Vangelo del giorno – 4 settembre 2017 – don Antonello Iapicca

GESU’ E’ IL PROFETA CHE FA DI OGNI “OGGI” IL COMPIMENTO DELLA VOLONTA’ DI AMORE DEL PADRE

Anche oggi, in questo lunedì che segna per molti il ritorno al lavoro dopo le vacanze estive, “secondo il suo solito” Gesù si reca alla sinagoga – immagine della tua vita – come duemila anni fa a Nazaret; ma, come fu quel giorno, oggi è diverso dal solito.

Vi è un momento, infatti, in cui la stessa routine accoglie una novità imprevista che la trasforma in uno scrigno colmo di Grazie inaspettate. Perché l’istante nel quale risuona l’annuncio del Vangelo trasforma quel giorno nel Sabato delle nozze, giorno di festa e felicità. Che meraviglia, mentre il mondo sfila triste verso i posti di lavoro quasi fosse deportato in un campo di sterminio, per noi oggi è il giorno più bello che ci sia, l'”oggi” che inaugura “l’anno di Grazia del Signore”, il Giubileo nel quale sperimentare il compimento dell’amore del Padre che Gesù depone nelle nostre ore. Allora, tornare al lavoro non è una condanna a morte… Come non lo è il ritmo trafelato dei nostri giorni.

Fatica certo, e debolezze e peccati, che però non sono che la buccia del frutto delizioso che è quest’oggi nel quale il Signore viene a dare compimento al nostro desiderio di essere amati e di amare. Oggi, infatti, con il suo annuncio, ci prende così come siamo, “poveri, ciechi, prigionieri e oppressi” per liberarci e farci cittadini del Cielo. Viene attraverso la Chiesa, con la Parola e i sacramenti, per farci suoi “compatrioti”. La vera Patria di Gesù, infatti, non è la Nazaret geografica e i “suoi” non sono quelli che vi sono nati: loro lo hanno rifiutato, come accade a noi quando ascoltiamo le menzogne con cui il demonio ci convince che nessun medico può guarirci.

La Patria di Gesù è la Croce dischiusa sulla resurrezione, e i suoi compatrioti sono i peccatori che accolgono il suo amore. Per loro si è fatto peccato, con loro ha condiviso il destino di morte per trasformarlo in pienezza di vita. E’ il mistero celato in Gesù di Nazaret, il Messia sofferente, il Servo di Yahwè che ci visita nella carne di chi ci è accanto, negli eventi tristi e difficili che ci attendono. Ecco perché due pagani, la vedova di Zarepta e Naaman il Siro, hanno riconosciuto e accolto Dio nei suoi profeti; l’indigenza e l’umiliazione, infatti, ne avevano purificato il cuore. Fratelli, oggi potrà vedere e accogliere il Signore che si fa carne nella storia solo chi ha gli occhi purificati nel crogiuolo dell’umiliazione.

Coraggio allora, perché proprio per il nostro cuore “vedovo e lebbroso” a causa dei peccati è preparato quest’oggi nel quale distogliere lo sguardo da noi stessi per ascoltare Gesù e fissare gli occhi su di Lui che ci accoglie nella sua intimità, un frammento di Paradiso da vivere in ogni oggi che ci è dato sulla terra.

don Antonello Iapicca

LEGGI IL BRANO DEL VANGELO

Dal Vangelo secondo Luca 4,16-30

In quel tempo, Gesù si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. 
Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: 
Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, 
e predicare un anno di grazia del Signore. 
Poi arrotolò il volume, lo consegnò all’inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. 
Allora cominciò a dire: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi». 
Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è il figlio di Giuseppe?». 
Ma egli rispose: «Di certo voi mi citerete il proverbio: Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fàllo anche qui, nella tua patria!». 
Poi aggiunse: «Nessun profeta è bene accetto in patria. Vi dico anche: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro». 
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. 
Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò. 

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