AUTORE: Paolo di Martino
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FESTA DEL CORPUS DOMINI
Il Ss. Sacramento al centro della Liturgia.
Il lume dello Spirito Santo che รจ venuto ad accrescere nella Chiesa lโintelligenza sempre piรน viva del mistero dellโaugusta Trinitร la porta a contemplare in seguito quellโaltra meraviglia che racchiude per se stessa tutte le operazioni del Verbo incarnato, e ci conduce fin da questa vita allโunione divina. Il mistero della Santissima Eucaristia sta per apparire in tutto il suo splendore, ed รจ necessario disporre gli occhi della nostra anima a ricevere in modo salutare lโirradiazione che ci attende. Come non siano stati mai senza la nozione del mistero della Santissima Trinitร e i nostri omaggi si sono sempre rivolti ad essa, cosรฌ pure la Santissima Eucaristia non ha mai cessato di accompagnarci lungo tutto il corso di questo Anno liturgico sia come mezzo per rendere i nostri omaggi alla suprema Maestร , sia come alimento della vita soprannaturale. Possiamo dire che questi due ineffabili misteri ci sono noti, che li amiamo; ma le grazie della Pentecoste ci hanno aperto un nuovo ingresso in quello che hanno di piรน intimo, e se il primo ci รจ apparso ieri circonfuso dai raggi dโuna luce piรน viva, il secondo risplenderร presto per noi dโuna chiarezza che lโocchio della nostra anima non aveva ancora percepita.
Essendo la Santissima Trinitร , come abbiamo mostrato, lโoggetto essenziale di tutta la religione, il centro a cui convergono tutti i nostri omaggi anche quando sembra che non ne abbiamo una intenzione immediata, si puรฒ anche dire che la divina Eucaristia รจ il mezzo piรน potente di rendere a Dio il culto che gli รจ dovuto, ed รจ per essa che la terra si unisce al cielo. ร dunque facile comprendere la ragione del ritardo che la santa Chiesa ha avuto nellโistituire le due solennitร che succedono immediatamente a quella della Pentecoste. Tutti i misteri che abbiamo celebrati finora erano contenuti nellโaugusto Sacramento che รจ il memoriale e come il compendio delle meraviglie che il Signore ha operate per noi (Sal 110,4). La realtร della presenza di Cristo sotto le specie sacramentali faceva sรฌ che nellโOstia noi riconoscessimo nel tempo di Natale il Bambino che ci era nato, nel tempo della Passione la vittima che ci riscattava, nel tempo Pasquale il trionfatore della morte. Non potevamo celebrare tutti quei misteri senza chiamare in nostro aiuto lโimmortale Sacrificio, ed esso non poteva essere offerto senza rinnovarli e riprodurli.
Le feste stesse della Santissima Vergine e dei Santi ci mantenevano nella contemplazione del divin Sacramento. Maria, che abbiamo onorata nelle sue solennitร dellโImmacolata Concezione, della Purificazione, dellโAnnunciazione, non ha forse alimentato con la propria sostanza quel corpo e quel sangue che offriamo sullโaltare? La forza invincibile degli Apostoli e dei Martiri che abbiamo celebrati, non lโhanno forse essi attinta nel sacro alimento che dร lโardore e la costanza? I Confessori e i Vergini non ci sono apparsi come il fiorire del campo della Chiesa che si copre di spighe e di grappoli dโuva grazie alla feconditร che gli dona Colui che รจ insieme il frumento e la vite (Zac 9,17)?
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Raccogliendo tutti i mezzi a nostra disposizione per onorare quei beati abitatori della corte celeste, siamo ricorsi alla salmodia, agli inni, ai cantici, alle formule piรน solenni e piรน tenere; ma, in fatto di omaggi alla loro gloria, nulla eguaglia lโofferta del Sacrificio. Con questo noi entriamo in comunicazione diretta con essi, secondo lโenergica espressione della Chiesa nel Canone della Messa (communicantes).ย Essi adorano in eterno la Santissima Trinitร per Gesรน Cristo e in Gesรน Cristo; con il Sacrificio noi ci univamo ad essi nello stesso centro, mescolavamo i nostri omaggi ai loro, e ne risultava per loro un aumento di onore e di beatitudine. La divina Eucaristia, Sacrificio e Sacramento, ci รจ dunque stata sempre presente; e se, in questi giorni, dobbiamo raccoglierci per meglio comprenderne la grandezza e la potenza infinite, se dobbiamo sforzarci di gustarne con maggior pienezza lโineffabile soavitร , non รจ una scoperta che ci appare dโimprovviso: si tratta dellโelemento che lโamore di Cristo ci ha preparato e di cui giร facciamo uso per entrare in rapporto diretto con Dio e rendergli i nostri omaggi piรน solenni e insieme piรน intimi.
Prima festa del Sacramento.
Tuttavia lo Spirito che dirige la Chiesa doveva ispirarle un giorno il pensiero di istituire una solennitร ย [1]ย particolare in onore del mistero augusto in cui sono racchiusi tutti gli altri. Lโelemento sacro che dร a tutte le feste dellโanno la loro ragione dโessere e le illumina del loro splendore, la Santissima Eucaristia, richiedeva per se stessa una festa in rapporto con la magnificenza del suo oggetto.
