Alle ore 9.00 di questa mattina, nellโAula Paolo VI, il Predicatore della Casa Pontificia, Em.mo Card. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la seconda Predica di Avvento sul tema: โSollevate, porte, i vostri frontaliโ (Salย 24, 7-8).ย Fede, Speranza e Caritร : le tre porte da aprire a Cristo che viene.
La successiva predica di Avvento avrร luogo venerdรฌ 16 dicembre.
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La porta della fede
In attesa della beata speranza
โSollevate, porte, i vostri frontali, apritevi, porte antiche, ed entri il re della gloriaโ (Sal 24, 7). Abbiamo preso questo versetto del salmo come filo conduttore delle meditazioni di Avvento, intendendo per le porte da aprire quelle delle virtรน teologali: fede, speranza e caritร . Il tempio di Gerusalemme โleggiamo negli Atti degli apostoli โ aveva una porta chiamata โla Porta Bellaโ (At 3, 2). Il tempio di Dio che รจ il nostro cuore ha anchโesso una porta โbellaโ, ed รจ la porta della speranza. ร questa la porta che oggi vogliamo cercare di aprire a Cristo che viene.
Qual รจ lโoggetto proprio della โbeata speranzaโ, di cui a ogni Messa proclamiamo di essere โin attesaโ? Per renderci conto della novitร assoluta recata da Cristo in questo campo, bisogna collocare la rivelazione evangelica sullo sfondo delle credenze antiche sullโaldilร .
Su questo punto, anche lโAntico Testamento non aveva alcuna risposta da dare. ร risaputo che solo verso la fine di esso si ha qualche affermazione esplicita su una vita dopo la morte. Prima di allora, la credenza dโIsraele non differiva da quella dei popoli vicini, specialmente di quelli della Mesopotamia. La morte pone fine per sempre alla vita; si finisce tutti, buoni e cattivi, in una specie di lugubre โfossa comuneโ che altrove si chiama Arallu e nella Bibbia lo Sheol. Non diversa รจ la credenza dominante nel mondo greco-romano contemporaneo del Nuovo Testamento. Esso chiama quel triste luogo di ombre Inferi, o Ade.
La cosa grande che distingue Israele da tutti gli altri popoli รจ che esso ha continuato, nonostante tutto, a credere nella bontร e nellโamore del suo Dio. Non ha attribuito la morte, come facevano i babilonesi, allโinvidia della divinitร che riserva solo per sรฉ lโimmortalitร , ma piuttosto al peccato dellโuomo (Gen 3), o semplicemente alla propria natura mortale. In certi momenti, lโuomo biblico non ha taciuto, รจ vero, il proprio sconcerto di fronte a una sorte che sembrava non fare alcuna distinzione tra giusti e peccatori. Mai, tuttavia, Israele รจ giunto alla ribellione. In alcuni oranti biblici, esso sembra essersi spinto fino a desiderare e intravvedere la possibilitร di un rapporto con Dio oltre la morte: un essere โstrappato dagli inferiโ (Sal 49,16), โstare con Dio sempreโ (Sal 73, 23) e โsaziarsi di gioia alla sua presenzaโ (Sal 16, 11).
Quando, verso la fine dellโAntico Testamento, questa attesa, maturata nel sottosuolo dellโanima biblica, verrร finalmente alla luce, non si esprime, alla maniera dei filosofi greci, come sopravvivenza dellโanima immortale che, liberata dal corpo, torna al mondo celeste da cui proviene. In armonia con la concezione biblica dellโuomo, come unitร inseparabile di anima e corpo, la sopravvivenza consiste nella risurrezione โ corpo e anima โ dalla morte (Dan 12, 2-3; 2 Macc 7, 9).
