Alle ore 9 di questa mattina, nella Cappella Redemptoris Mater, il Predicatore della Casa Pontificia, Rev.do P. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la quarta Predica di Quaresima. Tema delle meditazioni quaresimali รจ il seguente: โNessuno puรฒ dire: โGesรน รจ il Signore!โ se non nello Spirito Santoโ (1 Cor 12,3).
Lโultima predica di Quaresima avrร luogo venerdรฌ 7 aprile.
Tema delle meditazioni quaresimali รจ il seguente:
โNessuno puรฒ dire: โGesรน รจ il Signore!โ se non nello Spirito Santoโ (1 Cor 12,3).
Testo della predica
Lo Spirito Santo ci introduce nel mistero della risurrezione di Cristo
Abbiamo riflettuto nelle prime due meditazioni di Quaresima sullo Spirito Santo che ci introduce alla piena veritร sulla persona di Cristo, facendocelo proclamare Signore e vero Dio. Nellโultima meditazione siamo passati dallโessere allโagire di Cristo, dalla sua persona al suo operato, e in particolare sul mistero della sua morte redentrice. Oggi ci proponiamo di meditare sul mistero della sua e della nostra risurrezione.
San Paolo attribuisce apertamente la risurrezione di Gesรบ da morte allโopera dello Spirito Santo. Dice che Cristo โรจ stato costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santitร , in virtรน della risurrezione dei mortiโ (Rom 1,4). In Cristo รจ diventata realtร la grande profezia di Ezechiele sullo Spirito che entra nelle ossa aride, le risuscita dalle loro tombe e fa di una moltitudine di morti โun esercito grande, sterminatoโ di risorti alla vita e alla speranza (cf. Ez 37, 1-14).
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Ma non รจ su questa linea che vorrei proseguire la mia meditazione. Fare dello Spirito Santo il principio ispiratore di tutta la teologia (lโintento della cosiddetta Teologia del terzo articolo!) non significa far entrare a forza lo Spirito Santo in ogni affermazione, nominandolo a ogni piรจ sospinto. Non sarebbe nella natura del Paraclito che, come quella della luce, รจ di illuminare ogni cosa restando lui stesso, per cosรฌ dire, nellโombra, come dietro le quinte. Piรน che parlare โdelloโ Spirito Santo, la Teologia del terzo articolo consiste nel parlare โnelloโ Spirito Santo, con tutto ciรฒ che questo semplice cambio di preposizione comporta.
1. La risurrezione di Cristo: approccio storico
Diciamo anzitutto qualcosa sulla risurrezione di Cristo come fatto โstoricoโ. Possiamo definire la risurrezione un evento storico, nel senso comune di questo termine, cioรจ di realmente accaduto, nel senso, cioรจ, in cui storico si oppone a mitico e a leggendario? Per esprimerci nei termini del dibattito recente: Gesรน รจ risorto solo nel kerigma, cioรจ nellโannuncio della Chiesa (come qualcuno ha affermato sulla scia di Rudolf Bultmann), o invece รจ risuscitato anche nella realtร e nella storia? Ancora: รจ risorto lui, la persona di Gesรน, o รจ risorta solo la sua causa, nel senso metaforico in cui risorgere significa il sopravvivere, o il riemergere vittorioso di unโidea, dopo la morte di chi lโha proposta?
Vediamo dunque in che senso si dร un approccio anche storico alla risurrezione di Cristo. Non perchรฉ qualcuno di noi qui abbia bisogno di essere persuaso di questo, ma, come dice Luca allโinizio del suo vangelo, โperchรฉ possiamo renderci conto della soliditร degli insegnamenti che abbiamo ricevutoโ (cf Lc 1, 4) e che trasmettiamo agli altri.
La fede dei discepoli, salvo qualche eccezione (Giovanni, le pie donne), non regge alla prova della sua tragica fine. Con la passione e la morte, il buio ricopre tutto. Il loro stato dโanimo traspare dalle parole dei due discepoli di Emmaus: โNoi speravamo che fosse luiโฆ ma ormai sono passati tre giorniโ (Lc 24, 21). Siamo a un punto morto della fede. Il caso Gesรน รจ considerato chiuso.
