Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 18 ottobre 2020.
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Nel mondo, ma non del mondo
Lโuomo non vive da solo, รจ parte di una societร civile e deve stabilire relazioni di collaborazione con gli altri. Dal bisogno di organizzare la convivenza deriva la necessitร di determinare diritti e doveri, di darsi istituzioni, di fissare modi e forme per contribuire al bene comune. Stabilire ciรฒ che รจ giusto non รจ facile: entrano in gioco interessi diversi, si prospettano vari obiettivi da raggiungere; cโรจ chi pretende favori, chi rivendica privilegi e le tensioni sorgono inevitabili.
A complicare ulteriormente il problema ci sono i rapporti fra lโordinamento statale e le istituzioni religiose con i loro princรฌpi, norme, consuetudini, tradizioni, pretese irrinunciabili. Molti, sentendosi sudditi di due poteri in competizione โ che spesso sconfinano, scambiandosi reciproche accuse di invasioni di campo โ hanno la coscienza lacerata. Per risolvere il conflitto, cโรจ chi sceglie posizioni fanatiche e integraliste e pretende di imporre a tutti le proprie convinzioni e cโรจ chi rinuncia a un confronto da cui teme di uscire sconfitto e si colloca ai margini.
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Nella celebre Lettera a Diogneto, composta intorno alla metร del II secolo d.C., vengono suggeriti princรฌpi saggi e sempre attuali: โI cristiani nรฉ per regione, nรฉ per voce, nรฉ per costumi si distinguono dagli altri uomini. Vivendo in cittร greche e barbare, come a ciascuno รจ capitato e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera รจ patria loro e ogni patria รจ straniera. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. Obbediscono alle leggi stabilite e con la loro vita superano le leggi. A dirla breve, come lโanima รจ nel corpo, cosรฌ nel mondo sono i cristianiโ (Lettera a Diogneto, V,1-10; VI,1).
Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โSplendano i cristiani come astri nel mondo: cittadini esemplari, coerenti con le proprie convinzioni, rispettosi di quelle degli altriโ.
Prima Lettura (Is 45,1.4-6)
1 Dice il Signore del suo eletto, di Ciro:
โIo lโho preso per la destra,
per abbattere davanti a lui le nazioni,
per sciogliere le cinture ai fianchi dei re,
per aprire davanti a lui i battenti delle porte
e nessun portone rimarrร chiuso.
4 Per amore di Giacobbe mio servo
e di Israele mio eletto
io ti ho chiamato per nome,
ti ho dato un titolo sebbene tu non mi conosca.
5 Io sono il Signore e non vโรจ alcun altro;
fuori di me non cโรจ dio;
ti renderรฒ spedito nellโagire, anche se tu non mi conosci,
6 perchรฉ sappiano dallโoriente fino allโoccidente
che non esiste dio fuori di me.
Io sono il Signore e non vโรจ alcun altro.
Da una trentina dโanni gli israeliti si trovavano in Babilonia quando, fra di loro, sorse un profeta. ร rimasto anonimo, ma, dagli oracoli che i suoi discepoli hanno raccolto e inserito nel libro di Isaia, traspare la sua personalitร eminente: era un poeta, uno dei piรน raffinati che Israele abbia mai avuto, un uomo sensibile, colto e attento ai rivolgimenti sociali e politici che coinvolgevano il suo popolo. Teologo geniale, seppe scorgere il piano di salvezza di Dio al di lร di ciรฒ che per altri erano semplici eventi, alleanze, intrighi diplomatici, campagne militari.
Nel brano di oggi egli rivela ciรฒ che il Signore sta per compiere in favore del suo popolo: Babilonia, la sanguinaria, la maledetta, รจ potente, ma ancora per poco, perchรฉ allโorizzonte รจ sorto un nuovo astro, il re dei persiani Ciro, lโabile condottiero che con una serie di spedizioni vittoriose conquista e sottomette, lโuno dopo lโaltro, tutti i regni dellโAsia Minore e dellโoriente. Si dirige infine contro Babilonia dove non incontra resistenza ed entra trionfalmente. Dominatore incontrastato del mondo, emana un editto nel quale si presenta come il salvatore degli oppressi, il difensore dei deboli, lโuomo pio di cui Dio si serve per realizzare i suoi piani. Ordina che siano liberati tutti i deportati: se lo desiderano, possono tornare nella terra dei loro padri, praticare la loro religione, anzi, egli stesso vuole contribuire alla ricostruzione dei luoghi di culto distrutti dai soldati di Babilonia (Esd 1,1-4).