Gesรน ha portato, di colpo, al suo meriggio questa certezza e โ quello che piรน conta โ dopo averla annunciata in parabole e detti (come quello in risposta ai Sadducei sulla donna moglie di sette mariti: Mt 22,30) โ ne ha dato la prova irrefutabile risorgendo lui stesso da morte. Dopo di lui, per il credente, la morte non รจ piรน un atterraggio, ma un decollo!
Il dono piรน bello e lโereditร piรน preziosa che la regina dโInghilterra Elisabetta II, ha lasciato alla sua nazione e al mondo, dopo 70 anni di regno, รจ stata la sua speranza cristiana nella risurrezione dei morti. Nel rito funebre, seguito dal vivo da quasi tutti i potenti della terra e, per televisione, da centinaia di milioni di persone, furono proclamate, per sua espressa volontร , nella prima lettura, le seguenti parole di Paolo:
La morte รจ stata inghiottita nella vittoria. Dovโรจ, o morte, la tua vittoria? Dovโรจ, o morte, il tuo pungiglione? Il pungiglione della morte รจ il peccato e la forza del peccato รจ la Legge. Siano rese grazie a Dio, che ci dร la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesรน Cristo (1 Cor 15, 54-57)
E, nel Vangelo, sempre per sua volontร , le parole di Gesรน:
Nella casa del Padre mio vi sono molte dimoreโฆ Quando sarรฒ andato e vi avrรฒ preparato un posto, verrรฒ di nuovo e vi prenderรฒ con me, perchรฉ dove sono io siate anche voi. (Gv 14, 2-3)
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La speranza, virtรน operativa
Proprio perchรฉ siamo ancora immersi nel tempo e nello spazio, ci mancano le categorie necessarie per rappresentarci in che cosa consista questa โvita eternaโ con Dio. ร come tentare di spiegare cosโรจ la luce a uno che รจ nato cieco. San Paolo si limita a dire:
Si semina ignobile e risorge glorioso,
si semina debole e risorge pieno di forza;
si semina un corpo animale,
risorge corpo spirituale (1 Cor 15, 43-44).
Ad alcuni mistici รจ stato dato di sperimentare, fin da questa vita, qualche goccia dellโoceano infinito di gioia che Dio tiene preparato per i suoi; ma tutti unanimemente affermano che non se ne puรฒ dire nulla con parole umane. Il primo di essi รจ lui stesso, lโapostolo Paolo. Egli confida ai Corinzi, di essere stato rapito, quattordici anni prima, al โterzo cieloโ, in paradiso, e di aver udito โparole indicibili che non รจ lecito ad alcuno pronunciareโ. (2 Cor 12, 2-4). Il ricordo che quella esperienza ha lasciato in lui รจ percepibile in ciรฒ che scrive in altra occasione:
Quelle cose che occhio non vide, nรฉ orecchio udรฌ, nรฉ mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano (1 Cor 2,9).
Ma lasciamo da parte quello che sarร nellโaldilร (su cui possiamo dire cosรฌ poco) e veniamo invece allโoggi della nostra vita. Riflettere sulla speranza cristiana significa riflettere sul senso ultimo della nostra esistenza. Una cosa รจ comune a tutti, a questo proposito: lโanelito e vivere โbeneโ. Appena perรฒ si cerca di capire cosa si intende per โbeneโ, si prospettano subito due classi di persone: quelle che pensano solo al bene materiale e personale e quelle che pensano anche al bene morale e di tutti, il cosiddetto โbene comuneโ.
Riguardo ai primi, il mondo non รจ cambiato molto dal tempo di Isaia e di san Paolo. Entrambi riportano il detto che correva ai loro tempi: โMangiamo e beviamo perchรฉ domani moriremoโ (Is 22, 13; 1 Cor 15, 32). Piรน interessante รจ cercare di capire quelli che si propongono โalmeno come ideale โ di โvivere beneโ non solo materialmente e individualmente, ma anche moralmente e insieme con gli altri. Esistono dei siti in internet in cui si intervistano persone anziane su come, giunte al tramonto, valutano la vita che hanno vissuto. Sono, in genere, uomini e donne che hanno vissuto una vita ricca e dignitosa, a servizio della famiglia, della cultura e della societร , ma senza alcun riferimento religioso.
