PREGARE LA PAROLA – Introduzione alla lectio divina ENZO BIANCHI

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  1. Lettera di fr. Enzo, priore di Bose, al fratello Giovanni

Carissimo Giovanni,

Almeno ogni domenica, o anche ogni giorno nel corso della liturgia che tu celebri con i tuoi fratelli e le tue sorelle nella chiesa locale o nella tua comunità, tu ascolti la lettura delle Scritture e poi ricevi anche il dono dell’omelia quale spiegazione e attualizzazione dei testi a te offerti. Così tu sei posto dinanzi alla Parola vivente ed efficace di Dio che risuona in te, davanti alla presenza del Signore stesso, davanti al Cristo che quale seminatore semina in te la sua Parola.

La tavola è pronta: cibo della Parola e cibo eucaristico ti sono donati perché tu nel tuo cammino, nel tuo esodo da questo mondo al Padre, possa nutrirti e non venire meno, assaporando quel viatico offerto a te, membro malato e stanco del popolo di Dio, da colui che ti nutre, ti consola, ti rafforza.

Ma questa esperienza centrale della vita cristiana, tu vorrai certamente ripeterla nel quotidiano, nella solitudine della tua camera o nel colloquio comunitario con i fratelli e le sorelle che ti sono stati dati come custodi e come compagni.

Certo, tu non potrai comprendere e assimilare la Scrittura appoggiandoti su te stesso e sulle tue povere forze: per pervenire a una lettura fruttuosa in cui la Parola di Dio operi in te quel che tu non puoi operare occorrono alcune condizioni, alcuni preliminari che ti permettano una lettura nella fede in Cristo, una ricezione dei doni dello Spirito santo, e una visione contemplativa di Dio Padre.

Lettura nello Spirito, dunque, Bibbia pregata, lectio divina

  1. La lectio divina esperienza di Israele e della chiesa

Già nell’antica economia di Israele, si pregava con la Parola e si ascoltava la Parola nella preghiera. Puoi vedere la descrizione di questa prassi comunitaria leggendo il c. 8 di Neemia. Tale metodo che prevede la lettura, la spiegazione e la preghiera diventò il modo classico giudaico della preghiera che anche il cristianesimo ha ereditato (cf. 2 Timoteo 3,14-16), metodo non descritto ma testimoniato in diversi luoghi del Nuovo Testamento.

Generazioni di cristiani hanno continuato a pregare così, senza cedere a una pietà non biblica e non riconoscente la signoria assoluta della Parola nella vita di preghiera della chiesa. Tutti i Padri della chiesa d’oriente e d’occidente hanno praticato questo metodo della lectio divina, invitando i fedeli a fare altrettanto nelle loro case, e consegnandoci i loro splendidi commenti della Scrittura che ne erano il frutto essenziale.

Che dire poi dei monaci? Questi ne hanno fatto il centro della loro vita nei deserti e nei cenobi chiamandola l’ascesi del monaco, il suo cibo quotidiano, sicuri che “non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (cf. Deuteronomio 8,3 e Matteo 4,4). A un certo punto si è anche sentita l’esigenza di fissare per iscritto il metodo, in modo da aiutare i neofiti a quest’acquisizione della Parola nello Spirito che non solo santifica ma anche divinizza.

Origene proponendo la theìa anâgnosis alla scuola dei rabbini ebrei, Girolamo ritmando la lettura con l’orazione, Cassiano illustrando la meditatio, Guigo II Certosino indicandola quale “Scala del Paradiso” per i monaci, Bernardo cantandola come miele per il palatum cordis, Guglielmo di Saint-Thierry nella Lettera d’oro e tanti altri hanno fissato i termini della lectio divina stimolando i credenti a percorrerla come via aurea del dialogo e dell’ineffabile colloquio con Dio.

Fino al 1300 questo metodo ha davvero nutrito la fede di gene­razioni intere e ancora Francesco d’Assisi la praticava con costanza. Ma poi nel basso Medioevo si assiste a una deformazione della lectio divina con l’introduzione della quaestio e della disputatio. Sono secoli di eclisse di questa preghiera che apriranno alla devotio moderna e alla meditatio loyoliana, orazione più introspettiva e psicologica. Soltanto nei monasteri e presso i Servi di Maria questo metodo sarà conservato integro per riapparire epifanicamente proposto dal concilio Vaticano II nella Dei Verbum 25:

“È necessario che tutti conservino un contatto continuo con le Scritture mediante la lectio divina…, mediante la meditatio accurata e si ricordino che la lettura va accompagnata con l’oratio”.

