PER MOLTI O PER TUTTI?
I. Papa Benedetto XVI è uno dei Papi che ho amato di più per la sua intelligenza limpida, la sua fede cristallina, la sua capacità unica di mostrare che il cristianesimo è ragionevole, bello, luminoso.
Ma c’è una cosa che, lo confesso, non sono riuscito a comprendere fino in fondo: quando, commentando il “pro multis”, diceva che la salvezza è “per molti”, non “per tutti”.
Capisco bene la finezza teologica: Dio non impone nulla, rispetta la libertà dell’uomo, e quindi il Vangelo parla di “molti”. Ma mi sorge una domanda: può davvero l’amore di Dio arrendersi davanti a un “no”? Può accontentarsi dei molti e rassegnarsi a perdere qualcuno?
II. Nel Vangelo di oggi, Gesù racconta una parabola semplicissima e sconvolgente: un pastore lascia novantanove pecore – molte, potremmo dire – per andare in cerca di una sola.
E qui il Vangelo fa saltare tutti i calcoli umani. Per noi sarebbe logico dire: “Salvarne molti è già tanto”. Ma per Dio no. Perché l’amore non si accontenta dei molti: vuole tutti.
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Non aspetta o spera che la pecora ritorni: va lui a cercarla. Non “rispetta la sua libertà a perdersi”, ma fa di tutto per trovarla.
E il Vangelo conclude così: “Il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli”. Neppure uno. Quindi: tutti.
III. Se a un papà o a una mamma che hanno perso un figlio qualcuno dicesse: “Coraggio, ne hai ancora altri tre”, quella persona non ha mai avuto figli.
Benedetto XVI parlava come teologo – tra i più grandi della storia della Chiesa – ma Gesù parla come un papà o una mamma, come un innamorato che non si rassegna mai a perdere qualcuno.
E anche se a volte ci allontaniamo, Dio non conclude la giornata senza venirci a cercare. È come quelle mamme che, quando il figlio di notte è fuori a divertirsi, non riescono a prendere sonno finché non lo sentono rientrare.
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Così Dio: non prende sonno finché tutti i suoi figli non tornano a casa. Perché la gioia di Dio non è quando molti sono salvi, ma quando nessuno è perduto.