ร patetico il tentativo di far credere che si รจ felici di aver vissuto cosรฌ. La tristezza di aver vissuto โ e fra breve non vivere piรน! -, nascosta dalle parole, gridava dagli occhi.
SantโAgostino ha espresso il nocciolo del problema: โA che serve vivere bene, se non รจ dato vivere sempre?โ . Prima di lui, Gesรบ aveva detto: โChe giova allโuomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la sua vita?โ (Lc 9, 25). Ecco dove si inserisce โ e in che cosa differisce โ la risposta della speranza teologale. Essa ci assicura che Dio ci ha creati per la vita, non per la morte; che Gesรบ รจ venuto a rivelarci la vita eterna e darcene la garanzia con la sua risurrezione.
Una cosa si deve sottolineare per non cadere in un pericoloso equivoco. Vivere โsempreโ non si oppone al vivere โbeneโ. La speranza della vita eterna รจ ciรฒ che rende bella, o almeno accettabile, anche la vita presente. Tutti, in questa vita, abbiamo la nostra parte di croce, credenti e non credenti. Ma una cosa รจ soffrire senza sapere a che scopo, e unโaltra soffrire sapendo che โle sofferenze del tempo presente non sono paragonabili alla gloria futura che sarร rivelata in noiโ (Rom 8, 18).
Rendere ragione della speranza
La speranza teologale ha un ruolo importante da svolgere nei confronti della evangelizzazione. Uno dei fattori determinanti del rapido diffondersi della fede, nei primordi del cristianesimo, fu lโannuncio cristiano di una vita dopo la morte infinitamente piรน piena e piรน gioiosa di quella terrena.
Lโimperatore Adriano si era costruito in varie parti del mondo ville spettacolari e si era preparato come mausoleo quello che รจ ora Castel SantโAngelo, a due passi da qui. Vicino alla morte scrisse una specie di epitaffio per la sua tomba. Parlando alla sua anima, la esortava, in esso, a dare un ultimo sguardo alle bellezze e agli svaghi di questo mondo, perchรฉ โdiceva โ stai per scendere โin luoghi incolori, ardui e spogliโ . LโAde! Si puรฒ immaginare lo shock spirituale che doveva provocare, in unโatmosfera come questa, lโannuncio di una vita infinitamente piรน piena e piรน luminosa di quella che si lasciava con la morte. Si spiega cosรฌ perchรฉ lโidea e i simboli della vita eterna sono tanto frequenti nelle sepolture cristiane delle catacombe.
Nella Prima lettera di san Pietro, lโattivitร della Chiesa allโesterno, cioรจ la propagazione del messaggio, รจ presentata come un โrendere ragione della speranzaโ: โAdorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che รจ in voiโ. (1Pt 3, 15-16). Leggendo i racconti successivi alla Pasqua, si ha la sensazione che la Chiesa nasce da un moto di โsperanza vivaโ (1Pt 1,3) e con questa speranza mossero alla conquista del mondo:
Anche oggi abbiamo bisogno di una rigenerazione della speranza se vogliamo intraprendere una nuova evangelizzazione. Non si fa nulla senza speranza. Gli uomini vanno lร dove si respira aria di speranza e fuggono dove non avvertono la presenza di essa. La speranza รจ quella che dร il coraggio ai giovani di formarsi una famiglia o di seguire una vocazione religiosa e sacerdotale, che li tiene lontani dalla droga e da altri simili cedimenti alla disperazione.
