p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 23 Marzo 2019 – Lc 15, 1-3.11-32

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La salvezza della nostra vita passa attraverso la bellezza dellโ€™esperienza della fame. Non รจ bella in sรฉ la situazione di fame, รจ bella perchรฉ apre a strade nuove. La bellezza della fame รจ beatitudine: Beati gli affamati, saranno saziati! Se cโ€™รจ una bruttezza nella nostra vita odierna รจ la mancanza di fame: non abbiamo piรน fame, non abbiamo piรน sete. Al massimo abbiamo un poโ€™ di appetito, ma nulla piรน! Non so perchรฉ, รจ una questione esperienziale, ma chi ha fame sorride ancora, noi siamo tristi.

Questa fame che aveva il figlio minore era fame di cose, diventa poi fame di cibo. La fame di cose lo portano a rifiutare il Padre e ad andarsene da casa. Non ne vuole piรน sapere di quel Padre, che non sappiamo come fosse. Sappiamo solo che lui vuole andarsene dal Padre. Non vuole la relazione con Lui, vuole le sue cose. Dammi quello che mi spetta, sembra essere il basso continuo della musica delle nostre preghiere. Tu dammi, per il resto non mi interessi. Voglio essere autosufficiente, ma non lo sono non solo perchรฉ sono accanto a te, ma anche perchรฉ non ho di che mantenermi. Io voglio essere autonomo, ma tu dammi quello che mi spetta. Non riconosco il mio bisogno di Te, ma non posso fare a meno di Te! Soffrire la vicinanza del Padre ci porta a servire padroni che al massimo ti mandano a seguire i porci, dopo avere dilapidato la vita del Padre in te. Dio ci lascia liberi, respinto Lui non ci rimangono che gli idoli. Non cโ€™entra lโ€™ateismo, cโ€™entra il bisogno di un padrone che sostituisca il Padre. Cosรฌ diveniamo emissari degli idoli che ci mandano a pascere i porci, la cosa peggiore che possa capitare ad un umano. I porci, per gli ebrei, sono cosa immonda, รจ lโ€™abominio per eccellenza. Noi siamo condannati, rifiutato il Padre, meglio ci condanniamo a far crescere ciรฒ che รจ immondo. E ancora ci illudiamo che ci possa nutrire, ma il figlio si accorge che nessuno gli dona cibo che sazia: le carrube i porci se le tengono per sรฉ. Quei porci che sembrano umani: nessuno gli e ne dava. Allontanarsi da Dio, che non vuole allontanarsi da noi, significa far crescere la dissomiglianza da Lui che ci ha creati a sua immagine e somiglianza.

Qui, grazie a Dio, ritorna la fame drammatica e umana allo stesso tempo. Una fame che non รจ ancora riconoscimento di essere figli, ma semplicemente di essere gente che non basta a se stessa. Se siamo figli e la relazione col Padre รจ la nostra vita, la negazione della relazione con Lui รจ la nostra morte. La fame ci dice che stiamo morendo di fame, anche se pieni di cose e di animali. Se vogliamo essere saziati dobbiamo riconoscere la nostra fame.

Noi vorremmo saziarci con quanto sazia i porci: meno male che gli animali che frequentiamo ne capiscono piรน di noi e non ce ne danno. Una mano invisibile non permette che noi ci saziamo delle carrube delle nostre idolatrie relazionali. La sazietร  relazionale รจ solo presso il Padre e presso la Madre. Lโ€™impossibilitร  di vivere di questo cibo รจ una grazia di autocoscienza che prima o poi speriamo emerga in noi, indica infatti la nostra nobiltร , la nostra nostalgia del Padre , il nostro DNA come richiamo, lโ€™essere figli suoi rimane come richiamo piรน o meo conscio e inconscio.

La fame ci mette in cammino. Provoca la nostra riflessione, ci fa muovere i primi passi, ma non รจ ancora vita, รจ cammino verso la Vita! Lโ€™autosufficienza senza il Padre ci riduce alla fame. Scorgere che abbiamo fame รจ il primo passo per riprendere il cammino. Di fronte alla fame il figlio non vive il pentimento, semplicemente rinsavisce. Si accorge che la realtร  non รจ quella che aveva in testa lui. Si converte a se stesso, non al Padre. Ma รจ giร  un primo passo: se ricomincia a volersi veramente bene si mette nella condizione di potere cogliere il vero bene. La fame gli fa capire, ci fa capire speriamo, che si รจ sbagliato nel valutare le cose. รˆ lโ€™inizio di un cammino. Dice un antico proverbio ebraico: quando gli israeliti โ€“ che siamo noi- hanno bisogno di mangiare carrube รจ la volta che si convertono!

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Il figlio considera Dio come Padre, ma non considera sรฉ figlio: รจ una contraddizione che fa parte del cammino di autocoscienza e di conversione. Pensa che lโ€™alternativa sia diventare come il figlio maggiore: lโ€™immagine del Padre che si รจ fatta รจ ancora falsa e tendenziosa. Vede la differenza fra quello che cโ€™รจ nel piatto porcile e pensa a quello che cโ€™รจ nella casa del Padre. รˆ lo scarto tra realtร  e desiderio, tra fame e sazietร . Ma รจ giร  un primo passo: buon cammino!

Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.

Fonte – Scuola Apostolica Sacro Cuore

Vangelo del giorno:

Lc 15, 1-3. 11-32
Dal Vangelo secondoย Luca

In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: ยซCostui accoglie i peccatori e mangia con loroยป. Ed egli disse loro questa parabola:
ยซUn uomo aveva due figli. Il piรน giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio piรน giovane, raccolte tutte le sue cose, partรฌ per un paese lontano e lร  sperperรฒ il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciรฒ a trovarsi nel bisogno. Allora andรฒ a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandรฒ nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornรฒ in sรฉ e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerรฒ, andrรฒ da mio padre e gli dirรฒ: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono piรน degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzรฒ e tornรฒ da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettรฒ al collo e lo baciรฒ. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono piรน degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito piรน bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perchรฉ questo mio figlio era morto ed รจ tornato in vita, era perduto ed รจ stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udรฌ la musica e le danze; chiamรฒ uno dei servi e gli domandรฒ che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello รจ qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perchรฉ lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignรฒ, e non voleva entrare. Suo padre allora uscรฌ a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che รจ tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciรฒ che รจ mio รจ tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perchรฉ questo tuo fratello era morto ed รจ tornato in vita, era perduto ed รจ stato ritrovato”ยป.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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