Le nostre mani sono inaridite e abbisognano di guarigione. Le nostre mani sono bloccate e paralizzate, chiuse su se stesse. Le nostre mani parlano del nostro cuore sempre più incapace di amare e sempre meno aperto verso il fratello. Le nostre mani sono inaridite dalla paura che pervade la nostra esistenza, paura alimentata da una società sempre più vecchia, una società destinata a morire, una società impaurita da se stessa e dalle notizie che la riguardano. Ogni notizia è un dramma e ogni dramma anziché spingerci a rimboccarci le maniche, ci spinge sempre più a cercare il nemico. Un nemico sempre più povero e sempre più disgraziato, che ci salva dalle nostre responsabilità e ci chiude sempre più in un dramma di morte che non dona vita.
Mani chiuse a pugno, mani chiuse e inaridite nel possesso, mani timorose di perdere quanto conquistato con tanta fatica. La risposta del Cristo è una sola: mani aperte inchiodate sulla croce. La prima croce è il giudizio perverso e insensato di coloro che vivono per coglierlo in fallo. Non gli interessa la mano inaridita e chiusa su di sé: che possa essere aperta. Gli interessa la politica che viene attaccata da questa mano aperta. Di questa mano aperta le economie e le politiche mondiali hanno timore. Fino a che l’uomo ha infatti la mano chiusa e teme di perdere cose e guadagni, l’uomo può essere manovrato. Ma che spazio di manovra vuoi mai avere di fronte ad un uomo con la mano aperta inchiodata in croce?
Gesù schioda la mano dell’uomo dalla mano paralizzata dalla croce, umana e non salvifica, della paura di non possedere, di non farcela. Usa l’abasement dell’uomo di tutti i giorni per farlo sempre più attaccare a ciò che non è suo e che non può dargli la vita. Cosa rimane ad un uomo siffatto, a noi uomini moderni? L’attaccamento ad un cane, le fusa di un gatto sul divano di casa.
Gesù è venuto a chiamarci a fare parte dell’opera del sabato che non è più non fare nulla. L’opera del sabato è salvifica ed è innanzitutto un’opera di manducazione. Il sabato, nuova creazione, è partecipazione all’azione creazionale del Padre. La creazione è dono non possesso. La creazione che noi siamo chiamati ad essere nel nuovo sabato, è manducazione del Figlio morto e risorto, è accoglienza della sua Parola, quella Parola che i capi hanno inchiodato per metterla a tacere. Ma quella Parola proprio perché inchiodata in croce è divenuta la Parola più chiara e più lampante, la Parola più rivoluzionaria: il mondo si salverà grazie a quella Parola silenziata, quella Parola con le mani aperte inchiodate in croce, quella Parola che silenziosamente ci parla del dono come segreto del sabato.
Gesù, Signore del sabato, ha imbandito il banchetto della vita perché noi possiamo nutrirci in giorno di sabato: Lui prende il Pane, Lui che è Pane, e lo dà a noi suoi discepoli. Siamo chiamati a vivere di Dio e del suo amore mangiando di Lui che ha sconfitto la morte. Mangiando di Lui sconfiggiamo la morte che scaturisce dalla paura che ci inchioda alla malvagità delle nostre scelte sociali, locali e mondiali. Mangiando del sabato noi non possiamo che operare come il Signore del sabato. Avendo in noi un principio vitale nuovo, il nostro corpo, la nostra mente, la nostra volontà ci porterà a compiere azioni nuove, impensabili prima.
La mano del Signore Gesù inchiodata alla croce del dono, schioda la nostra mano paralizzata inchiodata al male e alla paura.
Siamo finalmente liberi per agire come Dio, in obbedienza e in ascolto della sua parola. Così ritorniamo suoi collaboratori, associati a Lui, per ridonare vita a questo creato anziché demolirlo e inquinarlo.
AUTORE: p. Giovanni NicoliÂ
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