Adesso โ sempre in veste di storici โ portiamoci a qualche anno, anzi a qualche settimana, dopo. Che incontriamo? Un gruppo di uomini, lo stesso che era stato accanto a Gesรน, il quale va ripetendo, a voce alta, che Gesรน di Nazareth รจ lui il Messia, il Signore, il Figlio di Dio; che รจ vivo e che verrร a giudicare il mondo. Il caso di Gesรน non solo รจ riaperto, ma รจ portato in breve tempo a una dimensione assoluta e universale. Quellโuomo interessa non solo il popolo dโIsraele, ma tutti gli uomini di tutti i tempi. โLa pietra scartata dai costruttori, โ dice san Pietro โ รจ diventata testata dโangoloโ (1 Pt 2, 4), cioรจ principio di una nuova umanitร . Dโora in poi, lo si sappia o no, non cโรจ alcun altro nome dato agli uomini sotto il cielo, nel quale รจ possibile essere salvati, se non quello di Gesรน di Nazareth (cf At 4, 12).
Che cosa ha determinato un cambiamento tale per cui gli stessi uomini che prima avevano rinnegato Gesรน o erano fuggiti, adesso dicono in pubblico queste cose, fondano Chiese e si lasciano perfino imprigionare, flagellare, uccidere per lui? Essi ci danno, in coro, questa risposta: โร risorto! Lโabbiamo visto!โ. Lโultimo atto che puรฒ compiere lo storico, prima di cedere la parola alla fede, รจ verificare quella risposta.
La risurrezione รจ un evento storico, in un senso particolarissimo. Essa รจ al limite della storia, come quel filo che divide il mare dalla terra ferma. Vi รจ dentro e fuori nello stesso tempo. Con essa, la storia si apre a ciรฒ che รจ al di lร della storia, allโescatologia. ร quindi, in certo senso, la rottura della storia e il suo superamento, cosรฌ come la creazione ne รจ lโinizio. Questo fa sรฌ che la risurrezione sia un evento in se stesso non testimoniabile e non attingibile con le nostre categorie mentali che sono tutte legate allโesperienza del tempo e dello spazio. E difatti nessuno assiste allโistante in cui Gesรน risorge. Nessuno puรฒ dire di aver visto Gesรน risorgere, ma solo di averlo visto risorto.
La risurrezione dunque si conosce a posteriori, in seguito. Come รจ la presenza fisica del Verbo in Maria che dimostra il fatto che si รจ incarnato; cosรฌ la presenza spirituale di Cristo nella comunitร , attestata dalle apparizioni, dimostra che รจ risorto. Questo spiega il fatto che nessuno storico profano fa parola della risurrezione. Tacito, che pure ricorda la morte di โun certo Cristoโ al tempo di Ponzio Pilato , tace della risurrezione. Quellโevento non aveva rilevanza e senso se non per chi ne sperimentava le conseguenze, in seno alla comunitร .
In che senso allora parliamo di un approccio storico alla risurrezione? Quello che si offre alla considerazione dello storico e gli permette di parlare della risurrezione, sono due fatti: primo, lโimprovvisa e inspiegabile fede dei discepoli, una fede cosรฌ tenace da resistere perfino alla prova del martirio; secondo, la spiegazione che di tale fede gli interessati ci hanno lasciato. Ha scritto un eminente esegeta: โNel momento decisivo, quando Gesรน fu catturato e giustiziato, i discepoli non nutrivano alcuna attesa di una risurrezione. Essi fuggirono e dettero per finito il caso di Gesรน. Dovette quindi intervenire qualcosa che in poco tempo, non solo provocรฒ il cambiamento radicale del loro stato dโanimo, ma li portรฒ anche a unโattivitร del tutto nuova e alla fondazione della Chiesa. Questo โqualcosaโ รจ il nucleo storico della fede di Pasquaโ .
ร stato giustamente notato che, se si nega il carattere storico e oggettivo della risurrezione, la nascita della fede e della Chiesa diventerebbe un mistero ancora piรน inspiegabile della risurrezione stessa: โLโidea che lโimponente edificio della storia del cristianesimo sia come unโenorme piramide posta in bilico su un fatto insignificante รจ certamente meno credibile dellโaffermazione che lโintero evento โ e cioรจ il dato di fatto piรน il significato a esso inerente โ abbia realmente occupato un posto nella storia paragonabile a quello che gli attribuisce il Nuovo Testamentoโ .
