La montagna per sua natura ha sempre avuto un aspetto attrattivo e un grande legame simbolico con il mondo della Bibbia e con la fede cristiana. Nel presente volume sono magistralmente presentati i principali aspetti di questo millenario rapporto con grande ricchezza di fotografie anche inedite.
Temi trattati:
- la montagna nella Bibbia, Sinai, Oreb, Monte Carmelo Ararat. Punti di incontro con Dio;
- santuari dโalta quota, luoghi santi sulle cime dei monti dove fede e memoria si incontrano;
- un Papa in Adamello, Giovanni Paolo II teologo della montagna;
- i Papi alpinisti, Pio XI, Giovanni Paolo II;
- santi e beati alpinisti, don Carlo Gnocchi, don Gnifetti, Contardo Ferrini;
- la picozza di Frassati, il beato Pier Giorgio Frassati ha scalato molte cime;
- Croci di vetta, punti di arrivo sulle cime e simboli di fede e vita;
- lโesperienza della Giovane Montagna, associazione e rivista nata ai primi del 900;
- la montagna nellโarte, lo sguardo degli artisti, da Leonardo a Cรฉzanne;
- preghiere e canti di montagna, (preghiere e cori alpini);
- sacri Monti luoghi di preghiera, luoghi di preghiera eretti tra il XVI e il XVII secolo;
- alpini testimoni di fede, il piรน antico corpo di fanteria da montagna del mondo.
Un libro riccamente illustrato per tutti gli amanti della montagna. Una lettura avvincente per quanti vogliano scoprire quanti legami ci siano nella storia tra fede e montagna.
La prefazione รจ del card. Gianfranco Ravasi (puoi leggerla qui sotto).
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Autore: Alfredo Tradigo giornalista, scrittore e poeta milanese รจ autore di numerose pubblicazioni tra cui Icone e santi dโoriente, Lโuomo della Croce (San Paolo) e per lโeditrice MIMEP: I Miei santi di Angelo Montonati.
https://www.youtube.com/watch?v=pUGNp7MmRrs
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Leggi l’introduzione del card. Ravasi
Una scala verso il cielo

Ora, la vetta di un monte costringe ad alzare lo sguardo verso lโalto; รจ come se fosse un indice puntato verso il cielo, รจ il rimando allo zenit e quindi alla luce, allโinaccessibilitร , al mistero rispetto allโorizzonte in cui noi siamo immersi quotidianamente. Il monte, con la sua cima che sembra quasi perforare il cielo, ricalca la posizione eretta dellโuomo che si รจ alzato dalla brutalitร della terra; รจ una specie di simbolo della vittoria sulla forza di gravitร . Tutte le culture hanno ritrovato nel profilo verticale della montagna unโimmagine della tensione verso lโoltre e lโaltro rispetto al limite terrestre e tutte le religioni vi hanno letto un segno dellโOltre e dellโAltro divino.
ร proprio seguendo questo sguardo verso lโalto, cioรจ verso il mistero celeste, lโinfinito e lโeterno di Dio, che Alfredo Tradigo ha introdotto nelle pagine che seguiranno una duplice serie di figure che hanno vissuto lโamore per la montagna fisica come una parabola della loro stessa ascesa verso Dio. Pensiamo a san Giovanni Paolo II, da sempre attirato dalle cime innevate, a Pier Giorgio Frassati, il giovane piemontese che aveva giร negli occhi quella corona alpina che avrebbe poi scalato concretamente, oppure a papa Pio XI che, quandโera ancora Achille Ratti, era un appassionato alpinista tanto da essere iscritto al Club Alpino Italiano e da aprire vie per scalate su diverse montagne (lโultima sua impresa fu nellโottobre 1913 sulla Grigna settentrionale, con una permanenza di ben quattro notti in rifugio).
Noi ora vorremmo, sia pure in modo solo allusivo ed essenziale, evocare le presenze molteplici dei monti nelle pagine bibliche. In esse le montagne sacre non si ergono mai solo con finalitร meramente โorograficheโ, bensรฌ con un valore simbolico e spirituale, sia positivo sia negativo. Se pensiamo, ad esempio, alle ziqqurrat, cioรจ ai famosi templi a gradoni della Mesopotamia, evidente riproduzione architettonica di un monte sacro (sul loro vertice si ergeva appunto il santuarietto-residenza delle divinitร ), riusciamo a comprendere la simbologia sottesa al sogno di Giacobbe narrato dalla Genesi: โUna scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo. Ed ecco, gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essaโ (Genesi 28,12). Ebbene, un monaco che trascorse la sua esistenza nel monastero di S. Caterina al Sinai, uno dei monti biblici fondamentali, Giovanni Climaco, vissuto tra il 579 e il 649 circa, si affiderร proprio a questa immagine per intitolare e strutturare la sua opera La scala del Paradiso, opera che impose a lui il soprannome di โClimacoโ (in greco climax รจ la scala coi suoi gradini).
