Trinità di Lorenzo Lotto – La Bellezza rivelata

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Questa volta approfondiremo il tema della Trinità attraverso un dipinto su questo tema del pittore Lorenzo Lotto. Quest’opera fu realizzata per la confraternita dei disciplinati bianchi della Ss.ma Trinità a Bergamo tra il 1523 e il 1524. Il professor Papa ci accompagna dapprima indagando sulla rappresentazione di Dio Padre per poi condurci a comprendere quest’opera.
Il professore ci mostra sapientemente come il dipinto di Lorenzo Lotto si differenzi dagli altri, ad esempio anche dalla più nota Trinità di Masaccio nella basilica di Santa Maria Novella a Firenze, per mostrarci qualcosa. Lotto vuole raccontarci quale sia la via per raggiungere il Padre e lo fa inserendo un’apparente anomalia iconografica: la prima persona della Trinità non è rappresentata più come “un anziano di giorni” (Dn 7,9), ma come un’ombra. Questo avviene per sottolineare quanto Gesù annuncia a Filippo “chi vede me vede il Padre” (Gv 14, 9). Tutto concorre al significato dell’opera per chi sa leggere le immagini, anche una fattoria nel paesaggio dipinto.
Gli anni bergamaschi di Lorenzo Lotto (1512-1525) sono certamente quelli di una maturità feconda, anni nei quali si era ormai costruito una “finissima cultura testuale e ipertestuale, un’impressionante strumentazione di retorica figurativa” (Gentili, 1998), ovvero un repertorio e una capacità di comunicarlo attraverso un linguaggio vicino alle persone, capace di emozionare. Questo pittore capace di grande teologia nelle immagini rimane tuttavia “con i piedi per terra” diremmo oggi. L’ampia documentazione su di lui ce lo racconta: probabilmente la sua cultura teologica gli era stata trasmessa oralmente e le sue letture erano quelle di carattere divulgativo (Prosperi 1999), ma il continuo confronto orale con la committenza colta e la perseveranza nella fede fino all’oblazione nella Santa Casa di Loreto (1554), dove rimase sino alla morte pochi anno dopo, furono sufficienti.
Di lui Vasari scrisse nell’edizione giuntina delle Vite: “come era vivuto costumatamente e buon cristiano, così morì, rendendo l’anima al Signore Dio. I quali ultimi anni della sua vita provò egli felicissimi e pieni di tranquillità d’animo, e che è più, gli fecero, per quello che si crede, far acquisto dei beni di vita eterna: il che non gli sarebbe forse avenuto se fusse stato nel fine della sua vita oltre modo inviluppato nelle cose del mondo, le quali, come troppo gravi a chi pone in loro il suo fine, non lasciano mai levar la mente ai veri beni dell’altra vita et alla somma beatitudine e felicità”.

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