CHIEDERE NEL NOME DI CRISTO LA GIOIA PIENA DELL’AMORE
La nostra vita รจ inquinata da un pensiero malvagio. Spesso non chiediamo per paura di non essere esauditi; preferiamo non desiderare per non essere delusi. Soffochiamo i desideri pensando che sia l’atteggiamento piรน idoneo ad un cristiano di fede certa. Ma non รจ cosรฌ. Questo atteggiamento denuncia al contrario una sfiducia di fondo, il veleno dell’incredulitร . Non si tratta di abbandono e confidenza, piuttosto di un cinismo mascherato: per non soffrire e “dover” poi dubitare apertamente rimettendo in gioco quanto “faticosamente” acquisito, preferiamo rinchiuderci in un grigio fatalismo che presentiamo come fede. Ma l’insoddisfazione e la stanchezza di animo che traspaiono dalle parole e dagli atteggiamenti ci tradiscono. Le mormorazioni, i giudizi, l’invidia e la gelosia sono altrettanti sintomi di questa infezione dell’anima.ย Non azzardiamo, non osiamo. Siamo persuasi che, anche se sperimentiamo delle Grazie, vi sia comunque da soffrire, da pagare pegno. Ci siamo assuefatti ad un’idea del cristianesimo come di qualcosa di fondamentalmente grigio, che ci accompagna tra le vicende difficili della vita, che ci aiuta a rassegnarci, ad aspettarci comunque il peggio, e a conviverci. La storia che viviamo, segnata dalle disillusioni e dalla sofferenza, รจ sรฌ opera della misteriosa volontร di Dio, ma questa non prevede, oggi, ora, e domani, una gioia piena. Guardiamo alla insoddisfazione come un ineluttabile stato della vita del cristiano, e viviamo nella certezza che dietro l’angolo si nasconda sempre un’insidia.ย Guardiamo alla nostra vita come ad un oggetto uscito difettoso dalla fabbrica: cosรฌ del lavoro, dell’amicizia, del fidanzamento e del matrimonio, delle vacanze. E’ grave, รจ un pensar male di Dio, creatore sรฌ, geniale sรฌ, ma, nella migliore delle ipotesi, sbadato, comunque non attento ai dettagli, al punto di non accorgersi dei difetti di quanto prodotto.ย E come si puรฒ consegnare davvero la vita a qualcuno di cui non si ha piena fiducia? Come vivere abbandonati alla volontร di chi, comunque la si metta, non prevede la gioia, il compimento dei desideri, delle speranze?ย E cosรฌ cerchiamo alternative, per ogni situazione prepariamo una “exit strategy”, come i contratti pre-matrimoniali stipulati in vista di un eventuale divorzio; progettiamo il futuro seguendo criteri carnali e mondani, che prevedano comunque, in caso di fallimento, la possibilitร di acciuffare qualche scampolo di felicitร e divertimento. E scivoliamo, forse senza rendercene conto, in unย carpe diemย che ci faccia arraffare subito, ora, quanto piรน possibile, perchรฉ domani chissร … Abbiamo perduto lo sguardo sull’orizzonte piรน vasto del progetto di Dio sulla nostra vita. Le preghiere che riteniamo non essere state esaudite, i tradimenti patiti, miscelati con la carne e le sue concupiscenze, plasmano in noi l’egoismo che ci chiude in noi stessi, anche quando ci illudiamo di fare qualcosa per gli altri.ย Questo atteggiamento di fondo che caratterizza il rapporto con Dio si trasferisce infatti, conseguentemente, nel rapporto con il prossimo. La sfiducia di fondo impedisce quell’apertura e quella libertร attraverso le quali si realizza un amore autentico. Non amiamo, nรฉ Dio, nรฉ gli uomini. Stringiamo amicizie, ci innamoriamo, ci sposiamo, ma restiamo comunque in una trincea dalla quale difendiamo quel territorio piรน intimo di noi stessi perchรฉ il dolore non vi entri. Preferiamo la solitudine e il nirvana del sentimento pur di tenere lontana la possibilitร di essere delusi e soffrire. Probabilmente non ci rendiamo conto di tutto ciรฒ, e ci illudiamo di credere, di non dubitare, di sforzarci sul cammino della fede. Ma le parole del Vangelo di oggi giungono ad illuminarci: “finora non avete chiesto nulla nel mio nome”. La chiave รจ in questa frase di Gesรน. Abbiamo pregato, implorato, digiunato, sperato. E pensiamo di non aver ottenuto, o al massimo ottenuto solo parzialmente, con quel retrogusto amaro che รจ comeย una tassa sulla felicitร , che ci impedisce la pienezza della gioia. E ci siamo chiusi, e siamo scappati, e abbiamo risolto di prenderci comunque, tanto per non sbagliare, delle “soddisfazioni”, laddove si fosse presentata l’occasione. Nella sessualitร , con il denaro, nel rapporto con i colleghi di lavoro. Meglio l’uovo oggi che la gallina domani…
