HomeVangelo del Giornop. Giovanni Nicoli - Commento al Vangelo del 27 Febbraio 2024

p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 27 Febbraio 2024

Commento al brano del Vangelo di: Mt 23, 1-12

Quando abbandoniamo la nostra vera natura, noi cediamo alla tentazione del fariseismo. La nostra natura è chiara e semplice: noi non siamo né padri, né maestri, né guide, noi siamo semplicemente fratelli. Dal primo all’ultimo cristiano, noi siamo fratelli. Dal primo all’ultimo uomo, noi siamo fratelli.

Il fariseo, nella chiesa, è da sempre colui che spacca il capello in due dicendo ciò che è bene e ciò che è male e ciò che va fatto! Meglio: ciò che gli altri debbono fare.

Ed ecco che i preti pontificano su quanto i laici debbono fare. E i laici pontificano su quanto i preti debbono fare. Ci dimentichiamo che questo è cosa di Dio e che noi siamo fratelli. Ma che dico: ci dimentichiamo che essere a immagine di Dio significa non giudicare ed essere perfetti nella misericordia. E la misericordia è questa: far piovere sui giusti e sugli ingiusti, fare splendere il sole sui buoni e sui cattivi, perché tutti siamo figli di Dio. E la misericordia non può dimenticare che il grano, per potere crescere, deve crescere con la zizzania, quella zizzania che non possiamo estirpare perché la mietitura è cosa dei tempi ultimi, è cosa di Dio e dei suoi angeli, non è cosa nostra.

- Pubblicità -

Che cosa fa il fariseo che è in noi? Stabilisce cosa è peccato e cosa peccato non è, definendolo molto bene per gli altri. Grazie a questo atteggiamento da guide e da maestri, abbiamo passato secoli a definire fino a che punto si poteva fare sesso oppure no, fino a dove era bene e fino a dove invece era peccato mortale, dimenticandoci, e mai definendolo, che il vero peccato mortale è un bimbo che muore di fame e una vedova che non ha alcuna difesa contro le angherie dei potenti. Siamo arrivati a giustificare ogni porcheria che i cosiddetti nobili compivano e che potevano compiere perché cosiddetti nobili, negando il diritto ai poveri di potere mangiare in santa pace il loro pane continuamente rubato e di potere vivere in libertà, perché tutti erano servi della nobiltà e del clero.

Abbiamo creduto che Dio fosse come noi, dimenticandoci che noi siamo da sempre chiamati ad essere come Lui. Abbiamo affamato mezzo mondo nel suo nome e abbiamo preteso che Lui tacesse. Ci siamo dimenticati che il vero peccato è metterci al suo posto, ferendo la sua immagine in noi e non vivendo per guarire questa immagine ferita in noi e per potere essere più veri, più a sua immagine e somiglianza.

La Sacra Scrittura è un continuo invito ad affinare in noi l’attenzione verso l’oppresso e la vedova, verso il povero. A compiere non solo o non tanto atti di carità, quanto invece atti di giustizia, giustizia secondo Dio.

- Pubblicità -

Quando vogliamo diventare maestri in teologia, in bibbia, in morale, in dogmatica – cose tutte belle e sacrosante, ciò che non è bello e sacrosanto è la nostra pretesa di essere maestri dimenticandoci che uno solo è maestro – noi entriamo da subito nel campo dell’ipocrisia. Se infatti solo uno è Maestro e noi vogliamo fare i maestri anziché i fratelli, siamo già da subito ipocriti e non ci rimane che la strada del fariseismo. Unica via di salvezza è la via dell’umiltà che fa di ciascuno di noi non una guida, ma un servo.

Il nostro fariseismo è usurpatore di ciò che è proprio di Dio di cui dobbiamo essere discepoli che vivono in fraternità. Quanti giudizi assassini. Quanta mancanza di perdono che lascia spazio solo alla vendetta. Quanto giudizio che squalifica l’altro magari in nome di Dio. Tutti atteggiamenti che squalificano noi farisei, che ci rifiutiamo di essere fratelli, liberi nell’essere figli.

Ancora una volta siamo invitati alla grande coscienza del discepolo dove “chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato”.

Fonte
SITO WEB | CANALE YOUTUBE | FACEBOOK | INSTAGRAM

Articoli Correlati