Certamente è stato lo Spirito santo che ha voluto che questa forma di ascolto e di preghiera della Bibbia non andasse persa durante i secoli.

  1. Un luogo per la lectio divina

Quando dunque tu vuoi immerger­ti in questa lettura orante cerca anzitutto un luogo di solitudine e di silenzio, dove tu possa nel segreto pregare il Padre fino a contemplarlo.

La cella, la camera è un luogo per assaporare la presenza di Dio, non dimenticarlo mai (cf. Matteo 6.5-6). Qui infatti è il luogo della lotta del tuo cuore, è il deserto dove anche Gesù pregava ed era tentato (cf. Marco 1,12 e 35; Matteo 4,1-11; ecc.), il luogo dove Dio ti attira a sé per parlare al tuo cuore e farti doni in abbondanza, trasformando gli abissi angosciati del tuo cuore in valli e porte di speranza (cf. Osea 2,16-17). Così, nel luogo solitario, la tua giovinezza spirituale sarà rinnovata, tu potrai cantare al tuo Signore, al tuo sposo, sentirti appartenente soltanto a lui e in pace con tutti gli uomini e tutte le creature animate e inanimate (cf. Osea 2,18-25).

La camera dunque, il luogo deserto siano per te un santuario dove Dio ti umilia e ti prova con la sua Parola ma così facendo ti educa, ti consola, ti nutre.

Sentirai certamente la presenza dell’Avversario che ti tenta alla fuga, che ti rende pesante la solitudine, che ti distrae con le tue abitudini e le tue preoccupazioni, che cerca di sedurti con miriadi di pensieri mondani: non abbatterti, non disperare e resisti in questa lotta corpo a corpo col demonio, perché il Signore non è lontano da te, anzi non solo sta a vedere come combatti ma combatte in te la tua lotta. Aiutati, se vuoi, con un icona, un cero acceso, una croce, una stuoia su cui inginocchiarti e pregare: non temere di usare questi strumenti, senza tuttavia cedere alle mode e all’estetismo; essi possono ricordarti che tu non stai studiando la Bibbia o leggendo delle parole, ma che tu sei davanti a Dio, pronto ad ascoltare, in colloquio con lui.

Se ti viene la tentazione di fuggire, resisti, a costo di restare atono, in silenzio, ma resisti: devi abituarti a tempi di solitudine, di silenzio, di distacco dalle cose e dai fratelli, se vuoi incontrare Dio nella preghiera personale.

  1. Un tempo di silenzio perché Dio parli

Cerca che il luogo della lectio divina e l’ora del giorno ti permettano il silenzio esteriore, preliminare necessario al silenzio interiore.

[ads2]Il Maestro è qui e ti chiama (cf. Giovanni 11,28) e per udirne la voce devi far tacere le altre voci, per ascoltare la Parola devi abbassare il tono delle parole. Ci sono tempi più adatti al silenzio rispetto ad altri: nel cuore della notte, al mattino presto, alla sera… vedi tu secondo il tuo orario di lavoro, ma resta fedele al tempo e determinalo nella tua giornata una volta per tutte. Non è serio andare incontro al Signore quando hai un vuoto tra gli impegni da riempire con la preghiera come se il Signore fosse un tappabuchi. E non dire mai: “Non ho tempo!”, perché così tu dichiari di essere idolatra: il tempo della giornata è al tuo servizio e non tu schiavo del tempo!

Sii dunque avvolto dal silenzio e il tempo della lectio ritmi la tua vita. Tu sai che bisogna pregare sempre, senza stancarsi mai (cf. Luca 18,1-8 e 1 Tessalonicesi 5,17), ma sai anche che occorrono dei tempi precisi e specifici per fare questo esplicitamente e visibilmente onde sostenere la memoria Dei in tutta la tua giornata. Sei un innamorato del Signore o tendi a esserlo? Allora non disdegnare di consacrare a lui quel tempo che consacri abitualmente, senza fatica, ogni giorno a tua moglie, a tuo marito, ai tuoi familiari, ai tuoi amici.