Come รจ facile intuire, il Sinai che quel monaco aveva davanti agli occhi diventava โ sulla scia della visione di Giacobbe โ la parabola dellโascensione al cielo attraverso lโerta salita dellโascesi spirituale. Parallela sarร lโesperienza proposta da un altro grande mistico, lo spagnolo san Giovanni della Croce (1542-1591), che perรฒ โ a causa della sua vocazione di carmelitano โ sceglierร come simbolo un altro monte biblico. La salita del monte Carmelo รจ, infatti, il titolo di una delle sue opere piรน note, composta tra il 1578 e il 1583. Attraverso unโascesa irta di asperitร , cioรจ attraverso una purificazione liberamente accolta e vissuta (la โnotte attivaโ, preludio della successiva โnotte oscuraโ che sarร il tema di unโaltra opera), si raggiunge la vetta della perfezione.
Sulla scia di san Giovanni della Croce un notissimo autore mistico contemporaneo, Thomas Merton (1915-1968), convertitosi al cattolicesimo nel 1938 e vissuto nella trappa del Getsemani nel Kentucky (Usa), intitolรฒ la sua autobiografia spirituale proprio La montagna delle sette balze (1948), uno scritto divenuto popolare e per molti versi affascinante proprio per lโimmediatezza quasi diaristica di questa ascesa sul monte della contemplazione, vicenda sofferta e gloriosa al tempo stesso, proprio come accade nelle scalate lungo le rocce e i dirupi che conducono alla vetta.
Come si diceva, i monti gettano la loro ombra su tutte le pagine bibliche: dallโArarat su cui posa lโarca di Noรจ al Moria del sacrificio di Isacco, dal Sinai dellโesodo al Nebo della morte di Mosรจ, dal Carmelo di Elia al Sion del tempio gerosolimitano, dal monte delle Tentazioni di Cristo a quello delle Beatitudini, dal monte della Trasfigurazione al Golgota-Calvario sino al monte degli Ulivi che nellโascensione di Gesรน congiunge terra e cielo. Ma a questi monti santi e ad altri meno noti, che costellano la Bibbia e che non possiamo ora neppure citare tanto essi sono molteplici, vorremmo opporre alcune curiose montagne โnegativeโ, segno non di elevazione ma di paradossale abbassamento e degenerazione.
Sono le โaltureโ, in ebraico bamรดt, sistematicamente denunziate dalla Bibbia come sedi di santuari idolatrici cananei, legati ai culti della fertilitร (ma talora anche luoghi di culto israelitico). Sono centinaia i passi biblici in cui si condannano questi colli, divenuti sede di culto anche per gli Ebrei, a partire dallo stesso Salomone che dedicรฒ un santuario al dio dei Moabiti Camosh e al dio degli Ammoniti Milcom โsul monte che รจ di fronte a Gerusalemmeโ (1Re 11, 7), imitato poi dai suoi successori e dai sovrani del regno settentrionale di Samaria. Noi ci accontenteremo ora di illustrare questo simbolismo negativo e idolatrico della montagna con un testo interessante e, a prima vista, neutro, anzi legato al monte santo per eccellenza, il Sion. Si tratta dellโavvio del secondo dei quindici salmi delle ascensioni, cioรจ di quella sorta di libretto di preghiere per i pellegrinaggi al tempio di Sion, contenuto nei Salmi 120-134. Il Salmo 120 inizia, infatti, cosรฌ: โAlzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrร lโaiuto? Il mio aiuto viene dal Signore: egli ha fatto cielo e terraโ.
Lโorante leva lo sguardo implorante โverso i montiโ e pronunzia una domanda: โDa dove mi verrร lโaiuto?โ. Ebbene, molti biblisti pensano che in questa scenetta apparentemente scontata ci sia proprio un rimando polemico alle โaltureโ idolatriche. Lโorante sarebbe tentato di rivolgere il suo appello (e i suoi piedi) verso i santuari dei colli pagani cananei ove si ergono pali e stele sacre, segni del dio Baal, la divinitร della feconditร e della fertilitร . Sarร forse lui a offrire lโaiuto atteso? La risposta del salmista รจ netta: โIl mio aiuto viene dal Signoreโ, il creatore del cielo e della terra, sorgente di ogni dono di vita.
