p. Gaetano Piccolo S.I. – Commento al Vangelo di domenica 6 Agosto 2023

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Fin dove guardiamo

Il nostro sguardo diventa sempre più superficiale. Non abbiamo più voglia di vedere veramente. Guardiamo le cose dall’esterno, senza chiederci cosa ci sia dietro. Leggiamo le notizie, affrontiamo le situazioni, senza guardare fino in fondo come stanno le cose. Ci accontentiamo. Guardiamo le persone, giudicando l’apparenza.

È anche vero che talvolta la notte rende più difficile vedere che cosa ci sia davanti a noi: la notte della delusione, la notte dello sconforto e della confusione, la notte della solitudine e dell’abbandono rende ancora più difficile vedere cosa ci sia oltre le ombre. E poi ci sono le nubi, che anche se è giorno ostacolano la vista, anzi, quando ci troviamo dentro la nube non vediamo più niente. Il profeta Daniele insiste infatti sulla necessità di protendere lo sguardo dentro le visioni notturne (Dn 7,13): forse proprio quando è buio, guardando bene, si scoprono le cose più importanti!

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Vedere Dio

Se è così nella vita ordinaria, per le cose umane, nelle relazioni personali, tanto più è difficile vedere Dio quando si rimane alla superficie delle cose, ma talvolta, come dice Pietro, diventiamo testimoni oculari (2Pt 1,16), perché è Dio stesso che ci viene incontro e si lascia vedere. Per quanto possiamo metterci a cercarlo, non troveremmo mai Dio se lui stesso non si lasciasse trovare. In alcuni momenti, infatti, proprio mentre noi siamo sulla superficie delle cose, Dio si fa vedere al di là dell’apparenza: si transfigura, si fa vedere al di là dell’immagine superficiale delle cose. Non è mai una nostra conquista, ma sempre un suo dono.

Luoghi favorevoli

Ci sono però delle condizioni da accogliere affinché Dio si lasci vedere al di là della superficialità: Gesù porta Pietro, Giacomo e Giovanni in disparte, su un alto monte. Bisogna accettare di entrare in una relazione esclusiva, in disparte, lasciarsi separare da tutto il resto, portandosi vicino a lui, sulle vette, in alto. Ci sono dei luoghi che ci avvicinano a Dio e che permettono a Dio di farsi vedere: sono le alte vette del dolore, le alte vette della generosità e del servizio, sono le montagne della preghiera, sono le cime del perdono.

La luce che illumina

In quei luoghi, quando ci ritroviamo in disparte, dove cioè non c’è nessun altro, quando ci ritroviamo a vivere quelle esperienze profondamente da soli, lì siamo illuminati. Dio si fa luce. Matteo rende questa esperienza con l’immagine del volto e delle vesti di Gesù che brillano: Gesù illumina i momenti bui della nostra vita, quando si lascia vedere nella sua divinità.

Al di là dell’apparenza umana della figura di Gesù, i discepoli riconoscono la potenza della divinità. Vedono Gesù per quello che è, il Figlio di Dio. Nell’ordinarietà della storia, non riusciamo a riconoscere facilmente la presenza di Dio, la divinità sembra nascondersi dietro le ingiustizie, la cattiveria, l’infelicità e il dolore. E ci chiediamo di tanto in tanto dove sia Dio in tutto questo. Rimaniamo alla superficie delle cose. Poi il Signore si rivela e illumina il buio, a volte tremendo, di questa storia dentro cui siamo immersi. E quella luce diventa consolazione.

Dialogo che conferma

La presenza di Mosè e di Elia è una conferma della divinità di Gesù. Per i discepoli non è solo un momento di rivelazione, ma anche di conferma. Mosè ed Elia, nella tradizione ebraica, sono le due figure, il cui ritorno avrebbe annunciato l’avvento del Messia. Mosè ed Elia rappresentano però anche tutta la Scrittura, a cui anche Gesù fa spesso riferimento con l’espressione “la Legge e i profeti”: Mosè infatti era considerato l’autore dei libri della Legge, mentre Elia era considerato il profeta per eccellenza. Questa immagine dunque vuole affermare che tutta la Scrittura attesta che Gesù è veramente il Figlio di Dio. Del resto è significativo che Gesù, in questa visione, dialoghi con Mosè ed Elia: c’è un dialogo tra la Scrittura e Gesù, si illuminano a vicenda, i testi della Legge e i profeti ci fanno capire meglio chi è Gesù e l’esperienza dell’incontro con Gesù ci aiuta a comprendere meglio i testi sacri. Questo dialogo ha la forma di un’ermeneutica.

È tutta la Scrittura quindi che ci fa capire la cosa più importante: in questo dialogo infatti emerge la voce del Padre che ci invita ad ascoltare il Figlio, perché è lui il compimento e la pienezza.

Impossibile possesso

Quando viviamo questi momenti in cui comprendiamo qualcosa di bello e di importante e in cui sentiamo di aver sperimentato qualcosa di Dio, possiamo essere presi, come Pietro, dalla tentazione di voler fermare quel momento, abbiamo paura che possa non ripetersi più. Pietro vuole costruire delle capanne e rimanere lì. Ma questa non è la vita. Sì, talvolta il Signore si fa vedere e ci fa sperimentare la sua presenza, ma poi occorre scendere, bisogna vivere l’ordinarietà, trasfigurati dalla nostra esperienza di Dio. Quell’ordinarietà ci fa paura, per questo Gesù insiste nel ricordare ai discepoli di non temere. Dio non si lascia possedere, ma ci promette anche che continuerà a lasciarsi vedere.

Leggersi dentro

  • Il tuo sguardo sulla realtà è superficiale o cerchi di andare in profondità?
  • Ci sono stati momenti della tua vita, in cui Dio si è lasciato vedere?

per gentile concessione di P. Gaetano Piccolo S.I.
Fonte