E non dimenticare che questo tempo per la lectio deve essere sufficientemente lungo, non un ritaglio. Devi prendere calma, devi essere in pace, certamente alcuni minuti non bastano. Per la lectio occorre almeno un’ora, dicono i Padri…

Nella giornata quante parole ascolti! Quante letture fai! Che le parole non soffochino la Parola: anche in questo devi essere vigilante. Se le parole mondane sono abbondanti, che primato concreto può avere la Parola su di esse? Fare la lectio divina puntualmente ogni giorno non ti esime mai dal verificare il rapporto tra Parola e parole. Queste per la loro quantità e la loro qualità possono soffocare la voce divina e non permettere che questa cresca e dia in te il suo frutto (cf. Marco 4,13-20). Che senso ha leggere di tutto, alimentarsi di argomenti mondani, fare letture che lasciano profonde tracce di impurità nel cuore e poi pretendere di vivere della Parola che esce dalla bocca di Dio? Se non vigili sul rapporto Parola-parole nella tua vita sei condannato a restare dilettante, un orecchiante paralizzato nei confronti di un vero cammino di iniziazione.

  1. Un cuore largo e buono

Se Dio ti ha chiamato alla solitudine silenziosa, in un tempo di dialogo, è per parlare al tuo cuore. Il cuore biblico è il centro, la sede delle facoltà intellettive dell’uomo, è l’intimo più profondo della tua persona. È dunque il cuore l’organo principale della lectio divina, perché è quel nucleo centrale in cui ogni uomo vive ed esprime la sua irripetibilità personale. Ma tu sai che questo cuore può essere non circonciso (Deuteronomio 30,6 e Romani 2,29), di pietra (Ezechiele 11,19), diviso (Sal. 119,113 e Geremia 32,29), cieco (Lamentazioni 3,65); tutte espressioni queste per indicare il cuore dell’uomo lontano da Dio, non toccato dalla fede. Il cuore del credente a volte può essere appesantito da dissipazioni, ubriachezze, affanni della vita (Luca 21,34), può essere indurito, malato di sclerocardia fino a non riconoscere e non capire le parole e l’azione del Signore (Marco 6,52 e 8,17), può essere instabile, incostante, portato dunque a dimenticare e traviare la Parola (2 Pietro 3,16 e Luca 8,13). Il cuore può essere questo se succhia la sua linfa dalla carne, dalle ideologie dominanti, dall’orgoglio che è il grande peccato.

Tu che ti appresti all’ascolto di Dio prendi questo tuo cuore in mano, innalzalo a Dio, perché lui lo renda cuore di carne, lo unifichi, lo renda saldo e lo purifichi. Solo se è un cuore di fanciullo può ricevere i doni di Dio (Marco 10,15). Solo se è un cuore fatto nuovo dal Signore è aperto e disponibile all’ascolto! Il Signore ha promesso di dare un cuore nuovo a chi lo invoca (Ezechiele 18,31), di piegarlo alla sua Parola se ci si presenta a lui convinti della propria sclerocardia (Salmo 119,36). Ogni giorno ci grida: “Oh, se ascoltaste la mia voce! Non indurite i vostri cuori!” (Salmo 95,8 e Ebrei 3,7). Il cuore duro trova dura la Parola di Dio, e questo può accadere anche ai credenti: “Questa parola è dura, chi può ammetterla?” (Giovanni 6,60). Chiedi allora al Signore un cuore largo, un cuore che ascolta (leb shomea’), come Salomone il sapiente ha fatto con il suo Signore (1Re 3,5).

Quando fai la lectio divina ricorda la parabola del seminatore che vede il Signore in atto di seminare la sua Parola. Tu sei infatti uno dei terreni: o sassoso o strada aperta a tutto ciò che passa o pieno di spine o buono. La Parola deve cadere in te quale buona terra e “tu dopo aver ascoltato la Parola con cuore buono e unito (en kardìa kalê kaì agathê), la custodirai producendo frutto nella tua perseveranza” (cf. Luca 8,15).

