capace di risvegliare in lui il desiderio di una vita nuova, una parola che manifesta l’amore di Dio per noi, che offre misericordia e genera ad una condizione nuova.


AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM