don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 30 Maggio 2020

CAMMINANDO CON CRISTO NELLA VOLONTA’ DEL PADRE ATTENDIAMO IL COMPIMENTO DELLA BEATA SPERANZA

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Il Vangelo è una Buona Notizia, l’unica che salva, quella che ogni uomo, di ogni tempi e latitudine, attende nel segreto del suo cuore. La Chiesa esiste per annunciare al mondo il Vangelo. Pietro è chiamato a seguire il Signore sulla via della Croce, vertice di comunione che conferma nella fede la Chiesa intera. Essa è unita a Pietro come a Cristo, segno visibile qui sulla terra della vittoria definitiva del Signore sul peccato e sulla morte. Pietro guida la Chiesa nella fedeltà alla sua vocazione, la conferma attraverso le generazioni, nel compimento del Mistero Pasquale. Per questo l’essenza della Chiesa è la testimonianza, il martirio che fa presente nel mondo la verità e la veridicità della salvezza. Non può esistere Chiesa senza martirio. Pietro ne è la garanzia, pur nella debolezza e nella assoluta precarietà. Giovanni è la figura complementare, immagine della comunità che vive protesa nell’attesa del ritorno del Signore.

Giovanni è il grido inesausto della Chiesa, il Maranathà che risuona in ogni eucarestia celebrata in ogni angolo della terra. Nel brano evangelico di oggi, quello che chiude e sintetizza tutto il messaggio del IV Vangelo, appare l’immagine della Chiesa, così come l’ha pensata e voluta il Signore. Essa vive nella perenne tensione di un compimento che si manifesta già nella storia attraverso il martirio, la fedele testimonianza della fede, ma che ancora non si è realizzato in pienezza. Nella domanda che Pietro rivolge a Gesù possiamo riscontrare l’interrogativo più profondo che alberga nel nostro cuore. Perchè tanta sofferenza, perchè tante difficoltà, perchè questo cammino che ogni giorno s’imporpora di sangue. Anche noi guardiamo indietro, e vorremmo che anche Giovanni fosse con noi, che il grido che egli rappresenta, l’attesa di cui egli è segno, sia già compiuta, che non vi sia bisogno che scorrano altri giorni nella precarietà. Il Vangelo di oggi, con un altro linguaggio, esprime quanto i discepoli chiedevano a Gesù pochi istanti prima della sua ascensione al Cielo: “E’ questo il tempo in cui ricostruirai il Regno di Israele?”. E’ questo il tempo del compimento di ogni promessa?. E’ il desiderio indomito di poter riposare, di fermarsi in un porto sicuro, le braccia della Maddalena protese a stringere, a bloccare, a fermare Gesù risorto. E’ il nostro desiderio.

Ma il Signore oggi ci chiama a conversione, a ricordare le sue parole, la promessa dello Spirito Santo, il Consolatore, l’Avvocato che ci accompagnerà nel difficile cammino della storia, in mezzo alle persecuzioni, ai tradimenti, fin sulla croce, il luogo preparato per noi, l’altare dove la Sapienza divina ha pensato che il Figlio possa manifestarsi ancora al mondo, perchè il mondo si salvi. Il Signore oggi ci invita a non fuggire dalla tensione nella quale siamo posti, il crogiuolo che purifica la fede della sua Chiesa, perchè ogni uomo possa accertarsi della fondatezza e della veridicità dei fatti e delle parole che fondano la nostra speranza. La vita della Chiesa è tutta dentro la tensione del compimento definitivo dell’opera della salvezza. La Chiesa è ad un tempo Pietro che segue Gesù sulla via del martirio e Giovanni che prega, che supplica, che vive nell’attesa del suo ritorno. Pietro è la Chiesa Crocifissa, Giovanni è la Chiesa che non muore, che attraversa i secoli stretta alla speranza che non delude. Pietro è la testa che guida, Giovanni è il popolo che, nell’amore, vive ogni giorno la fede che spera il Cielo. Pietro sparge il sangue, Giovanni è la vittoria dello stesso amore che spinge Pietro dove la sua carne non vorrebbe. Tutto questo è la Chiesa, tutto questo è la nostra comunità, tutto questo è la nostra vita in Cristo. Comprendiamo allora l’urgenza quotidiana dello Spirito Santo, lo Spirito che testimonia al nostro spirito che siamo figli di Dio, coeredi di Cristo; lo Spirito che sigilla in noi la fedeltà di Dio. Lo Spirito che ci conduce nelle vie della precarietà attraverso la pazienza che ci apre gli occhi della fede e ci mostra come un meraviglioso piano d’amore di Dio quello che alla carne sembra solo confusione, paura, incompiutezza. Lo Spirito Santo che fa di Pietro e Giovanni due aspetti dell’unica Chiesa, lo stesso Spirito che, per così dire, riunisce in noi la sequela di Pietro e la speranza di Giovanni.

Lo Spirito che ci dona la pazienza di Dio, modellando in noi il cuore di Dio. Nell’Omelia alla messa di inizio pontificato il Papa Benedetto XVI esprimeva bene quanto abbiamo detto: “…Proprio così Egli si rivela come il vero pastore: “Io sono il buon pastore… Io offro la mia vita per le pecore”, dice Gesù di se stesso (Gv 10, 14s). Non è il potere che redime, ma l’amore! Questo è il segno di Dio: Egli stesso è amore. Quante volte noi desidereremmo che Dio si mostrasse più forte. Che Egli colpisse duramente, sconfiggesse il male e creasse un mondo migliore. Tutte le ideologie del potere si giustificano così, giustificano la distruzione di ciò che si opporrebbe al progresso e alla liberazione dell’umanità. Noi soffriamo per la pazienza di Dio. E nondimeno abbiamo tutti bisogno della sua pazienza. Il Dio, che è divenuto agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori. Il mondo è redento dalla pazienza di Dio e distrutto dall’impazienza degli uomini”. In Gesù Pietro e Giovanni trovano l’unità nella complementarietà: non esiste un pastore senza la pazienza colma di speranza di Giovanni; non esiste la pazienza senza il martirio di Pietro. E’ questo il compimento terreno della missione della Chiesa, della nostra missione: la pazienza piena di speranza del Pastore che è divenuto Agnello. E l’agnello è Gesù Cristo vivo nella Chiesa suo corpo in ogni generazione. Gesù Cristo vivo in noi ogni giorno nello Spirito Santo. Accostiamoci allora alla Pentecoste con il desiderio ardente dello Spirito Santo, nella preghiera inesausta perché Dio lo doni alla sua Chiesa, lo faccia scendere, copioso, su ciascuno di noi, perché metta ordine nella nostra vita, perché ci faccia, secondo la sua volontà, agnelli come Pietro, pieni di speranza nell’attesa come Giovanni. Perché lo Spirito Santo ci faccia cristiani, di Cristo; anzi, di più, che lo Spirito Santo faccia di ciascuno di noi Cristo stesso in questa generazione.


AUTORE: don Antonello Iapicca
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