È nel cuore purificato, messo in unità, reso saldo, che il Padre, il Figlio e lo Spirito vengono a te prendendo dimora per celebrare la lectio divina (Giovanni 14,23 e 15,4).

Il cuore è fatto per la Parola e la Parola per il cuore: aiuta queste nozze cantate dal Salmo 119.111, dove la sua Parola diventa tua e il tuo cuore canta perché diventa suo.

Allora il tuo cuore sarà quello di un discepolo docile alle cose di Dio, capace di sperimentare la Parola sine glossa, davvero ai piedi del Cristo e pronto ad ascoltarlo come Maria di Betania (Luca 10,39), capace di meditare e conservare nel cuore le parole come la madre del Signore (Luca 2,19.51).

“In alto i cuori!” canta la liturgia prima della celebrazione eucaristica, “in alto i cuori!” è il grido prima della lectio divina.

  1. Invoca lo Spirito santo

Prendi la Bibbia, portala davanti a te con riverenza perché corpo di Cristo, fai l’epiclesi, l’invocazione dello Spirito. E lo Spirito che ha pre­sieduto alla generazione della Parola, è lui che l’ha fatta parlare e scrivere attraverso i profeti, i sapienti, Gesù, gli apostoli, gli evangelisti, è lui che l’ha data alla chiesa e l’ha fatta migrare intatta fino a te.

Dettata dallo Spirito santo, solo dallo Spirito santo è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12). Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, la sua dynamis, tolga il velo ai tuoi occhi affinché tu veda il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera sola uccide! Quello Spirito che è sceso sulla vergine Maria adombrandola con la sua potenza e generando in lei il Lógos, la Parola fatta carne (Luca 1,34), quello Spirito che, sceso sugli apostoli, ha concesso loro di pervenire alla verità intiera (Giovanni 16,13) deve fare altrettanto su di te: in te generare la Parola, della totalità della verità farti partecipe. Lettura spirituale significa lettura nello Spirito santo e con lo Spirito santo delle cose dettate dallo Spirito santo.

Attendilo, perché se indugia egli non tarderà (Abacuc 2,3). Sii certo della parola di Gesù: “Se voi essendo cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre darà lo Spirito santo a quelli che glielo chiedono!” (Luca 11,13).

Tu udrai dentro di te la sua parola efficace: “Effatà! Apriti!” (Marco 7,34) e non ti sentirai più solo ma accompagnato di fronte al testo biblico: come l’etiope che leggeva Isaia ma non capiva finché giunse a lui Filippo che con lo Spirito santo ricevuto nella Pentecoste gli aprì il testo e gli mutò il cuore (cf. Atti 8.2638), come i discepoli cui il Signore risorto aprì la mente all’intelligenza delle Scritture (Luca 24,45). Senza epiclesi la lectio divina resta esercizio umano, sforzo intellettuale, tutt’al più apprendimento di saggezza e non di Sapienza divina: ma questo non discernere il corpo di Cristo significa leggere a se stessi la propria condanna (cf. 1Corinzi 11,29).

Prega come sei capace, come il Signore ti concede, oppure prega anche così: “Dio nostro, Padre della luce, tu hai inviato nel mondo la tua Parola, sapienza uscita dalla tua bocca, che ha preso dominio su tutti i popoli della terra (Siracide 24,6-8). Tu hai voluto che essa prendesse una dimora in Israele e che attraverso Mosè, i profeti e i salmi (Luca 24,44) manifestasse la tua volontà e parlasse al tuo popolo del Messia Gesù.

Finalmente hai voluto che lo stesso tuo Figlio, Parola eterna presso di te, divenisse carne e ponesse la sua tenda tra di noi (Giovanni 1,1-14) quale nato da Maria e concepito dallo Spirito santo (Luca 1,35).

Manda ora su di me lo Spirito santo affinché mi dia un cuore capace di ascolto (1 Re 3,5), mi permetta di incontrarlo in queste sante Scritture e generi il Verbo in me. Questo tuo Spirito santo tolga il velo dai miei occhi (2 Corinzi 3,12-16), mi conduca a tutta la verità (Giovanni 16,13), mi dia intelligenza e perseveranza.