La lettera agli Ebrei paragona la speranza a unโร ncora: โIn essa abbiamo come unโร ncora della nostra vita, sicura e saldaโ (Eb 6, 18-19). Sicura e salda perchรฉ gettata nellโeternitร . Ma abbiamo anche unโaltra immagine della speranza, in certo senso opposta: la vela. Se lโร ncora รจ ciรฒ che dร alla barca la sicurezza e la tiene ferma tra lโondeggiare del mare, la vela รจ invece ciรฒ che la fa camminare, e avanzare nel mare. Entrambe queste cose fa la speranza con la barca della Chiesa.
Rispetto al passato, noi siamo oggi in una situazione di vantaggio nei confronti della speranza. Non dobbiamo piรน passare il nostro tempo a difendere la speranza cristiana dagli attacchi esterni; possiamo quindi fare la cosa piรน utile e fruttuosa che รจ quella di proclamarla, di offrirla e di irradiarla nel mondo. Fare della speranza un discorso non tanto apologetico, quanto piuttosto kerigmatico.
Diamo uno sguardo a cosa รจ successo a proposito della speranza cristiana da oltre un secolo a questa parte. Dapprima cโรจ stato lโattacco frontale contro di essa da parte di uomini come Feuerbach, Marx, Nietzsche. La speranza cristiana รจ stata, in molti casi, lโobiettivo diretto della loro critica. Vita eterna, aldilร , paradiso: tutte queste cose venivano viste come la proiezione illusoria dei desideri e bisogni inappagati dellโuomo in questo mondo, come uno โsprecare in cielo i tesori destinati alla terraโ. I cristiani cercavano di difendere il contenuto della speranza cristiana, spesso con malcelato disagio. La speranza cristiana era โin minoranzaโ. Si parlava e si predicava raramente di vita eterna.
Se non che dopo aver demolito la speranza cristiana, la cultura atea marxista non tardรฒ ad accorgersi che non si potevano lasciare le persone umane senza speranza. Ed ecco che inventรฒ il โPrincipio speranzaโ . Con esso la cultura marxista non pretendeva di aver demolito la speranza cristiana, ma, peggio, di essere andato al di lร di essa e di esserne il legittimo erede. Per lโautore del โPrincipio speranzaโ (principio, si badi bene, non virtรน) รจ certo che la speranza รจ vitale per lโuomo. Essa รจ reale e ha uno sbocco che รจ โla rivelazione dellโuomo nascostoโ, cioรจ delle possibilitร ancora latenti dellโumanitร . La manifestazione del Figlio dellโuomo, Cristo, รจ sostituita dalla manifestazione dellโuomo nascosto, la parusia รจ rimpiazzata dallโutopia.
Per un paio di decenni, ricordo, non si parlava dโaltro nelle universitร e a molti cristiani non pareva vero che ci fosse qualcuno, dallโaltra sponda, che accettava di prendere sul serio la speranza e di instaurare un dialogo. Tanto piรน che il rovesciamento era cosรฌ sottile e il linguaggio spesso simile. La patria celeste diveniva la โpatria dellโidentitร โ; non il posto dove lโuomo vede finalmente, faccia a faccia, Dio, ma dove vede il vero uomo, nel quale si ha ormai lโidentitร perfetta tra ciรฒ che puรฒ essere e ciรฒ che รจ. La cosiddetta โteologia della speranzaโ รจ nata in risposta a questa sfida, accettandone, purtroppo, a volte, lโimpostazione. La cosa che meno si avverte in tutti questi scritti รจ proprio quello che Pietro chiama la โsperanza vivaโ (1 Pt ,1,3), il fremito della speranza. Non vita, ma ideologia.
Ora, dicevo, la situazione in parte รจ cambiata. Il compito che abbiamo davanti, nei confronti della speranza, non รจ piรน quello di difenderla e di giustificarla filosoficamente e teologicamente, ma di annunciarla, di mostrarla e di donarla a un mondo che ha perso il senso della speranza e sprofonda sempre piรน in un pessimismo e nichilismo che รจ il vero โbuco neroโ dellโuniverso.
