Papa Francesco – Omelia del 19 settembre 2014 a Santa Marta

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La resurrezione è il futuro che ci aspetta

Papa Francesco celebra la messa nella cappella della Casa Santa Marta e commenta le parole di san Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi.

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Il percorso del cristiano si compie nella Resurrezione. E’ quanto affermato da Papa Francesco nell’omelia mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice, commentando le parole di San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi, ha sottolineato che i cristiani sembrano aver difficoltà a credere alla trasformazione del proprio corpo dopo la morte. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Papa Francesco ha incentrato l’omelia sulla prima lettura che vede San Paolo impegnato a fare una “correzione difficile”, “quella della Resurrezione”. L’Apostolo delle Genti si rivolge alla comunità dei cristiani a Corinto. Costoro credevano che “Cristo è risorto” e “ci aiuta dal Cielo”, ma non era chiaro per loro che “anche noi resusciteremo”. “Loro – ha detto Francesco – pensavano in un altro modo: sì, i morti sono giustificati, non andranno all’inferno – molto bello! – ma andranno un po’ nel cosmo, nell’aria, lì, l’anima davanti a Dio, l’anima soltanto”.

Del resto, ha proseguito, anche San Pietro “la mattina della Resurrezione è andato di corsa al Sepolcro e pensava che lo avessero rubato”. E così anche Maria Maddalena. “Non entrava nella loro mente – ha osservato – una resurrezione reale”. Non riuscivano a capire quel “passaggio nostro dalla morte alla vita”, attraverso la Resurrezione. Alla fine, ha commentato il Papa, “hanno accettato quella di Gesù perché lo hanno visto”, ma “quella dei cristiani non era capita così”. Del resto, ha rammentato, quando San Paolo va ad Atene e incomincia a parlare della Resurrezione di Cristo, i greci saggi, filosofi, si spaventano:

“Ma la resurrezione dei cristiani è uno scandalo, non possono capirlo. E per questo Paolo fa questo ragionamento, ragiona così, tanto chiaro: ‘Se Cristo è risorto, come possono dire alcuni tra voi che non vi è resurrezione dai morti? Se Cristo è risorto, anche i morti risusciteranno’. C’è la resistenza alla trasformazione, la resistenza a che l’opera dello Spirito che abbiamo ricevuto nel Battesimo ci trasformi fino alla fine, alla Resurrezione. E quando noi parliamo di questo, il nostro linguaggio dice: ‘Ma, io voglio andare in Cielo, non voglio andare all’Inferno’, ma ci fermiamo lì. Nessuno di noi dice: ‘Io resusciterò come Cristo’: no. Anche a noi è difficile capire questo”.

“E’ più facile – ha ripreso – pensare a un panteismo cosmico”. E questo perché “c’è la resistenza ad essere trasformati, che è la parola che usa Paolo: ‘Saremo trasformati. Il nostro corpo sarà trasformato’”. “Quando un uomo o una donna deve subire un intervento chirurgico – ha rilevato il Papa – ha molta paura perché o gli toglieranno qualcosa o gli metteranno quell’altra cosa … sarà trasformato, per così dire”. E ha ribadito che “con la Resurrezione, tutti noi saremo trasformati”:

“Questo è il futuro che ci aspetta e questo è il fatto che ci porta a fare tanta resistenza: resistenza alla trasformazione del nostro corpo. Anche, resistenza all’identità cristiana. Dirò di più: forse non abbiamo tanta paura dell’Apocalisse del Maligno, dell’Anticristo che deve venire prima; forse non abbiamo tanta paura. Forse non abbiamo tanta paura della voce dell’Arcangelo o del suono della tromba: ma, sarà la vittoria del Signore. Ma paura della nostra resurrezione: tutti noi saremo trasformati. Sarà la fine del nostro percorso cristiano, quella trasformazione”.

Questa “tentazione di non credere alla Resurrezione del morti – ha proseguito – è nata” nei “primi giorni della Chiesa”. E quando Paolo ha dovuto parlare su questo ai Tessalonicesi, “alla fine, per consolarli, per incoraggiarli dice una delle frasi più piene di speranza che ci sono nel Nuovo Testamento, e dice così: ‘Alla fine, saremo con Lui’”. Ecco, ha detto Francesco, cos’è l’identità cristiana: “Stare con il Signore. Così, con il nostro corpo e con la nostra anima”. Noi, ha soggiunto, “resusciteremo per stare con il Signore, e la Resurrezione incomincia qui, come discepoli, se noi stiamo con il Signore, se noi camminiamo con il Signore”. Questa, ha ribadito, “è la strada verso la Resurrezione. E se noi siamo abituati a stare con il Signore, questa paura della trasformazione del nostro corpo si allontana”.

La Resurrezione, ha detto ancora, “sarà come un risveglio”. Giobbe ci dice: “Io lo vedrò con i miei occhi”. “Non spiritualmente – ha fatto notare il Papa – no”, “con il mio corpo, con i miei occhi trasformati”. “L’identità cristiana – ha avvertito – non finisce con un trionfo temporale, non finisce con una bella missione”, l’identità cristiana si compie “con la Resurrezione dei nostri corpi, con la nostra Resurrezione”:

“Lì è la fine, per saziarci dell’immagine del Signore. L’identità cristiana è una strada, è un cammino dove si sta con il Signore; come quei due discepoli che ‘stettero con il Signore’ tutta quella serata, anche tutta la nostra vita è chiamata a stare con il Signore per – alla fine, dopo la voce dell’Arcangelo, dopo il suono della tromba – rimanere, stare con il Signore”.

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