A conclusione di questo capitolo sesto del vangelo di Giovanni, dove la fede ci รจ stata manifestata come un mangiare e un bere, un masticare e un metabolizzare, ci possiamo rispecchiare negli atteggiamenti dei discepoli di Gesรน.
Emerge come sia importante essere veri con noi stessi e di come questa veritร con noi stessi non sia cosa scontata. Non รจ importante che in noi vi sia accettazione o rifiuto, รจ importante che in noi trovi spazio la veritร del nostro relazionarci.
Che possa emergere il rifiuto che cโรจ in noi dellโinvito di Gesรน a mangiare di Lui per diventare come Lui.
Che possa emergere lโaccettazione a buon mercato con cui giochiamo il nostro bere il suo sangue. Se giochiamo a bere il suo sangue noi ci scandalizziamo quando Gesรน versa il suo sangue per coloro che lo mettono in croce. Se ci giochiamo nel bere il suo sangue allora noi non nascondiamo il nostro agire a buon mercato e camminiamo verso il donare la nostra vita per lโaltro, non tanto perchรฉ ci guadagniamo, quanto invece perchรฉ รจ il bello della vita.
Accorgerci che noi diamo per scontato il fatto di essere a posto perchรฉ celebriamo lโeucaristia in chiesa, รจ passo importante per prendere coscienza che la celebrazione dellโeucaristia รจ dono di vita, รจ cosa bella perchรฉ vita ed รจ vitale perchรฉ vissuta fuori dalla chiesa. Diversamente lโeucaristia rischia di diventare un feticcio, qualcosa che andiamo a prendere perchรฉ cosรฌ siamo a posto, perchรฉ cosรฌ abbiamo pagato pegno per le nostre infedeltร . Abbiamo fatto qualcosa per far piacere a Dio cosรฌ che Lui chiuda un occhio su quanto noi siamo poco fedeli alla chiamata al suo mangiare e bere. La chiamata a non recarci in chiesa a celebrare, cosa che stiamo vivendo ogni giorno, รจ una chiamata a vivere il dono dellโeucaristia, pur nella mancanza del dono liturgico, come un dono vitale da non smettere di vivere nel quotidiano. ร la cosa piรน semplice e piรน bella allo stesso tempo, che perรฒ siamo portati a dimenticare ogni giorno per dare spazio al solo movimento liturgico, che รจ essenziale, ma si riduce a nulla se strumento per negare la centralitร della eucaristia come dono di vita da vivere nella vita.
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Questo modo di essere รจ un modo naturale, piรน scontato, per non accettare la nostra chiamata a mangiarlo. Salvare la facciata ci permette di non dovere vivere la bellezza dellโessere come Lui. Dare per scontato lโadesione a Lui magari dicendo: รจ chiaro che รจ cosรฌ! ร la premessa per fare e vivere il contrario.
Prendiamo coscienza che ciรฒ che importa non รจ tanto che noi cambiamo il comportamento: sa troppo di un โmettere a posto le coseโ. Ciรฒ che รจ importante รจ che noi abbiamo la libertร di chiamare col suo vero nome lโatteggiamento che sottostร a quanto noi viviamo e a quanto agiamo.
Potremo allora cogliere la bellezza della libertร di vedere che la croce รจ scandalo proprio perchรฉ Lui pretende che questo sia salvezza del mondo. Svelare la menzogna in noi, troppo fedele al salvare le apparenze, che la croce ci scandalizza รจ aprirsi al Dio amore che si dona fino a dare la sua vita per chi lo uccide: io. Noi, chiamati a vivere il pane che riceviamo nellโeucaristia, subiamo lo scandalo. Assimilare il suo corpo dato per noi perchรฉ il nostro corpo diventi dono di amore per i fratelli, lasciandoci animare dallo Spirito, รจ vita, vita bella, risposta alla chiamata dalla Vita!
Il senso dellโeucaristia che noi celebriamo รจ allora indubbio: noi celebriamo ciรฒ che viviamo quotidianamente: questo รจ il cammino. Se viviamo menzogna e apparenza, noi celebriamo menzogna e apparenza. Se viviamo veritร che non ha nulla a che vedere col presentarci belli, noi celebriamo veritร di vita e di dono.
Cosรฌ possiamo camminare, cosรฌ la nostra vita viene trasformata progressivamente nella veritร e nella libertร . Cosรฌ la nostra vita diventa dono piccolo e totale allo stesso tempo. Come lโobolo della vedova: non interessa che sia tanto, interessa sia tutto. Questa รจ la vita eterna, questa รจ vita profondamente umana e umanizzante e dunque divina.
Questo stile abbraccerร sempre piรน, come abbraccio del Padre, il nostro pensare e il nostro agire, il nostro essere viene trasformato nel cuore stesso di Cristo. A questo infatti siamo destinati e creati: per diventare ciรฒ che siamo: figli del Padre!
AUTORE: p. Giovanni Nicoli
FONTE: Scuola Apostolica
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