p. Ermes Ronchi – Commento al Vangelo di sabato 29 Marzo 2025

Commento al brano del Vangelo di: Lc 18,9-14

Data:

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LA GRAMMATICA DELLA PREGHIERA

Due uomini vanno al tempio a pregare.

Uno ritto in piedi prega,
ma รจ come se fosse rivolto a se stesso:

โ€œO Dio, ti ringrazio perchรฉ non sono come gli altri uomini, rapaci, ingiusti, impuriโ€ฆโ€.

Inizia con parole corrette; l’avvio รจ biblico, infatti metร  dei Salmi sono di lode e ringraziamento.

Ma mentre offre
le sue parole a Dio,
il fariseo in realtร 
le rivolge a sรจ, compiacendosi.

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Parabola per coloro che si sentono buoni,
che vedono degli altri solo i difetti.

Il fariseo vive pieno
di sospetti e paure,
vita triste in un mondo dedito all’imbroglio,
al sesso, alla rapina.

Come tutti i fondamentalisti,
รจ un angosciato che si vede attorno solo degrado e rovina.

Dal suo sguardo duro nasce una preghiera insensata e fredda. Davvero ยซsolo chi ha lo sguardo dolce sarร  perdonatoยป (G. Palamas).

Per l’anima bella del fariseo, Dio in fondo non fa niente se non un lavoro da burocrate, da notaio: registra, prende nota e approva.

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Un muto specchio su cui far rimbalzare la propria arroganza spirituale.
Io non sono come gli altri, tutti ladri, corrotti, adulteri, e neppure come questo pubblicano.
Io sono molto meglio.

Offende il mondo nel mentre stesso che crede di pregare.

Non si puรฒ pregare e disprezzare,
benedire il Padre e maledire,
dire male dei suoi figli,
lodare Dio e accusare i fratelli.

In fondo lui รจ un infelice che sta male al monยญdo,
che per elevarsi
deve necessariamente
abbassare gli altri, restando solo:
l’immoralitร  dilaga,
la diยญsonestร  trionfaโ€ฆ

L’unico che si salva รจ lui stesso.
Onesto e infelice:
chi guarda solo a se stesso non si illumina mai.

La parabola ci mostra la grammatica della preghiera,
le cui regole sono semplici e valgono per tutti,
come le regole della vita: se metti al centro l’io, nessuna relazione funziona.

Non nella coppia,
non con i figli
o con gli amici,
tantomeno con Dio.  

Si prega
non per ricevere ma per essere trasformati,
ma questo fariseo non vuole cambiare,
non ne ha bisogno.
Lui รจ a posto,
sono gli altri ad essere sbagliati,
e forse un po’ anche Dio. 

Il pubblicano,
peccatore consapevole, prega:

Signore, abbi pietร  di me!

Mette al centro
del suo grido non se stesso ma la pietร  di Dio,
non l’io ma il ยซTuยป.

Come nel Padre Nostro, dove mai si dice ยซioยป,
mai ยซmioยป,
ma sempre ยซtuoยป e ยซnostroยป:

Padre,
tu nei cieli,
il nome tuo,
il regno tuo,
tu donaci,
tu liberaci.

Il pubblicano non รจ perdonato perchรฉ migliore del fariseo,
il solo pensarlo รจ credere
di meritarsi Dio,
ma perchรฉ
nel suo vivere leggero,
accettando i propri limiti, egli si apre come una porta socchiusa al sole.

Dal fondo del tempio
egli vola verso un Dio
piรน grande del suo peccato, che non si merita ma si accoglie.

Vola verso un Altro che viene e trasforยญma
nella sua misericordia infinita,
nella sua straordinaria debolezza
che รจ anche la sua unica, miracolosa onnipotenza.

Per gentile concessione di p. Ermes, fonte.

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