Te lo chiedo per Cristo, il Signore nostro, benedetto nei secoli dei secoli. Amen!”.

Aiutati soprattutto, in questo tuo pregare preliminare, con il Salmo 119, il salmo dell’ascolto della Parola. È il salmo della lectio divina, il colloquio dell’Amato con l’Amante, del credente con il suo Signore!

  1. Leggi!…

Apri la Bibbia e leggi il testo: non sceglierlo mai a caso, perché la Parola di Dio non si pilucca. Obbedisci al lezionario liturgico e accetta quel brano che la chiesa ti offre, oppure leggi un libro della Bibbia da capo a fondo attraverso la lectio cursiva.

Obbedienza al lezionario od obbedienza al libro sono essenziali per un’obbedienza quotidiana, per una continuità nella lectio, per non cadere nel soggettivismo della scelta del brano che piace o di cui si pensa di aver bisogno. A questo principio ferreo occorre che tu rimanga fedele.

Scegli magari un libro indicato dalla tradizione della chiesa per i diversi tempi liturgici o una delle letture del lezionario feriale. Non moltiplicare i testi: un brano, una pericope, pochi versetti sono più che sufficienti! E se fai la lectio sui testi domenicali, ricorda che la prima (Antico Testamento) e la terza lettura (Evangelo) sono parallele e su entrambe sei invitato a pregare. Il lezionario festivo è un grande dono, fatto con molta sapienza spirituale; quello feriale è più discon­tinuo: se questo ti fa difficoltà, meglio allora fare una lectio continua su un libro scelto.

Leggi il testo non una sola volta, ma più volte e anche a voce alta. Se ne hai i mezzi, leggi i testi originali in ebraico o greco, altrimenti accontentati della traduzione.

Serviti sempre, proporzionalmente alla tua preparazione intel­lettuale, della versione dei LXX e della Vulgata che sono traduzioni sante, venerate dalla chiesa lungo i secoli.

Se il brano è conosciuto da te quasi a memoria e sei tentato di leggerlo in fretta, non temere di ricorrere a mezzi che ti impediscano questa rapida e superficiale lettura: scrivi e ricopia il testo! Un monaco, esegeta di fama internazionale, mio amico, mi confidava che per la lectio divina egli ricopia il testo e sovente prova a ripeterlo per vedere la differenza tra ciò che ha memorizzato e ciò che sta scritto. Non leggere solo con gli occhi, ma resta attentissimo e cerca di imprimere il testo nel tuo cuore.

Leggi anche i brani paralleli o richiamati dai riferimenti ai margini, soprattutto se usi la Bibbia di Gerusalemme o la TOB che sono di grande aiuto. Allarga il messaggio, completalo, accosta altri brani inerenti a quello del giorno, perché la Parola è interprete di se stessa. “Scriptura sui ipsius interpres” è il grande criterio rabbinico e patristico della lectio.

Che la lettura sia ascolto (audire) e l’ascolto divenga obbe­dienza (oboedire). Non avere fretta: occorre lectioni vacare, perché la lettura si fa per l’ascolto. La Parola va ascoltata! In principio era la Parola, non il Libro come nell’Islam! E Dio che parla e la lectio è solo un mezzo per giungere all’ascolto. “Ascolta Israele!” è sempre il grido di Dio che deve salire dal testo a te.

  1. Medita!…

Cosa significa meditare? Non è facile dirlo. Certamente significa innan­zitutto approfondire il messaggio letto che Dio ti vuol comunicare. Occorre dunque uno sforzo, una fatica, perché la lettura deve diventare riflessione attenta e profonda. Certo un tempo, imparando la Scrittura a memoria, il cristiano era facilitato nella riflessione ripetendo nel cuore con estrema facilità la Parola ascoltata o letta. Tuttavia anche oggi tu devi consacrarti alla riflessione proporzionalmente alla tua cultura, alle capacità e ai mezzi intellettuali che possiedi.

Certo, vale il principio: “Non l’erudizione ma l’unzione, non la scienza ma la coscienza, non la carta ma la carità”, tuttavia non è lecito un ascolto indisciplinato e occasionale, compiuto senza il rigore richiesto da ogni ricerca seria e senza l’uso degli strumenti utili alla comprensione. Se puoi, ricorri ai commenti dei Padri della chiesa sui differenti libri della Scrittura ora tradotti copiosamente in italiano, alle concordanze, in modo da commentare la Bibbia con la Bibbia, a studi esegetici o commenti spirituali.