Ma questa esaltazione dellโOstia, queste marce trionfali cosรฌ giustamente care alla pietร cristiana dei nostri i giorni, erano impossibili nella Chiesa al tempo dei martiri. Esse non furono usate dopo la vittoria, quasi che non rientrassero nella consuetudine e nello spirito delle forme liturgiche primitive, che continuarono per lungo tempo ad essere in uso. Erano dโaltronde meno necessarie e quasi superflue per la viva fede di quel tempo: la solennitร del Sacrificio stesso, la partecipazione comune ai Misteri sacri, la lode ininterrotta dei canti liturgici che risuonavano intorno allโaltare rendevano a Dio omaggio e gloria, mantenevano lโesatta nozione del dogma, e conservavano nel popolo cristiano una sovrabbondanza di vita spirituale che non si riscontra piรน nellโetร seguente. Il memoriale divino recava i suoi frutti; le intenzioni del Signore nellโistituire il mistero erano compiute, e il ricordo di quella istituzione, celebrato fin dโallora come ai nostri giorni nella Messa del Giovedรฌ santo, rimaneva impresso profondamente nel cuore dei fedeli.
Lโindebolimento della fede.
Fu cosรฌ fino al secolo XIII. Ma allora, e in seguito al raffreddamento che la Chiesa deve costatare allโinizio di quel secolo (Orazione della festa delle Stimmate di san Francesco) si indebolรฌ la fede, e con essa la profonda pietร delle antiche genti cristiane. In questa decadenza progressiva che miracoli di santitร individuale non riuscivano ad arrestare, cโera da temere che lโadorabile Sacramento che รจ il mistero della fede per essenza, avesse a soffrire piรน di ogni altro per lโindifferenza e la freddezza delle nuove generazioni. Giร qua e lร , ispirata dallโinferno, era risonata piรน dโuna negazione sacrilega, spaventando i popoli, ancora troppo fedeli in generale per essere sedotti, ma stimolando la vigilanza dei pastori e facendo giร numerose vittime.
Le eresie sacramentarie.
Scoto Eriugena aveva tirato fuori la formula dellโeresia sacramentaria: lโEucaristia non era per lui โche un segno, figura dellโunione spirituale con Gesรน, percepita mediante il solo intellettoโย [2]. Il suo oscuro pedantismo ebbe scarsa risonanza, e non prevalse contro la tradizione cattolica esposta nei profondi scritti di Pascasio Radberto, Abate di Gorbia. Riportati a galla nel secolo XI da Berengario, i sofismi di Scoto turbarono allora piรน seriamente e piรน a lungo la Chiesa di Francia, senza tuttavia sopravvivere allโastuta vanitร del loro secondo padre. Lโinferno avanzava poco in questi attacchi ancora troppo diretti; raggiunse meglio il suo scopo per vie traverse. Lโimpero bizantino nutriva i resti della setta manichea che, considerando la carne come lโopera del principio perverso, rovesciava lโEucaristia dalla base. Mentre, avido di fama, Berengario dogmatizzava ad alta voce senza alcun vantaggio per lโerrore, la Tracia e la Bulgaria inviavano sotto sotto i loro apostoli verso lโOccidente. La Lombardia, le Marche e la Toscana furono infestate; oltrepassando i monti, lโimpura fiamma si sprigionรฒ insieme in parecchi punti del regno cristianissimo: Orlรฉans, Tolosa, Arras videro il veleno penetrare nelle proprie mura. Si credette di aver soffocato il male in radice con energiche repressioni; ma il contagio si estendeva nellโombra. Prendendo il mezzogiorno della Francia come base delle sue operazioni, lโeresia si organizzรฒ subdolamente per tutta la durata del secolo XII, e furono tali i suoi progressi latenti che, scoprendosi infine allโinizio del secolo XIII, pretese di sostenere con le armi alla mano i suoi perversi dogmi. Furono necessari spargimenti di sangue per vincerla e sottrarle le sue roccheforti; e ancora per lungo tempo dopo la sconfitta dellโinsurrezione armata, lโInquisizione dovette sorvegliare attivamente le province percosse dal flagello degli Albigesi.
La visione della beata Giuliana.
Simone di Montfort era stato il vindice della fede. Ma nel tempo stesso in cui il braccio vittorioso dellโeroe cristiano sbaragliava lโeresia, Dio preparava al suo Figliolo indegnamente oltraggiato dai settari nel Sacramento del suo amore un trionfo piรน pacifico e una riparazione piรน completa. Nel 1208, unโumile religiosa ospedaliera, la Beata Giuliana di Mont-Cornillon presso Liegi, aveva una visione misteriosa, in cui le appariva la luna nella sua pienezza, che mostrava sul proprio disco una incrinatura. Due anni dopo, le fu rivelato che la luna significava la Chiesa del suo tempo, e lโincrinatura che vi rilevava, lโassenza dโuna solennitร nel Ciclo liturgico, poichรฉ Dio voleva che una nuova festa fosse celebrata ogni anno per onorare solennemente e in modo distinto lโistituzione della Santissima Eucaristia: il ricordo storico dellaย Cena del Signoreย il Giovedรฌ santo non rispondeva ai nuovi bisogni dei popoli turbati dallโeresia; non bastava piรน alla Chiesa, distratta del resto allora dalle importanti funzioni di quel giorno, e presto assorbita dalla tristezza del Venerdรฌ santo.
Nel tempo stesso che Giuliana riceveva tale comunicazione, le fu ingiunto di porre ella stessa mano allโopera e di far conoscere al mondo i voleri divini. Passarono ventโanni prima che lโumile e timida vergine potesse trovare il coraggio dโuna simile iniziativa. Si confidรฒ infine con un canonico di S. Martino di Liegi, Giovanni di Losanna, che stimava in modo singolare per la sua grande santitร , e lo pregรฒ di discutere sullโoggetto della sua missione con i dottori. Tutti furono dโaccordo nel riconoscere che non solo nulla si opponeva allโistituzione della festa progettata, ma che ne derivava al contrario un aumento della gloria divina e un gran bene nelle anime. Riconfortata da questa decisione, la Beata fece comporre e approvare per la futura festa un Ufficio proprio che cominciava con le parole:ย Animarum cibus, e di cui rimangono ancor oggi dei frammenti.