Qual รจ allora il punto di approdo della ricerca storica a proposito della risurrezione? Possiamo coglierlo nelle parole dei discepoli di Emmaus. Alcuni discepoli il mattino di Pasqua sono andati al sepolcro di Gesรน e hanno trovato che le cose stavano come avevano riferito le donne, andate prima di loro, โma lui non lโhanno vistoโ (cf. Lc 24, 24). Anche la storia si reca al sepolcro di Gesรน e deve constatare che le cose stanno cosรฌ come i testimoni hanno detto. Ma lui, il Risorto, non lo vede. Non basta constatare storicamente i fatti, bisogna โvedereโ il Risorto, e questo non lo puรฒ dare la storia, ma solo la fede . Chi arriva correndo dalla terraferma al sponda del mare deve arrestarsi di colpo; puรฒ spingersi oltre con lo sguardo, ma non con i piedi.
2. Significato apologetico della risurrezione
Passando dalla storia alla fede, cambia anche il modo di parlare della risurrezione. Quello del Nuovo Testamento e della liturgia della Chiesa รจ un linguaggio assertivo, apodittico, che non si fonda su dimostrazioni dialettiche. โOra invece Cristo รจ risuscitato dai mortiโ (1 Cor 15, 20), dice Paolo. Qui si รจ ormai sul piano della fede, non piรน della dimostrazione. ร quello che chiamiamo il kerygma. โScimus Christum surrexisse a mortuis vereโ, canta la liturgia il giorno di Pasqua: โNoi sappiamo che Cristo รจ veramente risortoโ. Non solo crediamo, ma avendo creduto, sappiamo che รจ cosรฌ, ne siamo sicuri. La prova piรน sicura della risurrezione si ha dopo, non prima, che si รจ creduto, perchรฉ allora si sperimenta che Gesรบ รจ vivo.
Ma che cosa รจ la risurrezione considerata dal punto di vista della fede? ร la testimonianza di Dio su Gesรน Cristo. Dio Padre che, in vita, aveva giร accreditato Gesรน di Nazareth con prodigi e segni, ora ha posto un sigillo definitivo al suo riconoscimento, risuscitandolo da morte. Nel discorso di Atene, san Paolo formula cosรฌ la cosa: โDio lo ha risuscitato dai morti dando cosรฌ a tutti gli uomini una prova sicura su di luiโ (At 17, 31). La risurrezione รจ il potente โSรฌโ di Dio, il suo โAmenโ pronunciato sulla vita del suo Figlio Gesรน.
La morte di Cristo non era, per se stessa, sufficiente a testimoniare la veritร della sua causa. Molti uomini โ ne abbiamo una tragica riprova ai nostri giorni โ muoiono per cause sbagliate, addirittura per cause inique. La loro morte non ha reso vera la loro causa; ha solamente testimoniato che essi credevano nella veritร di essa. La morte di Cristo non รจ la garanzia della sua veritร , ma del suo amore, giacchรฉ โnessuno ha un amore piรน grande di chi dร la vita per la persona amataโ (Gv 15, 13).
Soltanto la risurrezione costituisce il sigillo dellโautenticitร divina di Cristo. Ecco perchรฉ, a chi gli chiedeva un segno, Gesรน rispose: โDistruggete questo tempio ed io in tre giorni lo farรฒ risorgereโ (Gv 2, 18 s) e in altro luogo dice: โNon sarร dato a questa generazione nessun segno se non il segno di Gionaโ che dopo tre giorni nel ventre del pesce rivide la luce (Mt 16,4). Paolo ha ragione di edificare sulla risurrezione, come sul suo fondamento, tutto lโedificio della fede: โSe Cristo non fosse risorto, sarebbe vana la nostra fede. Noi saremmo falsi testimoni di Dioโฆ Saremmo da compiangere piรน di tutti gli uominiโ (1 Cor 15, 14-15.19). Si capisce perchรฉ santโAgostino puรฒ dire che โla fede dei cristiani รจ la risurrezione di Cristoโ. Che Cristo sia morto tutti lo credono, anche i pagani, ma che sia risorto, solo i cristiani lo credono, e non รจ cristiano chi non lo crede .