Dopo questโintroduzione storica, รจ facile comprendere la lettura di oggi, dove il Signore โ per bocca di questo profeta โ presenta Ciro come il suo eletto: โIo lโho preso per la destraโ e lโho destinato ad essere governatore del mondo, spalancherรฒ davanti a lui le porte di tutte le cittร e nessuno potrร opporsi al suo dominio (v. 1). Poi, come avviene negli oracoli di intronizzazione di un re (Sal 2; 110), Dio si rivolge direttamente al nuovo sovrano: โIo ti ho chiamato per nome, ti ho dato un titolo sebbene tu non mi conoscaโฆ ti renderรฒ spedito nellโagire, anche se tu non mi conosciโ (vv. 4-5).
Un titolo straordinario รจ stato dato da Dio a Ciro: eletto โ dice la nostra traduzione (v. 1) โ unto, messia, cristo โ รจ invece il termine usato nel testo originale. Il Signore gliene ha attribuito altri: โMio pastore, colui che porterร a compimento ogni mio disegnoโ (Is 44,28); โricostruttore della mia cittร , liberatore dei miei deportatiโ, colui che โho stimolato per la giustiziaโ e di fronte al quale โspianerรฒ tutte le vieโ (Is 45,13). Sono espressioni che fanno quasi supporre che Ciro sia considerato dal profeta come lโatteso salvatore, il messia, il re che โdominerร da mare a mare e dal fiume fino ai confini della terraโ (Sal 72,8).
Non lo era, egli fu soltanto lo strumento del Signore per liberare il popolo dalla schiavitรน di Babilonia e โ questa รจ la sorpresa โ portรฒ a compimento questโopera di salvezza senza esserne cosciente. Si noti lโinsistenza su questo fatto: โSebbene tu non mi conoscaโฆ anche se tu non mi conosciโ (vv. 4.5). La conferma viene dal celebre Cilindro di Ciro, dove le strabilianti vittorie di questo re non sono attribuite al Signore, ma alla protezione del dio Marduk: โMarduk gettรฒ lo sguardo su tutti i paesi cercando uno che li governasse con rettitudine e pronunciรฒ il nome di Ciro perchรฉ dominasse il mondo. Marduk, il grande dio, si compiacque di lui e si pose al suo fianco, come vero amicoโ. Ciro che si riteneva lโeletto del dio dei Babilonesi, era invece condotto per mano dal Dio dโIsraele, lโunico Dio, lโunico Signore โe non vโรจ alcun altroโ (v. 6).
Le parole del profeta sono un invito a guardare gli eventi e la storia del mondo con occhi nuovi: gli uomini e i popoli si agitano, sono mossi da interessi e passioni, hanno slanci di generositร e ripiegamenti egoistici, ma il Signore li conduce e tutto fa entrare nel suo disegno di salvezza. Anche gli atei e i miscredenti hanno spesso dato e continuano a dare un importante contributo alla purificazione della fede e della religione e alla liberazione dellโuomo. Senza saperlo erano coinvolti nei progetti di Dio.
Seconda Lettura (1 Ts 1,1-5b)
1 Paolo, Silvano e Timรฒteo alla Chiesa dei tessalonicesi che รจ in Dio Padre e nel Signore Gesรน Cristo: grazia a voi e pace!
2 Ringraziamo sempre Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere, continuamente 3 memori davanti a Dio e Padre nostro del vostro impegno nella fede, della vostra operositร nella caritร e della vostra costante speranza nel Signore nostro Gesรน Cristo.
4 Noi ben sappiamo, fratelli amati da Dio, che siete stati eletti da lui. 5 Il nostro vangelo, infatti, non si รจ diffuso fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con potenza e con Spirito Santo e con profonda convinzione.
Oggi e per le prossime quattro domeniche, ci verranno proposti brani della prima Lettera ai tessalonicesi.
Tessalonica era una ricca metropoli commerciale che sorgeva nella parte piรน interna del golfo di Salonicco; aveva preso il nome dalla sorella di Alessandro Magno, sposa del generale Cassandro, fondatore della cittร . Era protetta da unโimponente cinta muraria che, partendo dal mare, circondava la collina sulla quale sorgeva lโacropoli. Il geografo Strabone la descrive โpopolosa, spensierata e aperta a tutte le novitร , sia buone che cattiveโ. Come tutte le cittร portuali, non era un modello di moralitร : per le strade circolavano prostitute, vagabondi, gente oziosa, ciarlatani, ma era abitata anche da gente onesta e laboriosa.
