Dio non chiede il permesso ai nostri progetti.
Entra. Li attraversa. Li sconvolge. E li porta più lontano di quanto avremmo osato immaginare.
Maria aveva un piano semplice, umano, pulito: una vita ordinaria, un futuro prevedibile. L’angelo non le porta una consolazione, ma una interruzione. Dio non si inserisce come un dettaglio in più: si mette al centro e cambia il senso di tutto. Non distrugge il progetto di Maria, lo trasfigura. Quello che sembrava perdere controllo diventa fecondità; ciò che appariva rischio diventa salvezza.
E Maria fa ciò che spesso noi evitiamo: non scappa dalla paura. Dice: “Come è possibile?”. Non è dubbio, è verità detta a Dio. E Dio non la rimprovera. Al contrario, la rassicura con dei segni concreti.
Le indica Elisabetta. Una donna sterile che ora è incinta. Come a dire: guarda cosa so fare quando tutti hanno smesso di sperare. Dio non pretende una fede cieca; accompagna la fede con tracce della sua potenza, con prove silenziose che parlano al cuore.
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Anche a noi Dio mostra “Elisabette”: persone, eventi, coincidenze, rinascite inattese. Segni che non risolvono tutto, ma calmano il cuore abbastanza da poter dire sì.
Il problema non è che Dio entri nei nostri progetti.
Il problema è quando i nostri progetti non lasciano più spazio a Dio.
L’Annunciazione ci provoca così:
sei disposto a lasciare che Dio renda il tuo piano più grande di te?
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Accetti che la sua volontà non ti tolga nulla, ma ti consegni a una pienezza che da solo non avresti mai osato?
Perché quando Dio entra nella vita, non ruba futuro.
Lo genera.
A cura di Sr Palmarita Guida della Fraternità Vincenziana Tiberiade
