don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 13 Giugno 2020

RINATI IN CRISTO CON L’AUTENTICITA’ DELLA NOSTRA VITA TESTIMONIAMO L’AMORE DI DIO PER OGNI UOMO

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Abbiamo una certezza: l’amore di Dio. E’ questo il “giuramento” che tiene tutta la nostra vita. La semplicità di chi si sente amato traspare dal suo linguaggio. L’ordine di una vita fondata nell’amore infinito di Dio splende in un parlare sobrio, secondo le ammonizioni dei libri sapienziali. ” sì, sì; no, no;” senza compromessi. Questi sono sempre dal maligno, il di più che appesantisce e smarrisce le nostre vite. Il cercare sempre di rimettere a posto i cocci, di piegare la storia e le persone con la forza delle parole e dei propri ragionamenti. Non così il Figlio di Dio. In Lui dice San Paolo, vi è stato il sì senza tentennamenti alla volontà del Padre. Da questo sì, che è certezza granitica, scaturiscono i sì dei suoi fratelli, di chi vive dello stesso Spirito. Il sì alla storia che Dio prepara ogni giorno, il no a chi e a quanto vorrebbe opporvisi, parole di fuoco e semplicità come quelle di San Francesco: “Era, la sua parola, come un fuoco ardente, che penetrava l’intimo del cuore e ricolmava d’ammirazione le menti; non sfoggiava l’eleganza della retorica, ma aveva il profumo e l’afflato della rivelazione divina (Leg. Mag. XII, 7). 

Il sì di parole che rifuggono ipocrisia e adulazione per annunciare sempre e ovunque la Verità dell’amore di Dio che risplende nel Vangelo. Il no a parole che banalizzino le cose sante, la persona e la vita di Cristo, nel fiume di ironia e superficialità che esonda ovunque: “Gesù insegna che ogni giuramento implica un riferimento a Dio e che la presenza di Dio e della sua verità deve essere onorata in ogni parola. La discrezione del ricorso a Dio nel parlare procede di pari passo con l’attenzione rispettosa per la sua presenza, testimoniata o schernita, in ogni nostra affermazione” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2153) Questo significa parlare con amore e rispetto di ogni persona e con ogni persona, nella consapevolezza di avere davanti Cristo, che significa Dio. Accostarsi a chiunque come ci si avvicina al Tabernacolo, con timore, tremore e venerazione. In ciascuno è all’opera Cristo, dell’altro è molto più quello che non sappiamo e non intuiamo di quello che vediamo e crediamo di capire.

Il sì all’amore vero e adulto, e il no all’adulazione offerta a buon mercato per un po’ d’affetto e considerazione in saldo: “la mitezza che Gesù vuole da noi non ha niente, non ha niente di questa adulazione, con questo modo zuccherato di andare avanti. Niente! La mitezza è semplice; è come quella di un bambino. E un bambino non è ipocrita, perché non è corrotto. Quando Gesù ci dice: ‘Il vostro parlare sia ‘Sì, sì! No, no!’ con anima di bambini, dice il contrario del parlare di questi” (Papa Francesco, Omelia in Santa Marta, 4 giugno 2013). Per questo, chi è di Cristo non ha bisogno e non può giurare, perché la sua vita è già legata, per l’eternità, in un’alleanza d’amore. A “Gerusalemme”, sulla Croce, “trono” che giunge al “Cielo” e “sgabello” ben radicato sulla “terra”, Gesù ha già giurato al Padre per tutti noi amore infinito ed eterno. Non si torna indietro, pena l’infelicità eterna; il Signore ci ha crocifissi con Lui negli eventi della nostra storia, facendo di essa una primizia della nuova “Gerusalemme”, cittadini della “città del gran Re” che ha dato la sua vita per noi. Non si può scherzare su queste cose, usandole perversamente per i nostri interessi.

Il “religiosamente corretto” che, nel nome di Dio e della sua Parola, scolora l’amore riducendolo a una caricatura pia, un biscotto avvelenato dolce al palato, mortale per il cuore. La menzogna mondana riverniciata di cristianesimo, perché il cristianesimo non faccia brutta figura nei salotti. Tutto questo è offrire la propria “testa” e ogni suo “capello” all’ingiustizia e alla corruzione dell’uomo vecchio, che cerca sempre e solo il proprio interesse; usare di Dio e del suo Nome per affermare se stessi, sperando dal mondo quello che solo Lui può darci: “Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti”, che è come dire: stringiti a Cristo, perché senza di Lui non puoi fare assolutamente nulla, non illuderti; anche se vai dal parrucchieri a tingerti i capelli e, allo stesso modo, speri dai parrucchieri dell’anima il colore dell’amore per coprire l’egoismo dell’uomo vecchio, sappi che “non hai alcun potere” per cambiare l’aspetto del tuo pensare, parlare e agire, perché l’agire segue sempre l’essere, e se questo non è rinnovato da Cristo, a nulla valgono mille parrucchieri…

Adempiamo dunque i giuramenti della nostra anima, i desideri profondi di santità e pace, amore e giustizia, consegnando noi stessi a Lui senza riserve, senza nascondere e fingere quel che non siamo, nella mitezza e sincerità di chi sa a chi dare fiducia, come un bimbo con il suo papà: “Pensiamo bene oggi: qual è la nostra lingua? Parliamo in verità, con amore, o parliamo un po’ con quel linguaggio sociale di essere educati, anche di dire cose belle, ma che non sentiamo? Che il nostro parlare sia evangelico, fratelli! Poi, questi ipocriti che cominciano con la lusinga, l’adulazione e tutto questo, finiscono, cercando falsi testimoni per accusare chi avevano lusingato. Chiediamo oggi al Signore che il nostro parlare sia il parlare dei semplici, parlare da bambino, parlare da figli di Dio, parlare in verità dall’amore” (Papa Francesco, Omelia a Santa Marta, 4 giugno 2013). 

Abbandoniamoci allora anche oggi alla fedeltà di Dio, disinneschiamo tutte le armi con le quali vorremmo giurare e spergiurare a noi stessi e al mondo la bontà delle nostre scelte, delle nostre parole, dei nostri progetti. Lasciamo che sia Gesù Buon Pastore a condurre la nostra vita, portati dalle sue spalle dove possiamo riposare nel suo sì a ciascuno, così come è. E reclinare il capo su di Lui e guardare ogni cosa dalla sua stessa prospettiva, dalla Croce dove la sua obbedienza fa di ogni nostro no orgoglioso  un sì autentico a Lui.


AUTORE: don Antonello Iapicca
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