Vaglia però sempre la qualità di molte opere che hanno pretese di serietà o di spiritualità ma che in realtà non contengono che opinioni personali o deliri estatici non obbedienti al testo divino e alla tradizione, e soprattutto diffida di quei commenti che si dicono “riappropriazione della Parola”, ma in cui si asservisce la Parola; anche i commenti spirituali al lezionario liturgico festivo e feriale vanno attentamente scelti, perché molti di essi riportano spunti estemporanei, redatti artificialmente in scarsa relazione con i testi e più pieni delle parole del personaggio che le scrive che della Parola di Dio. “L’ascolto non è ricezione passiva di un testo dato, ma anche sforzo da parte del cristiano di penetrare sempre più a fondo il senso inesauribile della Parola divina in relazione al proprio grado di compiutezza e alla tenacia nell’applicazione”, diceva Origene.

Tutti questi mezzi esegetici, patristici, spirituali, sono sicuramen­te utili alla meditatio e alla crescita della comprensione, tuttavia impor­tante nella lectio divina è lo sforzo personale, non privato, reso certo più fecondo se chi lo fa vive un’esperienza comunitaria o di fraternità o di gruppo, veri luoghi questi di discepolato della Parola, in cui non solo si legge insieme ma si esperimenta e si vive insieme la Parola. Questo sforzo personale deve tendere a cercare la punta spirituale del testo: non la frase che colpisce di più, ma il messaggio centrale, quello più rapportabile all’evento morte-resurrezione del Signore.

Cogli dunque il senso spirituale, dà continuità e unità tra esegesi, apporti patristici e lettura della Bibbia con la Bibbia e cerca ciò che il Signore ti dice. Non pensare di trovare quello che tu sai già: questa è presunzione! Né quello che ti piacerebbe trovare per la tua situazione: questo è il primato del soggettivo! Il testo non sempre è comprensibile tutto e subito! Abbi l’umiltà a volte di riconoscere di aver capito poco o addirittura nulla: lo capirai più tardi. Anche questa è obbedienza e se tu hai ancora bisogno di latte, non puoi certo nutrirti con cibo solido (cf. 1 Corinzi 3,2 e Ebrei 5,12). A questo punto, se c’è stata una certa comprensione, rumina le parole nel tuo cuore (la ruminatio dei Padri) e poi applicale a te, alla tua situazione senza perderti nello psicologismo, nell’introspezionismo e senza finire per fare l’esame di coscienza. E Dio che ti parla: contempla lui, non te stesso. Non lasciarti paralizzare da una scrupolosa analisi dei tuoi limiti e delle tue deficienze di fronte alle esigenze divine che la Parola ti ha mostrato. Certo, la Parola è anche giudizio, discerne il tuo cuore, ti convince di peccato, ma ricorda che Dio è più grande della tua coscienza (cf. 1 Giovanni 3,20) e che questo pungerti il cuore da parte di Dio è fatto sempre con verità e misericordia.

Stupisciti piuttosto di lui che parla al tuo cuore, del cibo che ti offre più o meno abbondante ma sempre salutare, meravigliati che la Parola venga deposta nel tuo cuore e che tu non debba andare in cielo, né andare al di là dei mari per conoscerla (cf. Deuteronomio 30,11-14). Lasciati attrarre dalla Parola che ti trasforma nell’immagine del Figlio di Dio senza che tu sappia come. La Parola che hai ricevuto è vita, gioia, pace, salvezza per te! Dio ti parla, tu devi ascoltarlo meravigliato come gli ebrei dell’esodo che lo vedevano operare meraviglie, come Maria che canta: “Il Signore fa per me meraviglie, Santo il suo nome!” (Luca 1;49). Dio si rivela a te: accogli il suo Nome ineffabile, il suo volto di Amante: sei nello spazio della fede! Dio ti ammaestra: modella la tua vita su quella del Figlio. Dio si dà a te, si consegna nella sua Parola: accoglilo come un bambino ed entra in comunione con lui. Dio ti bacia con un bacio santo: sono le nozze tra Amato e Amante, celebra dunque nel tuo cuore l’amore di lui più forte della morte, dello sheol, dei tuoi peccati. Dio ti genera come lógos, verbo-parola, come figlio: accetta di essere partorito per essere il Figlio stesso di Dio. La meditazione, la ruminatio, a questo ti deve portare: essere Dimora del Padre, del Figlio, dello Spirito!