Gaudium et spes
Un modo di rendere attiva e contagiosa la speranza รจ quello formulato da san Paolo quando dice che โla caritร tutto speraโ (1 Cor 13,7). Questo vale non solo per la singola persona, ma anche per lโinsieme della Chiesa. La Chiesa tutto spera, tutto crede, tutto sopporta. Essa non puรฒ limitarsi a denunciare le possibilitร di male che ci sono nel mondo e nella societร . Non si deve certamente trascurare il timore del castigo e dellโinferno e cessare dal mettere in guardia le persone dalle possibilitร di male che unโazione o una situazione comporta, come le ferite arrecate allโambiente. Lโesperienza perรฒ dimostra che si ottiene di piรน per via positiva, insistendo sulle possibilitร di bene; in termini evangelici, predicando la misericordia. Mai forse il mondo moderno si รจ mostrato cosรฌ ben disposto verso la Chiesa e cosรฌ interessato al suo messaggio, come negli anni del Concilio. E il motivo principale รจ che il Concilio dava speranza.
Ma in questo modo, non ci si espone โ si dice โ ad essere delusi e a sembrare ingenui? Questa รจ la grande tentazione contro la speranza, suggerita dalla prudenza umana, o dalla paura di essere smentiti dai fatti ed รจ quello che sta capitando in parte anche nei confronti del Concilio. Come se lโaver osato parlare di โgioia e speranzaโ (gaudium et spes) fosse stata unโingenuitร di cui ci si debba perfino un poโ vergognare. ร quello che molti pensarono di Papa Giovanni al suo annuncio del Concilio.
Dobbiamo riprendere il moto di speranza avviato dal Concilio. Lโeternitร รจ una misura molto larga; ci permette di sperare di tutti, di non abbandonare nessuno senza speranza. LโApostolo dava ai cristiani di Roma la consegna di abbondare nella speranza. โIl Dio della speranza -scriveva โ vi riempia di ogni gioia e pace nella fede, perchรฉ abbondiate nella speranza per la virtรน dello Spirito Santo (Rom 15, 13).
La Chiesa non puรฒ fare al mondo dono migliore che dargli speranza, non speranze umane, effimere, economiche o politiche, sulle quali essa non ha competenza specifica, ma speranza pura e semplice, quella che anche, senza saperlo, ha per orizzonte lโeternitร e per garante Gesรน Cristo e la sua resurrezione. Sarร poi questa speranza teologale a fare da molla a tutte le altre legittime speranze umane. Chi ha visto un medico visitare un ammalato grave, sa che il sollievo piรน grande che gli puรฒ procurare, migliore di tutte le medicine, รจ dirgli: โIl medico spera; ha buone speranze per te!โ.
La speranza, cosรฌ intesa, trasforma tutto ciรฒ che tocca. Il suo effetto รจ descritto meravigliosamente in questo brano di Isaia:
Anche i giovani faticano e si stancano,
gli adulti inciampano e cadono;
ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza,
mettono ali come aquile,
corrono senza affannarsi,
camminano senza stancarsi (Is 40, 30-31).
Dio non promette di togliere i motivi di stanchezza e di spossatezza, ma dona speranza. La situazione resta in sรฉ quella che era, ma la speranza dร la forza di elevarsi al di sopra di essa. NellโApocalisse si legge che โquando il drago si vide precipitato sulla terra, si avventรฒ contro la donna che aveva partorito il figlio maschio. Ma furono date alla donna le due ali della grande aquila, per volare nel deserto verso il rifugio preparato per leiโ (Ap 12, 13-14). Lโimmagine delle ali dellโaquila si ispira chiaramente al testo di Isaia. Si viene perciรฒ a dire che alla Chiesa intera sono state date le grandi ali della speranza, perchรฉ con esse possa, ogni volta, sfuggire agli attacchi del male, superare di slancio le difficoltร .