La festa del Corpus Domini.
La Chiesa di Liegi, a cui la Chiesa universale era giร debitrice della festa della Santissima Trinitร , era predestinata al nuovo onore di dar origine alla festa del Santissimo Sacramento. Fu un giorno radioso, quando, nel 1246, dopo cosรฌ lungo tempo e innumerevoli ostacoli, Roberto di Torote, vescovo di Liegi, ordinรฒ con un decreto sinodale che ogni anno, il Giovedรฌ dopo la Santissima Trinitร , tutte le Chiese della sua diocesi avrebbero dovuto osservare dโora in poi, astenendosi dalle opere servili e praticando un digiuno di preparazione, una festa solenne in onore dellโineffabile Sacramento del Corpo del Signore.
La festa del Corpus Domini fu dunque celebrata per la prima volta in quella insigne Chiesa, nel 1247. Il successore di Roberto, Enrico di Gueldre, uomo dโarmi e gran signore, aveva altre preoccupazioni che quelle del suo predecessore. Ugo di San Caro, cardinale di Santa Sabina, legato in Germania, venuto a Liegi per porre riparo ai disordini che vi accadevano sotto il nuovo governo, sentรฌ parlare del decreto di Roberto e della nuova solennitร . Giร priore e provinciale dei Frati Predicatori, era stato fra quelli che, consultati da Giovanni di Losanna, ne avevano favorito il progetto. Volle avere lโonore di celebrare egli stesso la festa, e di cantarvi la Messa in pompa magna. Inoltre, con mandato del 29 dicembre 1253 indirizzato agli Arcivescovi, Vescovi, Abati e fedeli del territorio della sua legislazione, confermรฒ il decreto del vescovo di Liegi e lo estese a tutte le terre di sua giurisdizione, concedendo una indulgenza di cento giorni a tutti coloro che, contriti e confessati, avessero visitato devotamente le chiese in cui si celebrava lโUfficio della festa, il giorno stesso oppure durante lโOttava. Lโanno seguente, il cardinale di Saint-Georges-au-Voile-dโOr, che gli succedette nella legazione, confermรฒ e rinnovรฒ le ordinanze del cardinale di Santa Sabina. Ma quei reiterati decreti non poterono vincere la freddezza generale; e furono tali le manovre dellโinferno il quale si vedeva raggiunto nei suoi profondi abissi, che dopo la partenza dei legati si videro degli ecclesiastici di gran nome e costituiti in dignitร opporre alle ordinanze le loro decisioni particolari. Quando morรฌ la Beata Giuliana, nel 1258, la Chiesa di S. Martino era sempre lโunica in cui si celebrasse la festa che ella aveva avuto la missione di stabilire nel mondo intero. Ma lasciava, perchรฉ continuasse la sua opera, una pia reclusa chiamata Eva, che era stata la confidente dei suoi desideri.
Lโestensione della festa alla Chiesa Universale.
Il 29 agosto 1261 saliva al trono pontificio Giacomo Pantaleone assumendo il nome di Urbano IV. Aveva conosciuto la Beata Giuliana quando era ancora arcidiacono di Liegi, e ne aveva approvato i progetti. Eva credette di vedere in quellโesaltazione il segno della Provvidenza. Dietro le insistenze della monaca, Enrico di Gueldre scrisse al nuovo Papa per congratularsi con lui e per pregarlo di confermare con la sua sovrana approvazione la festa istituita da Roberto di Torote. Nello stesso tempo diversi prodigi, e in special modo quello del corporale di Bolsena insanguinato da unโostia miracolosa quasi sotto gli occhi della corte pontificia che risiedeva allora ad Orvieto, parvero spingere Urbano da parte del cielo e rafforzare il grande zelo che egli aveva un tempo manifestato in onore del divin Sacramento. San Tommaso dโAquino fu incaricato di comporre secondo il rito romano lโUfficio che doveva sostituire nella Chiesa quello della Beata Giuliana, adattato da essa al rito dellโantica liturgia francese. La bollaย Transiturusย fece quindi conoscere al mondo le intenzioni del Pontefice: ricordando le rivelazioni di cui aveva avuto un giorno notizia, Urbano IV stabiliva nella Chiesa universale, per la confusione dellโeresia e lโesaltazione della fede ortodossa, una speciale solennitร in onore dellโaugusto memoriale lasciato da Cristo alla sua Chiesa. Il giorno fissato per tale festa era laย Feria quintaย ossia il Giovedรฌย dopo lโottava della Pentecoste.
Sembrava che la causa fosse finalmente giunta al termine. Ma i torbidi che agitavano allora lโItalia e lโImpero fecero dimenticare la bolla di Urbano IV prima ancora che fosse messa in esecuzione. Quarantโanni e piรน passarono prima che essa fosse di nuovo promulgata e confermata da Clemente V nel concilio di Vienna. Giovanni XXII le diede la forza di legge definitiva inserendola nel Corpo del Diritto nelleย Clementine, ed ebbe cosรฌ il vanto di dare lโultima mano, verso il 1318, a quella grande opera il cui compimento aveva richiesto piรน dโun secolo.
Il desiderio del cuore umano.
Nondimeno, contro questa festa e il suo divino oggetto, alcuni hanno ripetuto le parole:ย Come possono avvenire queste cose?ย (Gv 3,9; 6,53). La ragione sembrava giustificare le loro affermazioni contro ciรฒ che essi chiamavano le pretese insensate del cuore dellโuomo.