Abbiamo pregato, ma non abbiamo chiesto nullaย nel suo nome.ย Abbiamo chiesto nel nostro nome, credendo che fosse il suo. Senza malizia, almeno al principio. Cosรฌ, dall’esperienza della preghiera, dalle delusioni patite e dai pensieri e dagli atteggiamenti che ne sono scaturiti, ci rendiamo conto cheย non conosciamo il Signore. Che non siamo ancora entrati in quell’ora, inย quel giornoย nel quale Gesรน ci possaย parlare apertamenteย del Padre; non lo amiamo e non crediamo che sia il Figlio di Dio, il Kiryos: non lo abbiamoย vistoย risuscitato. Per noi Gesรน รจ solo un uomo, fantastico e migliore di ogni altro, ma non รจ Dio, non รจ amore infinito, non ha vinto il peccato e la morte: lo conosciamo secondo la carne, e la carne e il sangue non possono ereditare il Regno dei Cieli, non possono vivere la storia come un anticipo di Cielo, perchรฉ questo resta ancora chiuso e lontano, come qualcosa che, forse, ci riguarderร dopo la morte, ma che non ha nulla a che vedere con la nostra storia di oggi. Sbattiamo sempre sulla stessa parete che ci separa dalla libertร , dal Regno, dalla vita eterna.ย Chiedere nel proprio nome significa porre i propri criteri come l’assoluto, quasi che in se stessi abbiano il potere, ovvero il diritto, di realizzare e compiere i desideri e i progetti, escludendo a priori altre possibilitร per la nostra vita; significa essere schiavi di un idolo.ย Pregare nel proprio nome รจ come guardarsi in uno specchio e chiedere a se stessi. Atteggiamento stolto e insipiente. Come recita il Salmo 92: “Quanto sono grandi le tue opere Signore, quanto profondi i tuoi pensieri! L’uomo insipiente non comprende, e lo stolto non capisce”. L’insipienteย รจ colui che si lascia condurre dagli istinti animali, l’essere brutale, secondo il significato della parola ebraica del testo originale; รจ incapace di “conoscere”: il verbo ebraico รจย jada’, il verbo dell’esperienza integrale, che in greco sarร tradotto conย oida, vedere e conoscere in pienezza, quasi nell’appartenenza all’oggetto visto e conosciuto. Loย stolto,ย kesilย in ebraico, riconduce allo stesso significato, all’incapacitร di leggere, nella storia, l’opera di Dio. Ma vi รจ anche un’altra parola per definire lo stolto:ย nabal, un uomo irragionevole, che nega l’esistenza e la potenza di Dio, e per questo รจ colui al quale non si puรฒ dire nulla. Chi non ha visto Cristo risorto e non ha sperimentato il suo potere non puรฒ che vivere stoltamente, soprattutto se ha verniciato la sua esistenza di cristianesimo e di pratiche religiose.ย Per questo oggi il Signore ci invita ad uscire da noi stessi,ย a pregare nel suo nome. Ci chiama ad un esodo dall’Egitto – dalla schiavitรน angosciante di chi vive obbligato ad innalzare piramidi al proprio ego, gli sforzi per realizzare i propri progetti e la frustrazione di vederli frantumarsi – alla Terra Promessa della libertร e della gratuitร .ย Uscire dal proprio nome per entrare nel nome di Cristo. I costruttori della torre di Babele dicevano tra loro:ย โTutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole.ย Emigrando dall’oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese diย Sennaar e vi si stabilirono.Venite, costruiamoci una cittร e una torre, la cui cima tocchi il cielo eย facciamoci un nomeย per non disperderci su tutta la faccia della terra.ย Ma ilย Signore sceseย a vedereย la cittร e la torre che gli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola;ย questo รจ l’inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare nonย sarร loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perchรฉย non comprendano piรน l’uno la lingua dell’altro. Il Signore li disperse di lร ย su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la cittร . Per questo la si chiamรฒย Babele, perchรฉ lร il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di lร ย il Signore li disperse su tutta la terra.โ (Gen 11,1-9).ย Emigrando dall’oriente, ovvero divenendo stolti e insipienti, senza piรน orientamento. E’ la condizione di chi confida solo in se stesso e nelle sue parole, sarร suo pastore la morte.