3. Significato misterico della risurrezione
Fin qui il significato apologetico della risurrezione di Cristo, teso cioรจ a stabilire lโautenticitร della missione di Cristo e la legittimitร della sua pretesa divina. Ad esso bisogna aggiungere tutto un altro significato che potremmo chiamare misterico o salvifico, in quanto riguarda anche noi che crediamo. La risurrezione di Cristo ci riguarda ed รจ un mistero โper noiโ, perchรฉ fonda la speranza della nostra stessa risurrezione da morte:
โSe lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesรน dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darร la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voiโ (Rom 8,11).
La fede in una vita ultraterrena appare, in maniera chiara ed esplicita, solo verso la fine dellโAntico Testamento. Il Secondo libro dei Maccabei ne costituisce la testimonianza piรน avanzata: โDopo che saremo morti โ esclama uno dei sette fratelli ucciso sotto Antioco โ (Dio) ci risusciterร a vita nuova ed eternaโ (cf. 2 Macc 7,1-14). Ma questa fede non nasce improvvisamente, dal nulla; si radica vitalmente in tutta la precedente rivelazione biblica, di cui rappreยฌsenta la conclusione attesa e, per cosรฌ dire, il frutto piรน maturo.
Soprattutto due certezze spinsero a questa conยฌclusione: la certezza dellโonnipotenza di Dio e quella della insufficienza e dellโingiustizia della retribuzione terrena. Appaยฌriva sempre piรน evidente โ specie dopo lโesperienza dellโesilio โ che la sorte dei buoni in questo mondo รจ tale che, senza la speranza di una retribuzione diversa dei giusti dopo la morte, sarebbe impossibile non cadere nella disperaยฌzione. In questa vita, infatti, tutto capita allo stesso modo al giusto e allโempio, sia la felicitร che la sventura. Il libro del Qoelet rappresenta lโespressione piรน lucida di questa amara conclusione (cf. Qo 7, 15).
Il pensiero di Gesรบ sullโargomento รจ espresso nella discussione con i Sadducei sul caso della donna che aveva avuto sette mariti (Lc 20, 27-38). Attenendosi alla rivelazione biblica piรน antica, quella mosaica, essi non avevano accettato la dottrina della risurrezione dei morti che consideravano una novitร . Rifacendosi alla legge del levirato (Deut 25: la donna rimasta vedova, senza figli maยฌschi, viene sposata dal cognato), essi ipotizzano il caso limite di una donna che รจ passata, in questo modo, attraverso sette mariti. Alla fine, sicuri di aver dimostrato lโassurditร della risurrezione, domandano: โQuesta donna, nella risurrezione, di chi sarร moglieโ?
Senza discostarsi dal terreno scelto dagli avversari, con poche parole, Gesรน dapprima svela dovโรจ lโerrore dei sadducei e lo corregge, poi dร alla fede nella risurrezione la sua fondazione piรน profonda e piรน convincente. Gesรน si pronuncia su due cose: sul modo e sul fatto della risurrezione. Quanto al fatto che ci sarร una risurrezione dei morti, Gesรน ricorda lโepisodio del roveto ardente dove Dio si proclama โDio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbeโ. Se Dio si proclama โDio di Abramo, di Isacco e di Giaยฌcobbeโ, quando Abramo, Isacco e Giacobbe sono morti da generazioni, e se, dโaltra parte, โDio รจ Dio dei vivi e non dei mortiโ, allora vuol dire che Abramo, Isacco e Giacobbe da qualche parte sono vivi!
Piรน che sulla risposta di Gesรบ ai Sadducei, la fede nella risurrezione si fonda perรฒ sul fatto della sua risurrezione da morte. โSe si predica che Cristo รจ risuscitato dai morti, esclama Paolo, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste ri-surrezione dai morti, neanche Cristo รจ risuscitato!โ (1 Cor. 15, 12-13). ร assurdo pensare a un corpo, il cui capo regna glorioso in cielo e il cui corpo marcisce eternamente sulla terra o finisca nel nulla.
