AUTORE: Paolo di Martino
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Cosa ci sia storicamente dietro a questo brano del vangelo, non lo possiamo dire.
Forse cโรจ stata davvero una tempesta. Questo vangelo racconta cosa accade quando cโรจ da compiere un passaggio nella vita un cambiamento.
Mi sembra di vederlo, Gesรน stanco e sfinito dopo una lunga giornata di incontri che sale sulla barca con i suoi discepoli, ordina di andare allโaltra riva e si addormenta. Cโรจ pure un cuscino. Marco ricorda che โlo presero con sรฉ, cosรฌ comโeraโ.
Si cari amici, Gesรน di Nazareth va preso cosรฌ comโรจ, non come vorremmo che fosse, non quello frutto della nostra religiositร .
โPassiamo allโaltra rivaโ รจ lโinvito di Gesรน ad andare verso il nuovo e il cambiamento.
Quando pensiamo di essere finalmente arrivati, il Signore ci spinge a prendere il largo.
La vita รจ una continua attraversata dove si lasciano delle rive per arrivare ad altri approdi.
E ogni volta si lascia il certo per avventurarsi verso il nuovo e lโincerto.
Molte volte siamo invitati a โLasciare la follaโ, cioรจ quello che fan tutti, il conosciuto per abbracciare il nuovo che non รจ come vorremmo noi. La novitร non รจ mai come lโavremmo immaginata (altrimenti che novitร sarebbe?) eppure vorremmo giร conoscerla, gestirla.
Qual era questo cambiamento per i discepoli? Andare in terra pagana. Ogni volta che Gesรน invita i suoi discepoli ad andare allโaltra riva, accade sempre qualche resistenza.
Mi immagino i discepoli parlottare a voce bassa per non svegliare il loro Rabbรฌ che riposa.
Un bel quadretto tenero che viene interrotto da qualcosa che metterร in crisi la fede dei dodici, che susciterร in loro la domanda che รจ al centro del vangelo di Marco: โChi รจ costui?โ.
Si scatena โuna grande tempesta di ventoโ. Lโevangelista si rifร alla storia di Giona.
Il Signore gli aveva detto di andare in terra pagana a predicare la conversione ma lui, non volendo portare Dio ai pagani, aveva preso la direzione opposta scatenando una grande tempesta.
La tempesta, simbolicamente, รจ la resistenza dei discepoli ad andare in terra pagana.
Se lasciamo spazio al nuovo, al cambiamento, ecco la tempesta!
Ogni passaggio nella vita comporta una tempesta. Le onde sono le paure che emergono in questi momenti: โSarรฒ in grado di farcela? Riuscirรฒ a gestire questa novitร ?โ.
Noi speriamo e sogniamo una vita tranquilla, senza tempeste anche se sappiamo che non รจ possibile. Cerchiamo con tutte le forze di evitarci le tempeste.
Speriamo che โtutto fili lascio, che tutto vada bene, che non ci siano problemiโ.
E se imparassimo, invece, ad affrontare le tempeste?
E se imparassimo semplicemente a non affondare, a non affogare?
In che modo? Fidandoci di Lui! Smettiamo di voler controllare tutto , di decidere e di gestire. Seguiamo Lui perchรฉ per vie che non conosciamo certamente ci condurrร alla meta.
E Gesรน cosa fa nel bel mezzo di una tempesta? Dorme!
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Dorme, come se non gli importasse, o perlomeno รจ questa la sensazione che hanno i discepoli. Dobbiamo ammettere che non di rado abbiamo anche noi la stessa sensazione.
In alcune situazioni Dio sembra assente, sembra che abbia di meglio da fare.
Preghiamo, magari ci rivolgiamo a qualche santo, facciamo qualche novena ma niente.
E allora ce la prendiamo con Lui pensando che se ci fosse interverrebbe, che un Dio che dorme non sappiamo cosa farcene.
Molte persone mi parlano di questo โ presunto! โ โsonnoโ di Gesรน. Se Lui non risponde quando e come voglio io, allora si รจ addormentato. Se Lui non risolve i miei pasticci, allora รจ lontano e distante. Sicuri che ad essere addormentata non sia la nostra fede?
Ecco allora una domanda preziosa: chi dorme? Io o il mio Dio?
Amici, la potenza di Dio non entra โautomaticamenteโ nella nostra vita.
Dio opera nella misura in cui noi glielo concediamo. La fede richiede disponibilitร , apertura.
Il problema come sempre รจ la nostra fede spesso infantile che cerca miracoli piuttosto che la sua presenza.
Vorremmo che Dio ci esentasse dalle tempeste, e invece risponde dandoci tanta forza quanta ne basta per il primo colpo di remo.
Dio sembra dormire e non interviene perchรฉ vuole lasciare alle nostre capacitร , il compito di affrontare le tempeste della vita. Siamo splendidamente e terribilmente liberi.
Dio ci rende capaci di attraversare il mare in tempesta, dobbiamo solo ricordarci di aver preso sulla barca Gesรน cosรฌ comโรจ.
Eโ bellissimo perรฒ vedere che i discepoli trovano il coraggio di rimproverare il maestro. Pregano con sinceritร . Dovremmo anche noi imparare la franchezza con cui dicono a Gesรน quello che sentono dentro di loro.
A ben pensarci fanno una richiesta stranissima: pescatori ed esperti di maree chiedono aiuto ad un falegname di stare aggrappati a Lui per non affondare.
Si sveglia Dio, mica era addormentato: li teneva nel mirino.
Lui non fugge dalle sue responsabilitร : si lascia provocare. Non teme la bestemmia, non cerca la vendetta. Sta sulla barca pure Lui, per condividere fino in fondo il nostro destino.
Parla a loro: ยซPerchรฉ siete cosรฌ paurosi? Non avete ancora fede?
Parla al mare come fosse la cosa piรน normale: โTaci! Calmati!โ.
Letteralmente รจ โmettere la museruola; essere imbavagliatoโ.
Amici, se lasciamo libere le voci della paura รจ la fine.
Se non le imbavagliamo, la paura ci soffocherร e ci farร affondare.
Marco ci sta dicendo che avere fede significa essere padroni dei propri pensieri.
Significa guardarli e dire a quelli negativi: โSmettila, taciโ.
Perchรฉ la mia vita dipende anche dai pensieri che faccio. Non a caso nel vangelo e per i monaci dei primi secoli, i pensieri erano chiamati โdemoniโ.
Essere uomini di fede significa opporre ai pensieri di paura, la fiducia in Gesรน di Nazareth e nella vita.
Avere fede significa, nel mezzo della tempesta, sapere che da qualche parte Lui cโรจ.
Magari dorme, magari non lo sento, ma so che cโรจ. Per cui lo cerco e lo sveglio perchรฉ mi dia tutta quella fiducia di cui ho bisogno per affrontare quella tempesta e quella difficoltร .
E quando lo sveglio, quando lo trovo, allora sono salvo.
La bella notizia di questa Domenica? Gesรน di Nazareth si fa argine alle nostre paure.
Lo troveremo dentro di essa, nel riflesso piรน profondo delle nostre lacrime.
Fonte: il blog di Paolo de Martino



