Papa Francesco: Omelia del 30 giugno 2014 a Casa Santa Marta

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Oggi è ancora il tempo dei martiri: i cristiani sono perseguitati in Medio oriente dove sono uccisi o costretti a fuggire, anche «in modo elegante, con i guanti bianchi». Nel giorno in cui la Chiesa fa memoria dei martiri dei primi secoli, Papa Francesco ha invitato a pregare «per i nostri fratelli che oggi vivono nella persecuzione». Perché, ha affermato, oggi «non ci sono meno martiri» che ai tempi di Nerone. È, dunque, proprio al martirio, alla sua attualità e a ciò che lo caratterizza, che il Pontefice ha dedicato la celebrazione eucaristica di lunedì mattina 30 giugno nella cappella della Casa Santa Marta.

«Nella preghiera all’inizio della messa — ha detto il Papa — abbiamo invocato il Signore così: “Signore, che hai fecondato con il sangue dei martiri i primi germogli della Chiesa di Roma”». È una invocazione appropriata, ha spiegato, per la commemorazione dei «primi martiri di questa Chiesa». Oltretutto, ha aggiunto, «le loro ossa sono vicine, qui, non solo nel cimitero, a pochi metri sotto terra ce n’erano tanti» e «forse alcuni qui sotto…».

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È particolarmente significativo, ha fatto notare il Papa, che «il verbo che usiamo noi per invocare il Signore è fecondare: “Tu hai fecondato i germogli”». Dunque «si parla di crescita e di una pianta: questo ci fa pensare alle tante volte che Gesù diceva che il Regno dei cieli era come un seme». Anche «l’apostolo Pietro, nella sua lettera, ci dice che “siamo stati rigenerati con un seme incorruttibile”». E questo «è il seme della parola di Dio. Questo è quello che viene seminato: il seme è la parola di Dio, dice il Signore. Viene seminato».

In una parabola, Gesù spiega proprio che «il Regno dei cieli è come un uomo che abbia gettato in terra il seme, poi va a casa sua, riposa, lavora, veglia, di notte e di giorno, e il seme cresce, germoglia, senza che lui sappia come».

La questione centrale, ha affermato il Papa, è chiedersi perciò «come si fa perché questo seme della parola di dio cresca e diventi il Regno di Dio, cresca e diventi Chiesa». Il vescovo di Roma ha indicato «le due fonti» che svolgono quest’opera: «lo Spirito Santo — la forza dello Spirito Santo — e la testimonianza del cristiano».

Anzitutto, ha spiegato il Papa, «sappiamo che non c’è crescita senza lo Spirito: è lui che fa la Chiesa, è lui che fa crescere la Chiesa, è lui che convoca la comunità della Chiesa». Ma, ha proseguito, «è necessaria anche la testimonianza del cristiano». E «quando la testimonianza arriva alla fine, quando le circostanze storiche ci chiedono una testimonianza forte, lì ci sono i martiri: i più grandi testimoni!». Ed ecco, allora, che «quella Chiesa viene annaffiata dal sangue dei martiri». Proprio «questa è la bellezza del martirio: incomincia con la testimonianza, giorno dopo giorno, e può finire con il sangue, come Gesù, i primo martire, il primo testimone, il testimone fedele».

Però, per essere vera, la testimonianza «deve esser senza condizioni» ha affermato il Pontefice. Il Vangelo proposto dalla liturgia odierna (Matteo 8, 18-22) è chiaro in proposito. «Abbiamo sentito quello che dice il Signore» al discepolo che per seguirlo chiede una condizione: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Ma «il Signore lo ferma: no!». Infatti, ha precisato il Papa, «la testimonianza è senza condizioni, deve essere ferma, deve essere decisa, deve avere quel linguaggio, tanto forte, di Gesù: sì sì, no no!». È esattamente «questo il linguaggio della testimonianza».

Guardando la storia di «questa Chiesa di Roma che cresce, guidata dal sangue dei martiri», il Papa ha quindi invitato a pensare «a tanti martiri di oggi che danno la loro vita per la fede: i cristiani perseguitati». Perché, ha affermato, «se in quella persecuzione di Nerone ce ne sono stati tanti, oggi non ce ne sono meno di martiri, di cristiani perseguitati». I fatti sono noti. «Pensiamo al Medio oriente» ha detto, «ai cristiani che devono fuggire dalla persecuzione» e «ai cristiani uccisi dai persecutori». E «anche ai cristiani cacciati via in modo elegante, con i guanti bianchi: anche quella è una persecuzione!».

Ai nostri giorni, ha ripetuto il Papa, «ci sono più testimoni, più martiri nella Chiesa che nei primi secoli». E «facendo memoria nella messa dei nostri gloriosi antenati qui a Roma», ha invitato a pensare e a pregare anche per «i nostri fratelli che vivono perseguitati, che soffrono e che col loro sangue fanno crescere il seme di tante Chiese piccoline che nascono». Sì, ha concluso, «preghiamo per loro e anche per noi».

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