La fede cristiana nella risurrezione dei morti risponde, del resto, al desideยฌrio piรน istintivo del cuore umano. Noi โ dice Paolo โ non vogliamo essere spogliati del nostro corpo, ma sopravvestiti, cioรจ non vogliamo sopravvivere con una parte sola del nostro essere โ lโanima โ, ma con tutto il nostro io, anima e corpo; perciรฒ, non desideriamo che il nostro corpo mortale venga distrutto, ma che โvenga assorbito dalla vitaโ e si vesta, esso stesso, di immortalitร (cf. 2 Cor. 5, 1-5; 1 Cor. 15, 51-53).
Della vita eterna noi non abbiamo in questa vita soltanto una promessa: ne abbiamo anche โle primizieโ e la โcaparraโ. Non bisognerebbe mai tradurre il termine greco arrabรดn usato da san Paolo a proposito dello Spirito (2 Cor 1, 22; 5,5; Ef 1,14)) con โpegnoโ (pignus), ma solo con caparra (arra). SantโAgostino ha spiegato bene la differenza. Il pegno, dice, non รจ lโinizio del pagamento, ma qualcosa che viene dato in attesa del pagamento; una volta effettuato il pagamento, il pegno viene restituito. Non cosรฌ la caparra. Essa non viene restituita al momento del pagamento, ma completata. Fa parte giร del pagamento. โSe Dio, attraverso il suo Spirito, ci ha dato come caparra lโamore, quando ci verrร data tutta la realtร , ci verrร forse tolta la caparra? No certo, ma quanto ha giร dato lo completerร โ .
Come โle primizieโ annunciano il raccolto pieno e sono parte di esso, cosรฌ la caparra รจ parte del pieno possesso dello Spirito. ร lo โSpirito che abita in noiโ (cf Rom 8,11), piรน che lโimmortalitร dellโanima, che assicura, come si vede, la continuitร tra la nostra vita presente e quella futura.
Circa il modo della risurrezione, in quella stessa occasione Gesรน afferma la condizione spirituale dei risorti: โQuelli che sono giudicati degni dellโaltro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie nรฉ marito; e nemmeno possono piรน moยฌrire, perchรฉ sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dioโ.
Si รจ tentato di illustrare il passaggio dalla condizione terrestre a quella di risorti con esempi tratti dalla natura: il seme da cui sboccia lโalbero, la natura morta in inverno che risorge a primavera, il bruco che si trasforma in farfalla. Paolo si limita a dire: โViene seminato nella corruzione, risorge nellโincorruttibilitร ; รจ seminato nella miseria, risorge nella gloria; รจ seminato nella debolezza, risorge nella potenza; รจ seminato corpo animale, risorge corpo spiritualeโ (1 Cor 15, 42- 44).
La veritร รจ che tutto ciรฒ che riguarda la nostra condizione nellโaldilร resta un mistero impenetrabile; non perchรฉ Dio abbia voluto tenercelo nascosto, ma perchรฉ, costretti come siamo, a pensare ogni cosa dentro le categorie del tempo e dello spazio, ci mancano gli strumenti per rappresentarcelo. Lโeternitร non รจ unโentitร che esiste a parte e che si possa definire in se stessa, quasi fosse un tempo allungato allโinfinito. Essa รจ il modo di essere di Dio. Lโeternitร รจ Dio! Entrare nella vita eterna significa semplicemente essere ammessi, per grazia, a condividere il modo di essere di Dio.
Tutto questo non sarebbe stato possibile se lโeternitร non fosse prima entrata nel tempo. ร in Cristo risorto e grazie a lui che noi possiamo rivestire il modo di essere di Dio. San Paolo si rappresenta quello che lo aspetta dopo morte come un โandare a stare con Cristoโ (Fil 1,23). La stessa cosa si deduce dalla parola di Gesรบ al buon ladrone: โOggi sarai con me in paradisoโ (Lc 23, 43). Il paradiso รจ un essere โcon Cristoโ, come suoi โcoerediโ. La vita eterna รจ un ricongiunsi delle membra al capo, un fare โmassaโ con lui nella gloria, dopo essere stati uniti a lui nella sofferenza (Rom 8,17).
