Chi di noi non ama fare il bene? Chi di noi non pretende che questo bene abbia un riconoscimento dagli altri? Chi di noi non vorrebbe fare le cose per e con gratuitร ? Chi non ha in cuore che questa gratuitร abbia un gesto di assenso da parte degli uomini? Chi di noi non รจ malato di predicazione pretendendo di dire agli altri come si sta al mondo? Chi di noi non รจ malato di poca consequenzialitร con quello che dice? Chi di noi non desidera essere ammirato dagli uomini per quello che fa? Chi di noi non dice che sta facendo bene e per questo รจ giusto che gli altri lo riconoscano? Chi di noi, magari per paura di non farcela, preferisce svalutare quello che รจ e quello che fa magari per poter ricevere una gratificazione, una consolazione da parte degli altri? A chi di noi non piace fare bella figura? Chi non gioisce nellโessere salutato e conosciuto? Chi di noi non andrebbe a farsi vedere in TV, magari anche solo per un attimo? Chi di noi non tiene al proprio titolo di studio? Chi non tiene alla propria posizione lavorativa?ย Chi accetta di essere servo degli altri come Cristo รจ stato?
Questo nostro essere che ci portiamo dietro fa parte della nostra esistenza e di quello che noi siamo. Ogni cosa che facciamo porta in sรฉ un desiderio di riconoscimento. Anche quello che fai nel nascondimento, senza che nessuno la veda, nel momento in cui per caso viene allo scoperto ci troviamo subito piรน gioiosi e piรน contenti.ย ร una cosa buona gioire se gli altri vedono le nostre opere buone, ma la tentazione di farle solo se siamo visti e applauditi รจ una tentazione che portiamo con noi per tutta la vita. Il nostro cuore non riesce ad essere puro e libero e limpido!
Gesรน ci richiama a stare attenti a questo perchรฉ una motivazione non limpida fa sรฌ che il bene non sia piรน bene: la caritร diventa esibizionismo, il digiuno motivo di ricevere lodi, la preghiera un palcoscenico. Non dobbiamo gioire che il Signore se la prenda con i farisei del suo tempo, perchรฉ i farisei siamo noi. Il lievito dei farisei infarcisce il nostro cuore e uccide i nostri desideri di bene; non ci permette di vedere chiaramente; affatica il nostro discernimento; ottenebra la nostra mente e il nostro sguardo; inaridisce il nostro cuore.
Ecco perchรฉ siamo chiamati ad accogliere con attenzione e calore il richiamo di Gesรน. Gesรน non impone, ci mette in guardia, ci sveglia dal torpore che accompagna le nostre giornate. Ci invita a non dipendere dalla vanitร dellโapparenza e del riconoscimento. Proviamo a pensare a quanto bene noi non facciamo o evitiamo di fare per paura del non riconoscimento. Quante volte ci fermiamo nel compiere un gesto ancora prima di pensarlo perchรฉ: ma la gente cosa dirร ? Spesso evitiamo di farlo perchรฉ sicuramente gli altri avranno qualcosa da dire su di noi. Questi pensieri in sรฉ non sono cattivi: possono invece essere dei campanelli di allarme che ci possono spingere a riflettere sulle vere motivazioni che ci portano ad agire. Dovrebbero aiutarci a comprendere che la preoccupazione di quello che diranno gli altri in bene e in male, non รจ una preoccupazione che ci lascia indifferenti ma allo stesso tempo, se noi gli diamo importanza, puรฒ bloccare facilmente il desiderio di bene che cโรจ in noi.
Quante volte ci capita di non fare piรน del bene perchรฉ quello che giร abbiamo fatto non รจ stato capito o รจ stato travisato o addirittura rifiutato? Quante persone non vogliono piรน amare perchรฉ tradite nelle loro aspirazioni piรน profonde per cui la paura di soffrire di nuovo le spinge a non amare piรน, a non desiderare piรน? Il vero motivo che le spinge ad agire in quei momenti, non รจ il desiderio di bene che hanno in loro ma la paura di soffrire di nuovo. Quante persone deluse nellโamore preferiscono dei rapporti veloci, brevi e non profondi, piuttosto che giocarsi ancora nellโamore? Questo non รจ un volere che il nostro bene sia farisaicamente riconosciuto, anche se si esprime allโesterno come paura di soffrire? E non ci si schioda da lรฌ!
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Un altro pensiero: sulla cattedra di Mosรจ sono seduti gli scribi. Il vangelo รจ scritto per la chiesa, dobbiamo dunque dire: sulla cattedra di Gesรน sono seduti gli scribi. Gli scribi siamo innanzitutto noi preti, ma siamo anche noi cristiani. Tutte le volte che noi riduciamo la buona novella a legge, noi siamo scribi. Tutte le volte che usiamo il vangelo per giudicare gli altri, noi siamo scribi. Tutte le volte che preferiamo parlare del vangelo piuttosto che viverlo, noi siamo scribi. Tutte le volte che usiamo del vangelo per farci belli, noi siamo scribi.
Mettiamocelo bene nel cuore: ciรฒ che รจ capitato ad Israele รจ profezia per noi! Il pericolo che il Vangelo continuamente corre, รจ quello che ognuno di noi si impadronisca della Parola, invece di accogliere Colui che parla. La Parola diventa legge, invece che comunicazione e comunione con Colui che parla. Questo atteggiamento, che allโesterno si presenta come passione per il Vangelo, รจ in realtร rifiuto di Dio come Padre e di se stessi come figli. Solo chi cerca di fare ciรฒ che dice si accorge che le leggi sono impossibili da osservare e che, soprattutto, danno la morte. Solo chi cerca di fare ciรฒ che dice puรฒ capire che soltanto lโamore, lo Spirito del Padre, รจ datore di vita. Poniamo attenzione a questo peccato di ipocrisia, travestita di bontร e di premura pastorale.
AUTORE: p. Giovanni Nicoli
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