Mi sembra sempre più ineluttabile il fatto che fino a che il mio cuore non diventerà povero, non solo non potrò essere povero esteriormente, ma, soprattutto, non avrò possibilità di amare.
Senza un cuore povero non abbiamo possibilità di amare perché le ricchezze del nostro cuore formano una diga che blocca il flusso del corso del fiume dell’amore non lasciando che arrivi al mare. Noi abbiamo timore della tortuosità del percorso, non è quello il problema. Il problema è quando il percorso svanisce e viene bloccato, allora, ineluttabilmente, il nostro cuore inaridisce e ricerca quelle ricchezze che all’apparenza sembrano l’unica risposta all’aridità del nostro cuore.       Difficilmente i ricchi entrano nel Regno oggi, perché noi ricchi abbiamo bisogno di diventare poveri per cogliere la bellezza della porta stretta del dono anziché la porta larga dell’arraffamento.
Abbiamo bisogno di avere le mani libere per darci da fare per il bene. Ma le mani libere rischiano di essere solo mani vuote se non abbiamo il cuore libero dalle cose e dal bisogno di dimostrare che siamo bravi. Che poi, a ben guardare, gli altri riconoscono la tua bravura stando zitti, mentre riconoscono i tuoi errori urlando ai quattro venti gli stessi. Ma sia in un caso come nell’altro, ciò che importa è un cuore che batte e non sia arido, non la risonanza che il nostro agire può avere sugli altri.
La necessità di essere liberi dall’attaccamento è una necessità per potersi realizzare. Se la scelta della sapienza della croce è scelta che passa dalla porta stretta, più noi siamo carichi di ricchezze e meno saremo abilitati a passare per quella porta di saggezza. Riconoscere che le nostre ricchezze, poche o tante che siano, sono impedimento a camminare come pellegrini sulla via del Regno, è il primo passo di liberazione utile per potere camminare sulla via della vita. Accogliere il dono della libertà dal bisogno, perché di bisogno si tratta e non di desiderio, di accumulare per essere liberi di volgere lo sguardo al futuro, significa abbandonare la pazzia della meritocrazia, che altro non è che una forma di potere dei forti sui deboli, e incamminarsi sulla strada del dono e della condivisione.
Solo così saremo liberi di cogliere con sguardo nuovo che molti dei primi in realtà sono ultimi come molti degli ultimi sono in realtà i primi.
Per tutti la vita passa per la via della povertà vissuta con umiltà a servizio del bene del mondo. Così possiamo accorgerci come il possesso e la ricchezza siano compulsione alla morte della nostra esistenza. Solo così ci potremo accorgere che la ricchezza, oltre un certo limite, limite che la ricchezza non vuole, è schiavizzante, non dona nulla ma tutto chiede. Pensiamo anche solo al tempo che ci chiede, quel tempo che non torna e che nessuno ci ridarà indietro.
L’orgoglio e il dominio sono armi del nemico che ci obbligano, non ci liberano, ad essere servi dell’accumulo e del potere. Così siamo tenuti in schiavitù.
Anche il povero deve stare attento a non avere il cuore del ricco. Troppi poveri ho visto lasciarsi avvolgere il cuore dalla smania di avere qualcosa in più, fosse anche solo un paio di occhiali o un cellulare. Il cuore povero è la via maestra, magari stretta, che porta alla vita e dona libertà rendendo ragione alla nostra vera identità di figli del Padre nostro che è nei cieli.
A tutti oggi viene proposto un modello di vita alienante rispetto alla nostra vera ricchezza che è la povertà che apre al Regno. A noi scegliere la libertà di un cuore amante o la schiavitù di un cuore appesantito e inaridito dalla ricerca di gratificazione di bisogni di riempimento anziché di virtù di svuotamento.
AUTORE: p. Giovanni NicoliÂ
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