Un simpatica storia narrata da uno scrittore tedesco moderno ci aiuta a darci un senso della vita eterna piรน che tutti i tentativi di spiegazione razionale. In un monastero medievale vivevano due monaci legati tra loro da profonda amicizia spirituale. Uno si chiamava Rufus e lโaltro Rufinus. In tutto il loro tempo libero non facevano che cercare di immaginare e descrivere come sarebbe stata la vita eterna nella Gerusalemme celeste. Rufus che era un capomastro se lโimmaginava come una cittร con porte dโoro, tempestata di pietre preziose; Rufinus che era organista, come tutta risonante di celesti melodie.
Alla fine fecero un patto: quello di loro che sarebbe morto per primo sarebbe tornato la notte successiva, per assicurare lโamico che le cose stavano proprio come le avevano immaginate. Sarebbe bastata una parola. Se era come avevano pensato, avrebbe detto semplicemente: taliter!, cioรจ proprio cosรฌ; se โ ma la cosa era del tutto impossibile โ fosse stato diversamente, avrebbe detto: aliter, diverso!
Una sera, mentre era allโorgano, il cuore di Rufino si fermรฒ. Lโamico vegliรฒ trepidante tutta la notte, ma niente; attese in veglie e digiuni per settimane e mesi, e niente. Finalmente, nellโanniversario della morte, ecco che di notte, in un alone di luce, entra nella sua cella lโamico. Vedendo che tace, รจ lui a chiedergli, sicuro della risposta affermativa: taliter? ร cosรฌ vero? Ma lโamico scuote il capo in segno negativo. Disperato, grida: aliter? ร diverso? Di nuovo un segno negativo del capo. E finalmente dalle labbra chiuse dellโamico escono, come in un soffio, due parole: Totaliter aliter: Totalmente altro! ร tuttโunโaltra cosa! Rufus capisce in un lampo che il cielo รจ infinitamente di piรน di quello che avevano immaginato, che non si puรฒ descrivere, e di lรฌ a poco muore anche lui, per il desiderio di raggiungerlo .
Il fatto, naturalmente, รจ una leggenda, ma il suo contenuto รจ quanto mai biblico. โOcchio non vide, nรฉ orecchio udรฌ, nรฉ mai รจ entrato in cuore di uomo ciรฒ che Dio ha preparato per coloro che lo amanoโ (cf. 1 Cor 2, 9). San Simeone, il Nuovo Teologo, uno dei santi piรน amati nella Chiesa Ortodossa, ebbe un giorno una visione; era certo di aver contemplato Dio in persona e, sicuro che non ci potesse essere nulla di piรน grande e radioso di ciรฒ che aveva visto, disse: โSe il cielo non รจ che questo, mi basta!โ Il Signore gli rispose: โSei veramente ben meschino, se ti accontenti di questi beni, perchรฉ, in rapporto ai beni futuri, essi sono come un cielo dipinto su carta, in confronto al cielo veroโ .
Quando si vuole attraversare un braccio di mare, diceva santโAgostino, la cosa piรน importante non รจ starsene sulla riva e aguzzare la vista per vedere cosa cโรจ sulla sponda opposta, ma รจ salire sulla barca che porta a quella riva. E anche per noi la cosa piรน importante non รจ speculare su come sarร la nostra vita eterna, ma fare le cose che sappiamo portano ad essa . Che la nostra giornata di oggi sia un piccolo passo verso di essa.
1.Tacito, Annali 25.
2.Martin Dibelius, Iesus, Berlino 1966, p. 117.
3.Charles H. Dodd, History and the Gospel, London 1964, p.76 (ed. Italiana Storia ed Evangelo, Brescia 1976, p. 87).
4.Cf. Sรธren Kierkegaard, Diario, X, 4, A, 523.
5.Cf. S. Agostino, Enarr. in Psalmos, 120, 6 (CCL, 40, p 1791).
6.S. Agostino, Discorsi, 23, 9 (CC 41, p. 314).
7.H. Franck, Der Regenbogen. Siebenmalsieben Geschichten, Leipzig 1927.
8.S. Simeone Nuovo Teologo, Seconda preghiera di ringraziamento (SCh 113, p. 350).
9.Agostino, La Trinitร IV,15,30; Confessioni, VII, 21.