Ogni essere ha sete di felicitร , e tuttavia non aspira se non al bene di cui รจ capace, poichรฉ la condizione della felicitร รจ appunto nella piena soddisfazione del desiderio che lo domina.
Come tutto ciรฒ che vive intorno a lui, lโuomo ha sete di felicitร ;ย e tuttavia, trovandosi solo su questa terra, sente in sรฉ aspirazioni che sorpassano infinitamente i limiti della sua fragile natura. Dio che si rivela a lui, mediante le sue opere, in un modo corrispondente alla sua natura creata; Dio causa prima e fine universale, perfezione senza limiti, bellezza infinita, somma bontร , oggetto certamente degno di fissare per sempre colmandogli il suo intelletto e il suo cuore: Dio cosรฌ conosciuto, cosรฌ gustato non basta piรน allโuomo. Questo essere da nulla vuole lโinfinito nella sua sostanza, anela a conoscere il volto del Signore e la sua vita intima. La terra non รจ ai suoi occhi che un deserto senza uscita, senzโacque per estinguere la sua sete (Sal 62,2): โCome il cervo anela allโacqua delle fonti โ esclama โ cosรฌ lโanima mia anela a te, o Dio! Lโanima mia ha sete del Dio forte, del Dio vivo. Oh, quando verrรฒ, quando pascolerรฒ dinanzi al volto di Dio?โ (Sal 41,2-3).
Strano entusiasmo, senza dubbio, per la fredda ragione; pretese, si direbbe, veramente insensate! Questa visione di Dio, questa vita divina, questo banchetto del quale Dio stesso sarebbe il cibo, potrebbe mai lโuomo far sรฌ che queste sublimitร non rimangano infinitamente al disopra delle potenze della sua natura, come di ogni natura creata? Un abisso lo separa dallโoggetto che lo affascina, abisso che non รจ altro se non la spaventosa sproporzione dal nulla allโessere. Lโatto creatore nella sua onnipotenza non potrebbe da sรฉ solo colmare tale abisso; e perchรฉ la sproporzione cessasse di essere un ostacolo alla bramata unione, bisognerebbe che Dio stesso colmasse la distanza e si degnasse di comunicare a questo rampollo del nulla le sue stesse forze. Ma che รจ dunque lโuomo, perchรฉ lโEssere supremo, la cui magnificenza sorpassa i cieli, si abbassi fino a lui? (Sal 143,5).
La risposta dellโamore infinito.
Dio รจ amore; e il miracolo non sta nel fatto che noi abbiamo a-mato Dio, ma che egli stesso ci abbia amati (1Gv 4,10). Ora lโamore richiede lโunione, e lโunione richiede degli esseri simili. O ricchezza della divina natura in cui si effondono, ugualmente infiniti, Potenza, Sapienza e Amore, che costituiscono lโaugusta Trinitร ! Gloria a te, Spirito Santo, il cui regno appena iniziato illumina di simili raggi i nostri occhi mortali! In questa settimana che ci vede dare inizio insieme a te allโinventario dei doni preziosi lasciati nelle nostre mani dallo Sposo che saliva al cielo (cfr. Sal 67,19; Ef 4,8), in questo primo Giovedรฌ che ci ricorda la Cena del Signore, tu riveli ai nostri cuori la pienezza e insieme il fine e la mirabile armonia delle opere che compie il Dio uno nella sua essenza e trino nelle sue persone; sotto il velo delle sacre specie, tu offri ai nostri occhi ilย memorialeย vivo delle meraviglie compiute dallโaccordo dellโOnnipotenza, della Sapienza e dellโAmore (Sal 110,4)! Solo lโEucaristia poteva infatti mettere in piena luce lo sviluppo nel tempo, il progressivo avanzare delle divine risoluzioni ispirate dallโamore infinito che le guidaย sino alla fineย (Gv 13,1).
Lode allโeterna Sapienza.
O Sapienza, che sei uscita dalla bocca dellโAltissimo, che corri da unโestremitร allโaltra e disponi ogni cosa con forza e dolcezza (la prima delle Antifone maggiori dellโAvvento), noi imploravamo nel tempo dellโAvvento la tua venuta in Betlemme, laย casa del pane; tu eri la prima aspirazione dei nostri cuori. Il giorno della tua gloriosa Epifania manifestรฒ il mistero delle nozze, e rivelรฒ lo Sposo; la Sposa fu preparata nelle acque del Giordano; cantammo i Magi che accorrevano portando doni al banchetto rappresentativo, e gli invitati che bevevano un vino miracoloso. Ma lโacqua mutata in vino presagiva piรน sublimi meraviglie. La vite, la vera vite di cui noi siamo i tralci (Gv 15,5), ha dato i suoi magnifici fiori, i suoi frutti di grazia e di onore (Eccli 24,23). Il frumento abbonda nelle valli, e queste cantano un inno di lode (Sal 64,14).
O Sapienza, nobile sovrana, le cui attrattive divine conquistano fin dallโinfanzia i cuori bramosi della vera bellezza (Sap 8,2), รจ dunque giunto il giorno del vero banchetto nuziale! Come una madre colma dโonore, tu accorri per nutrirci del pane di vita, e inebriarci della bevanda salutare (Eccli 15,2-3). Il tuo frutto รจ migliore dellโoro e della pietra preziosa, e la tua sostanza migliore dellโargento piรน puro (Prov 8,19). Quelli che ti mangiano avranno ancora fame, quelli che ti bevono non estingueranno la loro sete (Eccli 24,29), poichรฉ la tua compagnia non ha amarezze, la tua societร non dร disgusto; con te sono la letizia e il gaudio (Sap 8,16), le ricchezze, la gloria e la virtรน (Prov 8,18).