โAlzati e cammina!โ
La porta del tempio detta โla Bellaโ รจ nota per il miracolo che avvenne presso di essa. Uno storpio giaceva davanti ad essa per chiedere lโelemosina. Un giorno passarono di lรฌ Pietro e Giovanni e sappiamo cosa accadde. Lo storpio, guarito, balzรฒ in piedi e finalmente dopo chissร quanti anni che giaceva lรฌ abbandonato, varcรฒ anche lui quella porta ed entrรฒ nel tempio, si legge, โsaltando e lodando Dioโ (At 3, 1-9).
Qualcosa del genere potrebbe capitare anche a noi nei confronti della speranza. Anche noi ci troviamo spesso, spiritualmente, nella posizione dello storpio sulla soglia del tempio: inerti, tiepidi, come paralizzati davanti alle difficoltร . Ma ecco che la divina speranza ci passa accanto, portata dalla parola di Dio, e dice anche a noi, come Pietro allo storpio: โAlzati e cammina!โ E noi balziamo in piedi e entriamo finalmente dentro, nel vivo della Chiesa, pronti ad assumerci, di nuovo e gioiosamente, compiti e responsabilitร . Sono i miracoli quotidiani della speranza. Essa รจ davvero una grande taumaturga, una grande operatrice di miracoli; rimette in piedi migliaia di storpi, migliaia di volte.
Oltre che per lโevangelizzazione, la speranza ci รจ di aiuto nel nostro cammino personale di santificazione. Essa diviene, in chi la esercita, il principio del progresso spirituale. Permette di scoprire sempre nuove โpossibilitร di beneโ, sempre qualcosa che si puรฒ fare. Non lascia che ci si adagi nella tiepidezza e nellโaccidia. Quando sei tentato di dire a te stesso: โNon cโรจ piรน nulla da fareโ, ecco che la speranza si fa avanti e ti dice: โPrega!โ. Tu rispondi: โMa ho pregato!โ ed essa: โPrega ancora!โ. E anche quando la situazione dovesse diventare dura allโestremo e tale da sembrare che non cโรจ proprio piรน nulla da fare, ecco che la speranza ti addita ancora un compito: sopportare fino alla fine e non perdere la pazienza, unendoti a Cristo sulla croce. LโApostolo, abbiamo sentito, raccomanda di โabbondare nella speranzaโ, ma aggiunge subito come questo diventa possibile: โper virtรน dello Spirito Santoโ. Non per i nostri sforzi.
Il Natale puรฒ essere lโoccasione per un sussulto di speranza. Il grande poeta moderno delle virtรน teologali, Charles Pรฉguy, ha scritto che Fede, Speranza e Caritร sono tre sorelle, due grandi e una piccina. Vanno per la strada tenendosi per mano: le due grandi, Fede e Caritร , ai lati e la bambina Speranza al centro. Tutti, vedendole, pensano che sono le due grandi che trascinano la piccina al centro. Si sbagliano! ร lei che trascina tutto . Perchรฉ se viene a mancare la speranza, tutto si ferma.
Se vogliamo dare un nome proprio a questa bambina, non possiamo che chiamarla Maria, colei che quaggiรน โ dice lโaltro grande poeta delle virtรน teologali, Dante Alighieri โ โintra i mortaliโ, รจ โdi speranza fontana vivaceโ .
1.Agostino, Trattati sul Vangelo di Giovanni, 45, 2 (Quid prodest bene vivere si non datur semper vivere?)
2.Cit. in M. Yourcenar, Memorie di Adriano, tr. it. L. Storoni Mazzolani, Einaudi, Torino 1988.
3.Cf. Ernst Bloch, Il principio speranza, 3 voll., Berlino 1954-1959.
4.Cf. Ch. Pรฉguy, Le porche de la deuxiรจme vertu, ลuvres poรฉtiques complรจtes, Gallimard, Paris 1975, pp. 534-539.
5.Dante Alighieri, Paradiso XXXIII, 12.

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