Il tuo cuore è luogo liturgico: e tutta la tua persona è tempio, è realtà divino-umana, teandrica.

  1. Prega!…

Parla ora a Dio, rispondi a lui, ai suoi inviti, agli appelli, alle ispirazioni, ai richiami, ai messaggi che ti ha rivolto nella Parola compresa attraverso lo Spirito santo. Non vedi che sei stato accolto nell’ambito trinitario, nell’ineffabile colloquio tra Padre, Figlio e Spirito? Non fermarti più alla rifles­sione, ma entra in dialogo e parla come un amico parla con il suo amico (Deuteronomio 34,10). Non cercare più di conformare i tuoi pensieri ai suoi ma cerca lui. La meditatio aveva come fine l’oratio. Ora ci sei giunto! Non fare pettegolezzi spirituali, però: parla a lui con parresia, con fiducia e senza timore, lontano da ogni sguardo su te stesso, ma rapito dal suo volto emerso dal testo in Cristo Signore. Lascia libere le tue capacità creative di sensibilità, di emotività, di evocazione e mettile al servizio del Signore. Io non posso darti molte indicazioni, perché qui ognuno sa e conosce l’incontro suo con Dio e non può dettare per gli altri, né descrivere nulla di sé. Cosa si può dire del fuoco quando si è immersi in esso? Cosa si può dire della preghiera-contemplazione al termine della lectio divina se non che essa è il roveto ardente che brucia senza estinguersi e infiamma il cuore nel petto del credente facendolo ardere di amore per il Signore?

Arte ineffabile dell’esperienza della divina presenza, la lectio divina vuole condurti qui, dove tu come l’Amato contempli, ridici le parole dell’Amante nella gioia, nello stupore, nella dimenticanza di te. Non pensare che questo cammino sia sempre facile, lineare e sempre percorribile fino in fondo. Timore e amore appassionato, ringrazia­mento e secchezza spirituale, entusiasmo e atonia corporale, parola parlante e parola muta, silenzio tuo e silenzio di Dio sono presenti e si intercalano nella tua lectio divina giorno dopo giorno.

Importante è essere fedeli a questo incontro: prima o poi la Parola si fa varco nel nostro cuore superando i nostri ostacoli, quelli che sono sempre presenti in un cammino di fede e di preghiera. Solo chi ha assiduità con la Parola sa che Dio è fedele e che non manca di farsi trovare e di parlare al cuore, sa che ci sono tempi in cui è rara la Parola di Dio (1 Samuele 3,1) ai quali però succede l’epifania della Parola e sa che questi tempi di difficoltà, di sconforto, di aridità spirituale sono una grazia che ricorda la lontananza che ancora permane dalla conoscenza piena di Dio.

Ringrazia Dio per la Parola donata, per quelli che te l’annunciano e te la spiegano, intercedi per tutti i fratelli che il testo può averti evocato nelle loro virtù e nelle loro cadute, tendi a unire cibo della Parola e cibo eucaristico. Conserva ciò che hai visto, udito, gustato nella lectio, conservalo nel cuore e ricordalo, abbine memoria e vai nella compagnia degli uomini, tra di loro e umilmente da’ loro quella pace e quella benedizione che hai ricevuto. Avrai anche la forza di agire con loro per realizzare nella storia la Parola di Dio con tutto il tuo operare sociale, politico, professionale… Dio ha bisogno di te quale strumento nel mondo per fare cieli nuovi e terra nuova. Un altro giorno ti attende, un giorno in cui tu, vedendo Dio faccia a faccia nella morte, mostrerai se sarai stato lettera vivente incisa da Cristo, lectio divina per i tuoi fratelli, il Figlio stesso di Dio.

Tuo Enzo