In questi giorni in cui tu elevi il tuo trono nellโassemblea dei santi, penetrando con agio i misteri del divino banchetto, noi vogliamo render note le tue meraviglie e con il tuo consenso cantare le tue lodi davanti agli eserciti dellโAltissimo (Eccli 1,4). Degnati di aprire la tua bocca e di riempirci del tuo Spirito, o divina Sapienza, affinchรฉ la nostra lode sia degna del suo oggetto, e abbondi, secondo la tua promessa, nella bocca dei tuoi adoratori (Gv 12,24-25).
MESSA
EPISTOLA (1Cor 11,23-29). โ Fratelli: Io ho ricevuto dal Signore quello che ho insegnato a voi, che il Signore Gesรน, nella notte in cui era tradito, prese del pane e, dopo aver rese le grazie, lo spezzรฒ e disse: Prendete e mangiate: questo รจ il mio corpo, che sarร dato a morte per voi: fate questo in memoria di me. Parimenti, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: Questo calice รจ il nuovo testamento nel mio sangue: fate questo, tutte le volte che ne berrete, in memoria di me. Or dunque, tutte le volte che mangerete questo pane e berrete questo calice, annunzierete la morte del Signore, finchรฉ egli non venga. Pertanto chiunque mangerร questo pane o berrร il calice del Signore indegnamente, sarร reo del corpo e del sangue del Signore. Provi dunque ciascuno se stesso, e cosรฌ mangi di quel pane e beva di quel calice; perchรฉ chi ne mangia e ne beve indegnamente, mangia e beve la sua condanna, non distinguendo il corpo del Signore.
โAnnunciare la morte del Signoreโ.
La Santissima Eucaristia, come Sacrificio e come Sacramento, รจ il centro della religione cristiana, sicchรฉ il Signore ha voluto che il fatto della sua istituzione fosse basato, negli scritti ispirati, su una quadruplice testimonianza. San Paolo, che abbiamo ora sentito, unisce la sua voce a quelle di san Matteo, di san Marco e di san Luca. Egli basa il suo racconto, in tutto conforme a quello degli Evangelisti, sulle parole stesse del Signore, che si degnรฒ di apparirgli e di ammaestrarlo personalmente dopo la sua conversione.
LโApostolo insiste sul potere che il Salvatore diede ai suoi discepoli di rinnovare lโatto che egli aveva compiuto, e ci insegna in particolare che ogni qualvolta il Sacerdote consacra il corpo e il sangue di Gesรน Cristo,ย annuncia la morte del Signore, esprimendo con tali parole lโunitร del Sacrificio sulla croce e sullโaltare. Con lโimmolazione del Redentore sulla croce la carne di questo Agnello di Dio รจ diventata โveramente un ciboโ, e il suo sangue โveramente una bevandaโ, come ci dirร presto il Vangelo. Non lo dimentichi dunque il cristiano, anche in questo giorno di trionfo. Lo si costata subito: la Chiesa nella Colletta non aveva altro scopo che di inculcare profondamente nellโanima dei suoi figli lโestrema e cosรฌ commovente raccomandazione del Signore: โOgni qualvolta berrete di questo calice del nuovo testamento, fatelo in memoria di meโ. La scelta di questo passo del grande Apostolo come Epistola fa sempre piรน comprendere al cristiano che la carne divina che nutre lโanima sua รจ stata preparata sul Calvario e che, se lโAgnello รจ oggi vivo e, immortale, รจ diventato nostro cibo attraverso una morte dolorosa. Il peccatore riconciliato riceverร con compunzione quel corpo santo, di cui si rimprovera amaramente di aver versato tutto il sangue con i suoi innumerevoli peccati; il giusto vi parteciperร nellโumiltร , ricordando che anche lui ha avuto la sua parte fin troppo grande ai dolori dellโinnocente Agnello e che se oggi sente in sรฉ la vita della grazia, non lo deve che al sangue della Vittima la cui carne gli sarร data in cibo.
La purezza richiesta.
Ma temiamo soprattutto il tremendo sacrilegio condannato dallโApostolo e che non esiterebbe ad infliggere, con uno spaventoso rovesciamento, una nuova morte allโAutore della vita, nel banchetto stesso del quale il suo sangue fu il prezzo! โGiudichi dunque lโuomo sรฉ stesso โ dice san Paolo โ e solo allora mangi di quel pane e beva di quel caliceโ. Questa prova, รจ la confessione sacramentale per chiunque abbia coscienza dโun peccato grave non ancora confessato: qualunque pentimento egli possa averne, e fosse anche giร riconciliato con Dio mediante un atto di contrizione perfetta, il precetto dellโApostolo, interpretato dallโusanza della Chiesa e dalle sue definizioni conciliari (Concilio di Trento, Sess. XIII, c. VII, can. 11), gli vieta lโaccesso alla sacra mensa, finchรฉ non abbia sottoposto la sua colpa al potere delle Chiavi.
Nella Sequenza, celebre opera del Dottor Angelico, la Chiesa, la vera Sion, manifesta il suo entusiasmo ed effonde il suo amore per il Pane vivo e vivificante, in termini dโuna precisione scolastica che sembrerebbe sfidare qualunque poesia nella sua forma. Il mistero eucaristico vi si svolge con la pienezza concisa e la maestร semplice e grandiosa di cui san Tommaso possedette il meraviglioso segreto. Questa esposizione sostanziale dellโoggetto della festa, sostenuta da un canto in armonia con il pensiero, giustifica pienamente lโentusiasmo prodotto nellโanima dal susseguirsi di quelle magnifiche strofe.