ย Chi non ha un punto fisso dove guardare, la stella polare, non puรฒ orientarsi nella notte della vita. Non puรฒย con-siderare, ovvero stare-con-le stelle. E’ questa l’origine della parola, (siderare, da sidus, siderare = costellazione di stelle); anticamente significava osservare gli astri nella ricerca di dei segni del destino. Fissare la stella polare per orientarsi, la stellaย che ha guidato i Magi sino alla grotta di Betlemme, alla manifestazione di Dio in quel Bambino di pochi giorni. La stella che conduce a riconoscere la volontร diย Dio, la sua opera di amore nella povertร e piccolezza della nostra storia. Diceva Benedetto XVI in un’omelia per l’Epifania: “Le antiche profezie trovano riscontro nel linguaggio degli astri. โUna stella spunta da Giacobbe / e uno scettro sorge da Israeleโ (Nm24,17), aveva annunciato il veggente pagano Balaam… Cromazio di Aquileia, nel suo Commento al Vangelo di Matteo, mettendo in relazione Balaam con i Magi, scrive: โQuegli profetizzรฒ che Cristo sarebbe venuto; costoro lo scorsero con gli occhi della fede.ย La stella era scorta da tutti, ma non tutti ne compresero il senso. Allo stesso modo il Signore e Salvatore nostro รจ nato per tutti, ma non tutti lo hanno accoltoโย … Vi รจ unย grande affresco molto importante per capire il senso dellโEpifania: quello dellaย torre diย Babele…ย La conseguenza di questa colpa di orgoglio, analoga a quella di Adamo ed Eva, fu la confusione delle lingue e la dispersione dellโumanitร su tutta la terra. Questo significa โBabeleโ, e fu una sorta di maledizione, simile alla cacciata dal paradiso terrestre…ย Lโarrivo dei Magi dallโOriente a Betlemme, per adorare il neonato Messia, รจ il segno della manifestazione del Re universale ai popoli e a tutti gli uomini che cercano la veritร . Eโ lโinizio diย un movimento opposto a quello di Babele:ย dalla confusione alla comprensione, dalla dispersione alla riconciliazione… Lโamore fedele e tenace di Dio, che mai viene meno alla sua alleanza di generazione in generazione. Eโ il โmisteroโ di cui parla san Paolo nelle sue Lettere…ย Questo โmisteroโ della fedeltร di Dio costituisce la speranza della storia.” (Benedetto XVI,ย Omelia nell’Epifania, 6 gennaio 2008).ย
Questo movimento opposto a quello di Babele costituisce il senso piรน profondo delle parole di Gesรน del vangelo di oggi: uscire dal proprio nome, smettere di fondare la propria vita su se stessi, e mettersi in cammino, come Abramo, uscendo dalla cittร nella quale sedersi, installarsi e difendersi da Dio e dagli altri, per entrare nella precarietร nomade, la libertร di chi si appoggia solo alla volontร di Dio. Fissare con gli occhi del cuore la stella sorta ad Oriente, la stessa che hanno seguito i Magi, per cominciare a de-siderare, lasciare (de)-di-considerare per seguire la stella, per muoversi e dirigersi verso l’oggetto da essa indicato. Dopo aver fissato la stella, la volontร di Dio preparata per noi, si puรฒ cominciare a desiderarla. Fissare Cristo, uscire dal proprio nome ed entrare nel suo nome, desiderare quello che desidera Lui, รจ questo il cammino pasquale cui ci chiama il Signore. E’ il cammino opposto a quello della nostra Babele, dove costruiamo destini credendo di scalare il Cielo perchรจ poi Dio benedica la nostra confusione, le troppe lingue che parla il nostro cuore, le pulsioni istintive che reclamano gioie a buon mercato. Per questo, allo stesso modo che Dio scese a vedere la cittร e la torre, Cristo risorto e asceso al Padre, scende oggi dal Cielo a vedere in che pasticci ci siamo cacciati, e con la luce della sua Pasqua e il dono del suo Spirito disperde ogni nostro pensiero malvagio. Viene oggi il Signore a cercarci, per attirarci nel suo Nome, nella sua intimitร , nella sua stessa vita. Viene per donarci il suo stesso pensiero, i suoi stessi sentimenti, i suoi criteri, il suo amore, per parlarci apertamente e confidarci i suoi segreti, per consegnarci tutto di Lui, tutto di suo Padre. Viene per liberarci da vanagloria e rivalitร , viene per effondere in noi il suo Spirito perchรจ possiamo dimorare in Lui. In Lui possiamo chiedere qualunque cosa, desiderare ardentemente e arditamente, e la vita si trasforma in un’avventura affascinante, perchรจ con Lui possiamo scavalcare