p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 27 Settembre 2023

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Nel capitolo 8 Luca ci ha presentato i discepoli che ascoltavano e vedevano; ora, nel capitolo 9, ci presenta i discepoli che sono direttamente coinvolti nel destino di Gesรน, nella sua missione. La parola che entra dallโ€™orecchio nel cuore, muove mani e piedi, perchรฉ gli occhi giungano a vedere colui di cui si รจ udita la voce.

I discepoli sono chiamati a continuare lโ€™opera di Gesรน: da lui e come lui sono inviati. Il fine della missione รจ lโ€™eucaristia, cosรฌ come fine del servizio di Cristo fu il dono del suo corpo. Nellโ€™eucaristia (proviamo a viverla oggi sulle strade nel mondo e andando a Messa) noi ripresentiamo al Padre oggi il suo Figlio donato a noi e in lui presentiamo al Padre noi stessi, che di questo dono mangiamo e viviamo.

Dopo le chiamate dei capitoli precedenti ora i dodici sono chiamati una terza volta per essere effettivamente inviati a continuare la missione di Gesรน che termina nellโ€™eucaristia. Anche noi, nella nostra vita, come i discepoli siamo chiamati piรน volte da Gesรน e in queste chiamate reiterate noi possiamo scoprire una coscienza sempre diversa e sempre nuova del nostro essere discepoli.

In questa chiamata Gesรน dona un breviario di viaggio ai discepoli. Le cose da dire o da fare non dipendono da noi: potere sui demoni, curare le malattie, proclamare il regno di Dio, guarire gli infermi. Questa consegna รจ completata dal come ed รจ sostenuta da un imperativo: non prendete.

Per noi lโ€™importante non รจ cosa dire (quanto tempo perdiamo a cercare di sapere cosa dire a una persona malata, ad unโ€™altra angustiata, ad unโ€™altra ancora che non riusciamo a convincere dellโ€™importanza della fedeโ€ฆ) ma come essere.

Cosa dire: quando sarete portati davanti ai tribunali degli uomini non preoccupatevi di cosa dire, lo Spirito parlerร  in voi.  Ma il come essere dipende da noi ed รจ quello che ci permette di non contraddire con la vita ciรฒ che annunciamo con la bocca: siamo chiamati a riprodurre i lineamenti del Cristo che ci invia.

Chi annuncia ha il tragico potere, per quanto sta in lui, di offuscare o annullare lโ€™annuncio: se non ha il potere di renderlo credibile, รจ tuttavia in grado di renderlo incredibile. รˆ la responsabilitร  dellโ€™uomo, il quale, non essendo Dio, non puรฒ dare la vita; รจ perรฒ in grado di dare la morte a ciรฒ che vive.

Questo รจ come รจ la povertร , lโ€™umiliazione e il fallimento: senza queste tre caratteristiche non siamo associati veramente a Cristo.

Questo noi spesso lo intuiamo: capiamo che certe scelte aprono la strada al fallimento, alla solitudine, allโ€™essere in pochi: e ci tiriamo indietro.

Questo tirarci indietro fa fallire la missione. Lโ€™accogliere questo ci rende capaci di essere lievito e sale: poco, povero ma potente nellโ€™amore della sua pochezza e, allโ€™apparenza, della sua inutilitร .

La missione non ha in sรฉ un grande share di ascolto: e noi questo lo intuiamo benissimo e spesso, con la scusa che non siamo pronti, non siamo bravi, non siamo adatti, che dobbiamo cercare il modo e il tempo migliore, giriamo lโ€™angolo in attesa: in attesa che la croce passi. Falsifichiamo in tal modo la missione perdendo occasioni preziose per il Regno.

Il male fatto a fin di bene, deriva dal non aver usato gli strumenti adeguati. Per il discepolo lo strumento adeguato รจ la Croce del suo Signore che ha salvato il mondo.

Cerchiamo di riconoscere oggi le difficoltร  non come negazione del bello della vita o come fallimento ma come occasione per annunciare il Regno, come Croce attraverso la quale possiamo seguire Cristo e salvare il mondo.

Che la nostra giornata possa essere una eucaristia sul mondo, unico vero strumento di pace, di condivisione e di giustizia.

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