SEQUENZA
Loda, o Sion, il Salvatore, loda il duce ed il pastore con inni e canti.
Quanto puoi tanto ardisci, perchรฉ egli รจ superiore ad ogni lode e tu non basti a lodarlo.
Come tema di lode speciale, รจ il pane vivo e datore di vita che vien proposto oggi.
Quel pane che nella mensa della sacra cena, alla turba dei dodici fratelli, fu dato realmente.
La lode sia piena e sonora, sia gioconda e piena di decoro la gioia dello spirito.
Perchรฉ si celebra il giorno solenne, che di questa mensa ricorda la prima istituzione.
In questa mensa del nuovo Re, la novella Pasqua della nuova legge pone fine alla Pasqua antica.
Il nuovo fa cessar lโantico, la veritร fa dileguare le ombre, la luce toglie la notte.
Cristo ciรฒ che fece nella cena, comandรฒ che si facesse in suo ricordo.
Ammaestrati dai sacri insegnamenti, noi consacriamo il pane e il vino, ostia di salute.
ร un domma per i cristiani, che il pane si converte in carne, e il vino in sangue.
Ciรฒ che non comprendi, ciรฒ che non vedi, lโanimosa fede lโassicura, trascendendo ogni ordine naturale.
Sotto diverse specie, che son parvenze e non sostanze, si nascondono cose sublimi.
La carne รจ cibo, il sangue รจ bevanda, ma Cristo rimane intero, sotto lโuna e lโaltra specie.
Da chi lo riceve non รจ fatto a pezzi, non รจ rotto, non รจ diviso: รจ ricevuto intero.
Lo riceve uno, lo ricevon mille, tanto questi che quelli, e, ricevuto, non si consuma.
Lo ricevono i buoni, lo ricevono i cattivi, ma con sorte diversa: di vita o di morte.
ร morte per i cattivi, รจ vita per i buoni: guarda come la stessa comunione abbia effetti diversi.
Se il sacramento viene spezzato, non vacillare, ma ricordati che รจ tanto, in un frammento quanto in tutta lโostia.
La divisione non รจ della sostanza, ma solo della specie: senza diminuzione dello stato o della grandezza di ciรฒ che sotto le specie รจ nascosto.
Ecco il pane degli Angeli divenuto cibo dei pellegrini: รจ il vero pane dei figli, da non gettarsi ai cani.
Fu simboleggiato con figure nellโimmolazione di Isacco, nel sacrificio dellโagnello pasquale, nella manna data ai padri.
Buon pastore, pane vero, o Gesรน, abbi pietร di noi, nutriscici, difendici, facci vedere i beni nella terra dei viventi.
Tu, che sai tutto e tutto puoi, e ci nutrisci qui, mortali, rendici, lassรน, tuoi commensali e coeredi e compagni dei santi cittadini. Amen. Alleluia.
VANGELO (Gv 6,56-59). โ In quel tempo, disse Gesรน ai Giudei: La mia carne รจ veramente cibo e il mio sangue รจ veramente bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre vivente mi inviรฒ ed io vivo per il Padre, cosรฌ chi mangia me, vivrร anchโegli per me. Questo รจ il pane disceso dal cielo; e non sarร come la manna che i vostri padri mangiarono e morirono. Chi mangia di questo pane vivrร in eterno.
LโEucaristia, alimento di vita per lโanimaโฆ
Il discepolo prediletto non poteva rimanere silenzioso sul Mistero dโamore. Tuttavia, quando scrisse il suo Vangelo lโistituzione di questo Sacramento era giร abbastanza narrata dai tre Evangelisti che lโavevano preceduto e dallโApostolo delle Genti. Senza tornare dunque su quella divina storia, egli completรฒ il loro racconto con quello della solenne promessa che aveva fatta il Signore un anno prima della Cena sulle rive del lago di Tiberiade.
Allโinnumerevole moltitudine che attira al suo seguito il recente miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, Gesรน si presenta come il vero pane di vita disceso dal cielo e che preserva dalla morte, a differenza della manna data da Mosรจ ai loro padri. La vita รจ il primo dei beni, come la morte lโestremo dei mali. La vita risiede in Dio come nella sua sorgente (Sal 35,10); egli solo puรฒ comunicarla a chi vuole, e restituirla a chi lโha perduta.
Il Verbo di Dio รจ venuto in mezzo agli uomini perchรฉ avessero la vita e lโavessero in abbondanza (Gv 10,10). E siccome รจ proprio del cibo accrescere e mantenere la vita, si รจ fatto cibo, cibo vivo, vivificante, disceso dal cielo. Partecipando essa stessa della vita eterna che attinge direttamente al seno del Padre, la carne del Verbo comunica questa vita a chi la mangia. Ciรฒ che รจ per sua natura corruttibile โ dice san Cirillo Alessandrino โ non puรฒ essere vivificato diversamente che con lโunione corporea al corpo di colui รจ vita per natura; ora, come due pezzi di cera fusi insieme dal fuoco non ne formano piรน che uno solo, cosรฌ fa di noi e di Cristo la partecipazione del suo corpo e del suo sangue prezioso. Questa vita dunque che risiede nella carne del Verbo, divenuta nostra in noi stessi, non sarร , come non lo fu in lui, vinta dalla morte; scuoterร nel giorno stabilito le catene dellโantica avversaria, e riporterร la vittoria sulla corruzione dei nostri corpi immortali (san Cirillo Alessandrino,ย Su san Giovanni, l. x, c. 2).