Si tratta di una professione di fede biblica di impronta liturgica (รจ entrata anche nella liturgia cattolica: Adiutorium nostrum in nomine Domini qui fecit caelum et terram) che rimanda implicitamente allโaltro monte santo, lโunico vero per Israele, il Sion, โaltura stupenda, gioia di tutta la terraโฆ, capitale del gran reโ (Salmo 48,3). La Bibbia, che oppone giร due cittร simboliche, Gerusalemme e Babilonia, mette dunque in antitesi anche due monti ideali, quello dellโascensione a Dio, alla luce, alla veritร e quello dellโillusione e dellโinganno. Ancora una volta sta allโuomo scegliere su quale sentiero incamminarsi. E la vetta di Sion col tempio del Signore, come sogna il profeta Isaia (2,1-5) e come canta il Salmo 87, diventa la meta del pellegrinaggio di pace e di unitร tra i popoli.
Proprio per questo concludiamo la nostra premessa evocando i due testi luminosi appena citati. Isaia nel secondo capitolo del suo libro profetico rappresenta il monte Sion avvolto di luce mentre tenebre planetarie si stendono su tutto il mondo. Allโinterno di questa oscuritร si muovono processioni di popoli che hanno come punto di riferimento questo monte, che certo non รจ il piรน importante della terra. I popoli vengono da regioni diverse, salgono le pendici del monte, il monte della parola di Dio, e una volta che sono giunti sulla vetta del Sion, ecco che lasciano cadere dalle mani le armi; le spade vengono trasformate in vomeri e le lance in falci e Isaia dice: โEssi non si eserciteranno piรน nellโarte della guerraโ.
Sion diventa il luogo nel quale tutti i popoli della terra convergono e lร fanno cadere lโodio e costruiscono invece la pace; cancellano la guerra e costruiscono un mondo di armonia. Per inciso, possiamo osservare quanto il testo di Isaia sia attuale: sempre nella storia di Israele le pietre di Sion sono state striate di sangue, e ancor piรน, purtroppo, ai nostri giorni, per contese territoriali reciproche. Tutti i popoli hanno invece, come dice la Bibbia, diritto di cittadinanza in Sion, non solo gli Ebrei; e tutti i popoli, quando al contrario trasformano i vomeri in spade e gli strumenti per lavorare la terra in strumenti bellici, compiono un atto blasfemo nei confronti del sogno di Dio.
Nel Salmo 87 possiamo incontrare una ulteriore conferma a quanto abbiamo appena affermato. Ci imbattiamo in una formula che in ebraico รจ ripetuta tre volte, anche se con una variazione: jullad sham / jullad bah, โtutti lร sono nati / in essa sono natiโ tutti i popoli della terra. Questa espressione, tecnicamente parlando, era la formula propria dellโanagrafe, dellโiscrizione nei registri di una cittร . Nel Salmo in questione lโelenco delle nazioni, dei luoghi che vengono citati, รจ in pratica la planimetria del mondo allora conosciuto. Si va da Rahab, che indica lโEgitto, a Babel, che designa Babilonia: la superpotenza occidentale e quella orientale, quindi. Viene nominata anche la Palestina, cioรจ i Filistei, anche loro con diritto di cittadinanza in Gerusalemme; vengono nominati tutti i popoli della terra, anche i piรน remoti: tutti trovano in Gerusalemme il loro luogo di nascita, tutti hanno un diritto nativo in Gerusalemme. Alla fine il poeta immagina che tutti questi popoli, cosรฌ diversi tra loro, si ritrovino spalla a spalla in Sion cantando e danzando, ripetendo la loro professione dโamore nei confronti del monte Sion, il monte del tempio: โIn te sono tutte le nostre sorgentiโ. ร questo anche lโaugurio che viene idealmente rivolto a tutti i pellegrini che si avviano ai santuari e ai santi monti. Lร ritroveranno armonia, concordia e comunione tra loro e con Dio, e lร rivolgeranno la loro preghiera e il loro sguardo verso il Dio eterno e infinito che dal suo cielo scende nel tempio โ โla tenda dellโincontroโ come lo chiama la Bibbia โ per incontrarli e ascoltarli.
Gianfranco Ravasi