Paolo vi giunse nel 50 d.C. e, comโera sua consuetudine, annunciรฒ Cristo anzitutto ai giudei che, in giorno di sabato, si riunivano nella sinagoga. I risultati furono piuttosto deludenti, pochi credettero alla sua predicazione. Ebbe un successo maggiore quando predicรฒ ai pagani che aderirono alla fede in numero considerevole, fra di loro anche non poche donne della nobiltร (At 17,1-9).
Dopo poche settimane, un subbuglio provocato dai giudei lo costrinse ad abbandonare precipitosamente la cittร , prima di essere riuscito a spiegare ai discepoli i temi centrali della fede; da qui la convinzione di aver lasciato dietro di sรฉ una comunitร piuttosto fragile.
Anche le tappe successive del suo viaggio furono segnate da difficoltร e insuccessi. Allโareรฒpago di Atene tentรฒ lโapproccio con gli intellettuali della Grecia, ma lโesperienza fu deludente: โQuando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni lo deridevano, altri dissero: โSu questo ti ascolteremo ancora unโaltra voltaโ. Ma alcuni aderirono a lui e divennero credentiโ (At 17,32-34).
Da Atene passรฒ a Corinto, la cittร con due porti, nota in tutto il mondo per la vita dissoluta dei suoi abitanti e dunque terreno apparentemente poco adatto per il seme del vangelo. Era scoraggiato Paolo, tanto da decidere di parlare di Cristo solo il sabato nella sinagoga e di dedicare il resto della settimana alla propria professione di costruttore di tende (At 18,1-4).
Un giorno ecco giungere da Tessalonica i compagni di fatiche apostoliche Sila e Timoteo, latori di notizie tanto sorprendenti, quanto inattese: la comunitร dei tessalonicesi si era sviluppata, era cresciuta rigogliosa ed era divenuta un modello di fede e di pratica della caritร fraterna; affrontava con coraggio la persecuzione, le vessazioni, le molestie dei non credenti e godeva della stima dei pagani per la vita integra che i battezzati conducevano; tutti conservavano un nostalgico ricordo di Paolo, gli erano immensamente grati, perchรฉ da lui erano stati introdotti alla fede e consegnati a Cristo, attendevano con ansia una sua visitaโฆ
Stupito, quasi incredulo, Paolo era rimasto in ascolto degli amici. Riprese coraggio e decise di dedicarsi di nuovo, a tempo pieno, allโannuncio del vangelo (At 18,5). Ancora emozionato, scrisse, a nome anche di Sila e Timoteo, una lettera ai tessalonicesi.
ร cosรฌ che รจ nato il primo libro del NT. Siamo nellโanno 51 d.C.
Nei primi cinque versetti โ quelli ripresi dalla lettura di oggi โ Paolo confessa la gioia che prova ogni volta che, nella preghiera, pensa ai cristiani di Tessalonica, ha udito infatti che la loro comunitร รจ ben fondata nella fede, nella speranza e nella caritร (v. 3).
Queste tre virtรน vengono caratterizzate e collegate. Lโimpegno nella fede anzitutto: i tessalonicesi non si sono limitati ad accettare e a ripetere alcune formule astratte, ma hanno tradotto la loro fede in gesti concreti, in una caritร operosa, in azioni verificabili da tutti.
La loro speranza poi รจ incrollabile, non viene meno di fronte a nessuna difficoltร e a nessuna prova, nemmeno di fronte al pericolo di perdere la vita.
Nel progresso spirituale compiuto dalla comunitร di Tessalonica, Paolo scorge lโopera di Dio e la potenza dello Spirito. Era scoraggiato perchรฉ aveva constatato la propria debolezza, ora gioisce, verificando come Dio riesce comunque a portare a compimento le sue opere.