โฆ e per il corpo.
Cosรฌ era necessario che non soltanto lโanima fosse rinnovata dal contatto del Verbo, ma che questo stesso corpo terreno e grossolano partecipasse in qualche modo allaย virtรน vivificante dello Spirito, secondo lโespressione del Signore (Gv 6,64). โColoro che hanno sorbito il veleno per lโinganno dei loro nemici โ dice egregiamente san Gregorio Nisseno โ uccidono in sรฉ il virus con un rimedio opposto; ma come รจ accaduto per la bevanda mortale, bisogna che la pozione salutare sia introdotta fin nelle loro viscere, affinchรฉ di qui si diffonda in tutto lโorganismo la sua virtรน curativa. Noi dunque che abbiamo gustato il frutto deleterio, abbiamo bisogno pure dโun rimedio di salvezza che nuovamente raccolga e armonizzi in noi gli elementi disgregati e confusi della nostra natura e che, penetrando nellโintimo della nostra sostanza, neutralizzi e scacci il veleno con una forza contraria. E quale sarร questo rimedio? Non altro che quel corpo che si รจ mostrato piรน potente della morte, ed ha posto per noi il principio della vita. Come un poโ di lievito โ dice lโApostolo โ assimila tutta la pasta, cosรฌ questo corpo, entrando nel nostro, lo trasforma interamente in sรฉ. Ma nulla puรฒ penetrare cosรฌ la nostra sostanza corporea se non mediante il mangiare e il bere; รจ questo il modo, conforme alla sua natura, secondo il quale giunge fino al nostro corpo la virtรน vivificanteโ (san Gregorio Nisseno,ย Catechesi, xxxvii).
PROCESSIONE
Chi รจ costei che avanza profumando il deserto del mondo dโuna nube dโincenso, di mirra e di ogni sorta di profumi? La chiesa attornia la lettiga dorata in cui appare lo Sposo nella sua gloria. Accanto a lui sono raccolti i forti dโIsraele, sacerdoti e leviti del Signore, potenti presso Dio. Figlie di Sion, uscitegli incontro; contemplate il vero Salomone sotto lo splendore del diadema di cui lโha incoronato la madre nel giorno delle sue nozze e del gaudio del suo cuore (Ct 3,5-11). Questo diadema รจ la carne che il Verbo ha ricevuta dalla Vergine purissima, quando ha preso in isposa lโumanitร (san Gregorio,ย Sul Cantico dei Cantici). Per quel corpo perfettissimo, per quella carne sacrosanta continua tutti i giorni, sul santo altare, lโineffabile mistero delle nozze dellโuomo e della Sapienza eterna. Non รจ dunque giusto che una volta allโanno la santa Chiesa dia libero corso ai suoi trasporti verso lo Sposo nascosto sotto i veli del Sacramento? Per questo il Sacerdote ha oggi consacrato due Ostie, e dopo averne consumato una, ha posto lโaltra nellโostensorio che, recato rispettosamente in mano, attraverserร ora sotto il baldacchino, al canto degli inni, le file della moltitudine prostrata.
Storia.
Questa solenne dimostrazione verso lโOstia santa, come giร abbiamo detto, รจ piรน recente della stessa festa delย Corpus Domini.ย Urbano IV non ne parla nella sua Bolla dโistituzione del 1264. Invece, Martino V ed Eugenio IV, nelle loro costituzioni piรน sopra citate (26 maggio 1429 e 26 maggio 1433), ci danno la prova che essa era giร in uso fin da quel tempo, poichรฉ concedono particolari indulgenze a coloro che la seguono. Il milanese Donato Bossio riferisce nella sua Cronaca che โil giovedรฌ 29 maggio del 1404 si portรฒ per la prima volta solennemente il Corpo di Cristo per le strade di Pavia,ย come รจ entrato in uso in seguitoโ. Alcuni autori ne hanno concluso che la Processione del Santissimo Sacramento non risaliva oltre tale data, e doveva la sua prima origine alla Chiesa di Pavia. Ma una simile conclusione sorpassa il testo su cui si basa, e che puรฒ benissimo non esprimere altro che un fatto di cronaca locale.
Troviamo infatti la Processione menzionata su un titolo manoscritto della Chiesa di Chartres nel 1330, in un atto del Capitolo di Tournai nel 1325, nel concilio di Parigi del 1323 e in quello di Sens del 1320. Speciali indulgenze sono concesse da questi due concili allโastinenza e al digiuno della Vigilia del Corpus Domini, ed essi aggiungono: โQuanto alla solenne Processione che si fa il Giovedรฌ della festa portando il divin Sacramento, siccome pare che essa sia stata introdotta ai giorni nostri per una specie di divina ispirazione, non stabiliamo nulla per il momento, lasciando ogni cosa alla devozione del clero e del popoloโ (Labbe,ย Conc.ย t. XI, pp. 1680, 1711). Lโiniziativa popolare sembra avere avuto dunque una grande parte in questa istituzione; e come Dio aveva scelto, nel secolo precedente, un papa francese per istituire la festa, dalla Francia ancora si diffuse a poco a poco in tutto lโOccidente questo glorioso complemento della solennitร del Mistero della fedeย [3].
Sembra probabile tuttavia che in principio lโOstia santa non fosse, almeno dappertutto, portata in mostra come oggi nelle processioni, ma solo velata e racchiusa in una cassa o in una teca preziosa. Cโera lโusanza di portarla in questa maniera fin dal secolo XI in alcune Chiese nella Processione delle Palme e in quella del mattino della Risurrezione. Abbiamo parlato altrove di queste solenni manifestazioni che del resto non avevano tanto per oggetto di onorare direttamente il divin Sacramento, quanto di rendere piรน al vivo il mistero del giorno. Comunque sia, lโuso degli estensori oย esposizioni, come le chiama il concilio di Colonia del 1452, seguรฌ quasi subito lโistituzione della nuova Processione.