ogni muro, perchรจ tutto possiamo in Colui che ci dร forza. In Lui desideriamo quello che desidera lo Spirito Santo, i suoi frutti che ci saranno elargiti istante dopo istante: “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontร , fedeltร , mitezza, dominio di sรฉ” (Gal. 5, 22). Cosรฌ i nostri desideri coincideranno con la stessa volontร di Dio, e saremo liberi, senza difendere nulla, perchรจ Egli poti, con amore, i rami secchi dei nostri desideri carnali, estemporanei e dannosi per la nostra anima. Con Luiย uscire dalla stoltezza e dall’insipienza per accogliere la Sapienza dello Spirito Santo, e vivere nel santo timore di Dio, l’umile e fiducioso abbandono alla volontร del Padre, fonte della vera gioia. La Sapienza dello Spirito Santo che sostiene la speranza perchรจ non sia delusa, la piccola speranza conย la sua gioia fresca eย innocenteย di cui scrive Peguy, la tela che intesse i nostri giorni riconducendoli dalla dispersione all’origine di ogni evento: l’amore piรน forte della morte.ย “Il nomeย crea la possibilitร dell’invocazione, della chiamata. Stabilisce una relazione. Se Adamo dร unย nomeย agli animali, ciรฒ non significa che egli esprima la loro natura, ma che li integra nel suo mondo umano, li mette nella condizione di poter essere chiamati da lui. Da lรฌ capiamo ora che cosa, positivamente, siaย inteso colย nomeย di Dio: Dio stabilisce una relazione tra sรฉ e noi. Si rende invocabile. Egli entra in rapporto con noi e ci dร la possibilitร di stare in rapporto con Lui.” (J. Ratzinger – Benedetto XVI,ย Gesรน di Nazaret, Volume I). Chiedere nel nome di Gesรน significa entrare in relazione con Lui, che ci “ha fatto conoscere il nome” di suo Padre: “Ciรฒ che ebbe inizio presso il roveto ardente nel deserto del Sinai si compie presso il roveto ardente della croce. Dio ora รจ davvero divenuto accessibile nel suo Figlio fatto uomo. Egli fa parte del nostro mondo, si รจ consegnato, per cosรฌ dire, nelle nostre mani.” (J. Ratzinger – Benedetto XVI,ย Ibid.).ย Nel nome di Gesรน amiamo Dio, ne abbiamo l’esperienza viva e reale, perchรจ vediamo e conosciamo la vittoria sul peccato e sulla morte. Il nome di Gesรน ci svela il nome del Padre: Abbร , Papร . Cosรฌ si apre di nuovo dinanzi a noi l’oriente, l’orizzonte infinito nel quale รจ deposta la nostra vita. Come nel Getsemani possiamo uscire dalla nostra volontร per approdare nella volontร di Dio, nella quale tutto ci viene donato, la gioia piena e autentica cui aneliamo. Il suo Nome trasfigura, giorno dopo giorno, la nostra carne per renderla gloriosa e celeste: “Non conformatevi alla mentalitร di questo secolo, ma trasformateviย rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontร di Dio, ciรฒ che รจย buono, a lui gradito e perfetto.” (Rom 12,2). Una vita trasfigurata di Cielo,ย colma della gioia piena di chi ha conosciuto il suo amore, che sa per esperienza che tutto concorre al bene di chi ama Dio, che ogni istante della nostra vita รจ un tizzone ardente di santitร , perchรจ la “vita eterna non significa la vita che viene dopo la morte, mentre la vita attuale รจ appunto passeggera e non una vita eterna. “Vita eterna” significa la vita stessa, la vita vera, che puรฒ essere vissuta anche nel tempo e che poi non viene piรน contestata dalla morte fisica. ร ciรฒ che interessa: abbracciare giร fin dโora la “vita”, la vita vera, che non puรฒ piรน essere distrutta da niente e da nessuno.ยปย (J. Ratzinger – Benedetto XVI,ย Gesรน di Nazaret, Volume II).
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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
Dal Vangelo secondo Giovanni 16,23b-28
In quel tempo, disse Gesรน ai suoi discepoli: ยซIn veritร , in veritร io vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darร . Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perchรฉ la vostra gioia sia piena.
Queste cose ve le ho dette in modo velato, ma viene lโora in cui non vi parlerรฒ piรน in modo velato e apertamente vi parlerรฒ del Padre. In quel giorno chiederete nel mio nome e non vi dico che pregherรฒ il Padre per voi: il Padre stesso infatti vi ama, perchรฉ voi avete amato me e avete creduto che io sono uscito da Dio.
Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padreยป.