Vangelo (Mt 22,15-21)
15 Allora i farisei, ritiratisi, tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16 Mandarono dunque a lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: โMaestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo veritร e non hai soggezione di nessuno perchรฉ non guardi in faccia ad alcuno. 17 Dicci dunque il tuo parere: ร lecito o no pagare il tributo a Cesare?โ. 18 Ma Gesรน, conoscendo la loro malizia, rispose: โIpocriti, perchรฉ mi tentate? 19 Mostratemi la moneta del tributoโ. Ed essi gli presentarono un denaro. 20 Egli domandรฒ loro: โDi chi รจ questa immagine e lโiscrizione?โ. 21 Gli risposero: โDi Cesareโ. Allora disse loro: โRendete dunque a Cesare quello che รจ di Cesare e a Dio quello che รจ di Dioโ.
La frase conclusiva del brano รจ una delle piรน note, ma anche delle piรน enigmatiche; non รจ facile stabilirne il significato, per cui non sempre viene citata a proposito. ร impiegata, a volte, da chi detiene il potere per invitare le gerarchie ecclesiali a non immischiarsi in faccende politiche; altre volte sono queste a richiamarla ai governanti, per affermare il proprio diritto a difendere e a proclamare i valori che scaturiscono dal vangelo. ร stata usata, peraltro, da chi sosteneva la ierocrazia papale e da chi propugnava il cesaropapismo, da chi difendeva la laicitร dello stato e da chi sognava una sudditanza di questo al potere religioso, da chi sacralizzava le istituzioni e da chi giustificava il potere temporale della chiesa. Qualcuno, piรน banalmente, la usa per invitare a dare a ciascuno ciรฒ che gli spetta.
Per comprenderla รจ necessario collocarla nel contesto del dialogo che lโha originata.
Lโimperatore di Roma esigeva da ogni suo suddito che avesse compiuto i quattordici anni, se uomo, i dodici, se donna e fino a sessantacinque anni, il versamento allโerario di un denaro annuo. Era il tributum capitis o testatico per il quale si facevano gli odiosi censimenti che provocavano spesso rivolte popolari (Lc 2,1-5; At 5,37). Contare il popolo che apparteneva a Dio equivaleva, per il pio israelita, a sottrarlo allโautoritร del Signore e asservirlo a un potere umano. Per questo, dopo aver fatto il censimento, Davide si sentรฌ battere il cuore ed esclamรฒ: โHo peccato gravemente per quanto ho fatto; ho commesso unโenorme sciocchezzaโ (2 Sam 24,10).
Un giorno i farisei, accompagnati dai simpatizzanti di Erode, si presentano a Gesรน e, in modo molto ossequioso, dopo aver riconosciuto il suo amore per la veritร e il suo rifiuto dei compromessi, gli rivolgono una domanda insidiosa: โSappiamo che sei un uomo onesto, non hai soggezione di nessuno e non guardi in faccia ad alcuno. Dicci dunque il tuo parere: ร lecito o no pagare il tributo a Cesare?โ (vv. 16-17).
Strana questa alleanza fra farisei ed erodiani. I primi ritenevano unโempietร appoggiare lโoccupazione romana, i secondi erano invece sostenitori di Erode Antipa, il fantoccio senza personalitร , succube dellโimperatore Tiberio ed erano dei collaborazionisti. Li troviamo alleati contro Gesรน perchรฉ egli infastidiva entrambi: era leale e rifiutava ogni forma di ipocrisia.
La loro domanda รจ formulata in modo tale da rendergli impossibile qualunque scappatoia: se si pronuncia contro il pagamento delle tasse, puรฒ essere denunciato alle autoritร romane come un sovversivo (e difatti, secondo Lc 23,2, davanti a Pilato lo accuseranno di sobillare il popolo a non pagare i tributi a Cesare); se si dichiara favorevole, si attira le antipatie del popolo che odia i romani colonizzatori.
Le tasse sono sempre pagate ovunque di malavoglia, ma, a rendere odioso il tributo, si aggiungeva in Palestina un motivo di ordine religioso: il denaro richiesto aveva su un lato la raffigurazione dellโimperatore di Roma e lโiscrizione: โTiberio Cesare, figlio augusto del divino Augustoโ e sul retro il titolo โSommo Ponteficeโ con lโimmagine di una donna seduta, simbolo della pace, forse Livia, la madre di Tiberio. Nel 1960 รจ stata rinvenuta una trentina di queste monete sul monte Carmelo.
ร nota la ripugnanza degli israeliti per le immagini umane, proibite dalla loro legge. Usare il denaro di Tiberio significava dare il proprio assenso a una forma di idolatria.