Dottrina del Concilio di Trento.
Tuttavia, lโeresia protestante tacciรฒ subito di novitร , di superstizione e di odiosa idolatria questi naturali sviluppi del culto cattolico ispirati dalla fede e dallโamore. Il concilio di Trento colpรฌ di anatema le recriminazioni dei settari (Sess. XIII, c. VI) e, in un capitolo speciale, giustificรฒ la Chiesa in termini che non possiamo fare a meno di riprodurre: โIl santo Concilio dichiara piissima e santissima lโusanza che si รจ introdotta nella Chiesa, di consacrare ogni anno una festa speciale a celebrare in tutti i modi lโaugusto Sacramento, come pure di portarlo in processione per le vie e le pubbliche piazze con pompa ed onore. ร giustissimo infatti che siano stabiliti alcuni giorni in cui i cristiani, con una dimostrazione solenne e specialissima, testimoniano la loro gratitudine e il loro devoto ricordo verso il comune Signore e Redentore, per il beneficio ineffabile e divino che ripropone ai nostri occhi la vittoria e il trionfo della sua morte. Cosรฌ bisognava ancora che la veritร vittoriosa trionfasse sulla menzogna e sullโeresia, in modo che i suoi avversari, in mezzo a tanto splendore e a tanto gaudio di tutta la Chiesa, o perdano il coraggio o, confusi, giungano alfine alla resipiscenza (Sessione XIII, c. V).
Le bellezze della festa del Corpus Domini.
Ma noi cattolici, fedeli adoratori del Sacramento dโamore, โcon quale gaudioโ, esclama lโeloquente Padre Faber, โnon dobbiamo contemplare quella splendente e immensa nube di gloria che la Chiesa in questa occasione fa salire verso Dio! Sรฌ, sembrerebbe che il mondo sia ancora nel suo stato di fervore e dโinnocenza primitiva! Guardate quelle gloriose processioni che, con i loro stendardi scintillanti al sole, si snodano attraverso le strade ornate di fiori dei villaggi cristiani, sotto le volte venerabili delle antiche basiliche e lungo i cortili dei seminari, asili della pietร . In quel concorso di folle, il colore del volto e la diversitร delle lingue non sono che rinnovate prove dellโunitร di quella fede che tutti sono lieti di professare con la voce del magnifico rituale di Roma. Su quanti altari di forma diversa, tutti ornati dei fiori piรน soavi e risplendenti di luce, tra nuvole dโincenso, al suono dei sacri cantici e davanti a una moltitudine prostrata e raccolta, il Santissimo Sacramento viene sollevato per ricevere le adorazioni dei fedeli, e abbassato per benedirli! E quanti atti ineffabili di fede e dโamore, di trionfo e di riparazione non ci rappresenta ognuna di queste cose! Il mondo intero e lโaria della primavera sono ripieni di canti di letizia. I giardini sono spogli dei loro piรน bei fiori, che mani devote gettano sul cammino del Dio che passa velato nel Sacramento. Le campane fanno risuonare lontano i loro giocondi concerti. Il Papa sul suo trono e la giovinetta nel suo villaggio, le religiose di clausura e gli eremiti solitari, i vescovi, i dignitari e i predicatori, gli imperatori, i re e i principi, tutti sono oggi ripieni del pensiero del Santissimo Sacramento. Le cittร sono illuminate, le abitazioni degli uomini sono animate dai trasporti della gioia. ร tale la letizia universale che gli uomini vi si abbandonano senza sapere perchรฉ, e rinasce su tutti i cuori dove regna la tristezza, sui poveri, su tutti quelli che rimpiangono la libertร , la famiglia o la patria. Tutti questi milioni di anime che appartengono alla regale famiglia e al linguaggio spirituale di san Pietro sono oggi piรน o meno prese dal Santissimo Sacramento, sรฌ che tutta la Chiesa militante trasalisce dโuna gioia e dโuna emozione simile al fremito dei flutti del mare agitato. Il peccato sembra dimenticato; le lacrime stesse sembrano piuttosto strappate dallโeccesso della felicitร che dalla penitenza. ร unโebbrezza simile a quella che trasporta lโanima che fa il suo ingresso in cielo; o meglio si direbbe che la terra stessa passa nel cielo, come potrebbe accadere appunto per la gioia di cui lโinonda il Santissimo Sacramentoโ (Il Santissimo Sacramento, I, p. 4).
Durante la Processione si cantano gli Inni dellโUfficio del giorno, ilย Lauda Sion, ilย Te Deumย e, secondo la lunghezza del percorso, ilย Benedictus, ilย Magnificatย o altri canti liturgici che abbiano qualche riferimento allโoggetto della festa, come gli Inni della Ascensione indicati nel Rituale. Ritornando alla Chiesa, la funzione termina, come al solito, con il canto delย Tantum ergo, del Versetto e dellโOrazione del Santissimo Sacramento. Ma, dopo la Benedizione solenne, il Diacono espone lโOstia santa sul trono dove i fedeli le faranno una guardia dโonore.
PREGHIAMO
O Dio, che in questo mirabile Sacramento ci hai lasciato il ricordo della tua passione, concedici di venerare i sacri misteri del tuo Corpo e del tuo Sangue con tanta fede da sentire sempre in noi gli effetti della tua redenzione
Fonte: il blog di Paolo de Martino



