p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 15 Giugno 2023

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Terribile e sconvolgente il vangelo di quest’oggi per i nostri rapporti con Dio e con il fratello. È chiaro che è la meta verso cui camminare ma comunque: è una fatica immane, almeno per me, ascoltare nella sua interezza questa pagina. Una fatica perché alcune cose non le condivido e hanno bisogno di essere assimilate ancora. Importante riconoscere questa fatica e il nostro discostarci dallo stesso per metterci e sentirci in cammino, non cadendo in inutili sensi di colpa che paralizzano più che aiutare a rimetterci in cammino.

Israele è la religione dell’ascolto e del dialogo tra Dio e l’uomo. Il richiamo che ritroviamo da subito di non uccidere, è il fondamento minimo di ogni relazione: il lasciare vivere l’altro è il minimo che possiamo e dobbiamo fare ed è il minimo che continuamente viene violato.

Gesù che ci dice: io però vi dico, non si pone in antitesi col non uccidere, ma si mette in un atteggiamento di completamento. Infatti l’uccisione fisica proviene dall’uccisione interna dell’altro, dal disprezzo, dal rompere con lui la fraternità.

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Così l’ira è l’omicidio del cuore contro l’altro. Si nega la fraternità e si nega la nostra identità di figli e di fratelli non compiendo in tal modo la giustizia di Dio.

Così il dire stupido all’altro è mezzo per disprezzare l’altro uccidendolo interiormente, una uccisione che è il primo passo sulla strada della uccisione esteriore. L’avversario va ritenuto inferiore, senza cultura. Le guerre sono precedute da una campagna denigratoria del nemico, come fosse non uomo. Solo allora è possibile ucciderlo e questo modo di agire noi lo conosciamo molto bene con la paranoia del terrorismo internazionale mezzo sicuro per denigrare e permetterci di uccidere. Dio ci dice che la stima che sono chiamato ad aggiudicare all’altro è la stessa stima che dono a Dio, non ci sono possibilità di sconti.

Dire pazzo o empio: il nemico oltre che disprezzato, va anche demonizzato dicendo che lui è il cattivo o addirittura che lui è il male. In questo modo diventa bene eliminare l’altro.

La Geenna, luogo dove si sacrificavano vittime umane, luogo distrutto dagli ebrei facendovi una discarica: chi non considera l’altro come fratello, ha sacrificato la propria vita di figlio e la butta nell’immondizia.

Se presenti la tua offerta sull’altare è un richiamo a che, prima di rivolgerti al Padre, tu perdoni il fratello riconciliandoti addirittura con colui che ha qualcosa contro di te, anche se tu non hai nulla contro di lui: non saprei proprio come fare, mi sento bloccato e in imbarazzo di fronte a questa verità del vangelo, che rimane comunque verità!

Il vangelo continua dicendo che se non ti riconcili con il fratello che ha qualcosa contro di te, sei in colpa tu, anche se non hai nulla contro di lui. Non è sufficiente avere ragione o il dire che non ci importa il rapporto con quell’altro. Il non essere d’accordo è già il male, e se non ti importa di lui, hai già ucciso lui come fratello e te stesso come figlio (mi manca il respiro mentre scrivo queste cose vere e radicali).

L’altro diventa sempre l’avversario perché io voglio rapire a lui un bene che è suo e perché lui vorrebbe fare la stessa cosa con me. La vita è un cammino di riconciliazione con l’altro: la meta è divenire sempre più figli e fratelli, se così non facciamo perdiamo la nostra vita. Non importa se abbiamo ragione o torto: se non vado d’accordo con il fratello non sono figlio.

Penso che per oggi l’impegno è assicurato: siamo chiamati a passare dalla logica del debito a quella del dono e del perdono, perdendo la propria vita per l’altro, solo così si risolvono le relazioni, solo così si risolvono i conflitti internazionali, solo così si può entrare nella logica della solidarietà e non rimanere in quella della potenza e della ragione sull’altro, sia esso uomo, sia essa nazione e popolo.

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