Gesรน si rende conto dellโinsidia che gli hanno teso, ma non elude la domanda; comโรจ solito fare, conduce abilmente i suoi interlocutori alla radice del problema.
Vuole anzitutto che gli mostrino la moneta ed essi, ingenuamente, allungano le mani sotto la tunica dove erano soliti nascondere il denaro (gli abiti in quel tempo non avevano tasche) e gliela presentano. Non si accorgono che Gesรน li sta giocando: anzitutto, se chiede la moneta, significa che egli non la possiede (per sรฉ non ha neppure una pietra dove posare il capo; Mt 8,20) e se essi la tirano fuori, vuol dire che la utilizzano senza problemi, la ricevono per le loro prestazioni e con essa acquistano i prodotti al mercato. Ma cโรจ di piรน, la disputa avviene nel recinto del tempio (Mt 21,23), quindi nel luogo santo, ed essi non si preoccupano di profanarlo mostrando quellโimmagine; si fanno scrupoli solo quando devono pagare le tasse.
Dopo averla osservata Gesรน chiede: โDi chi รจ questโimmagine?โ. โDi Cesareโ, rispondono. โAllora โ conclude โ restituite a Cesare ciรฒ che รจ di Cesare e a Dio ciรฒ che รจ di Dioโ (v. 21).
Il primo messaggio che Gesรน vuole dare รจ chiaro: รจ un dovere morale oltre che civile contribuire al bene comune con il pagamento del tributo; non cโรจ ragione che giustifichi lโevasione fiscale o il furto dei beni dello Stato. Qualunque sia la linea politica ed economica scelta dal governo, il discepolo di Cristo รจ chiamato ad essere un cittadino onesto ed esemplare, impegnato attivamente nella costruzione di una societร giusta, rifugge dai sotterfugi e fa le scelte politiche che favoriscono i piรน deboli, non quelle che salvaguardano i suoi interessi.
Scrivendo ai romani, Paolo ripropone in termini piรน espliciti la direttiva del Maestro. Siamo agli inizi del regno di Nerone โ lโimperatore รจ ventenne e da tre anni governa inizialmente in modo clemente e moderato โ ed ecco cosa raccomanda lโApostolo ai cristiani della capitale: โCiascuno stia sottomesso alle autoritร costituite; poichรฉ non cโรจ autoritร se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone allโautoritร , si oppone allโordine stabilito da Dio. Perciรฒ รจ necessario stare sottomessi, non solo per timore della punizione, ma anche per ragioni di coscienza. Per questo dunque dovete pagare i tributi, perchรฉ quelli che sono dediti a questo compito sono funzionari di Dio. Rendete a ciascuno ciรฒ che gli รจ dovuto: a chi il tributo, il tributo; a chi le tasse le tasse; a chi il timore il timore; a chi il rispetto il rispettoโ (Rm 13,1-7).
La risposta di Gesรน, perรฒ, non si limita ad affermare il dovere di contribuire al bene comune con il pagamento delle tasse; egli aggiunge: โRendete a Dio ciรฒ che รจ di Dioโ.
Il verbo che usa significa piรน esattamente โrestituiteโ. Rivolto ai presenti dice dunque: โRestituite a Cesare ciรฒ che appartiene a Cesare e restituite a Dio ciรฒ che รจ di Dioโ. Essi non solo stanno trattenendo del denaro che va consegnato allโimperatore, ma si sono anche impossessati, in modo illegale e ingiusto, di una proprietร di Dio e devono ridargliela subito perchรฉ egli la esige, รจ sua. Che cosa?
Giร Tertulliano nel 200 d.C. aveva intuito che era lโuomo che andava riconsegnato a Dio. Creandolo, infatti, aveva detto: โFacciamo lโuomo a nostra immagine, a nostra somiglianzaโ e creรฒ lโuomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creรฒโ (Gn 1,26-27).
Se la moneta doveva essere โrestituitaโ a Cesare, perchรฉ su di essa cโera impresso il volto del suo padrone, lโuomo andava โrestituitoโ a Dio. Lโuomo รจ lโunica creatura su cui รจ impresso il volto di Dio, รจ sacra e nessuno se ne puรฒ appropriare. Chi la fa sua (la schiavizza, la opprime, la sfrutta, la domina, la usa come oggettoโฆ) deve immediatamente riconsegnarla al suo Signore.
AUTORE: p. Fernando Armellini
FONTE: Settimana News
SITO WEB: http://www.settimananews.it
