ร la seconda domenica di questo cammino della Quaresima, iniziato con l?invito personale e insieme rivolto all?intera assemblea: โRitornate a me con tutto il cuoreโ. Il cristiano deve prendere sul serio la Quaresima. ร il Signore che chiama ad una rottura profonda con i nostri pensieri e con il nostro stile di vita. Il ritorno inizia con il rientrare in se stessi, vera umiltร per gente deformata dall?euforia dell?abbondanza e dall?orgoglio dell?io. ร tempo per presentarsi alla casa del padre come servi, finalmente come lavoratori e con un cuore in pace e non come figli presuntuosi ed irrequieti, stolidamente sicuri di un amore che si pensa acquisito, che si riduce a proprietร , che si conserva. Tornare per essere perdonati, vecchi e segnati dal peccato come siamo, cercando la gioia di essere abbracciati dal padre i cui pensieri non sono i nostri pensieri.
Tornare perchรฉ solo un cuore libero dal male si dissocia dalla guerra, trasmette pace e la sa chiedere per un mondo che troppo si รจ abituato alla violenza, che si illude di potere convivere con l?odio, che non sa cercare la giustizia e la pace. Tornare per essere rivestiti della dignitร persa dietro al consumismo pratico, che non si contrappone apertamente, ed a cui lasciamo un cosรฌ grande spazio. ร facile pensare come il fratello maggiore, da dignitari, sicuri; sentendosi a posto; affermando, anche a costo di umiliare il padre, il proprio sentire e la propria giustizia; credendo di non avere mai smesso di fare quanto era chiesto. Anche il fratello maggiore deve tornare, potrebbe tornare, proprio iniziando ad abbandonarsi alla gioia ed al perdono, accogliendo il fratello, liberandosi dai giudizi e dalla sua memoria triste. In realtร รจ lontano dai sentimenti del padre: vive nella sua casa, ma in maniera individualista, attento al mio ed al tuo. Non torna quando crede piรน alla sua giustizia che all?amore. La sua infedeltร si rivela proprio di fronte alla misericordia.
Egli parla contrapponendosi; sa usare solo l?io, โquello che io ho fattoโ, che โio ho provatoโ, โche io pensoโ; mentre il padre non smette, accorato, di difendere il noi di una familiaritร che รจ salvezza per quella casa ed anche per quei due figli che continua ad amare. Il fratello maggiore non รจ felice, perchรฉ non c?รจ felicitร senza amore. Non si puรฒ essere felici da soli; non si puรฒ essere felici senza gli altri; non si puรฒ essere felici contro gli altri. โRitornate a me con tutto il cuoreโ Sul monte sale Gesรน. In realtร รจ lui stesso il sacrificio: lui sceglie di non salvare se stesso, di non risparmiarsi. ร un uomo segnato dalla sofferenza, cosciente che avrebbe dovuto salire un altro monte, quello del Golgota. Non c?รจ gioia evitando il male, fuggendo dalla sofferenza.
La quaresima รจ salire sul monte, รจ questa ascesi. Non si arriva subito: occorre pazienza, fiducia, cuore, per uomini poco interiori, incostanti e volubili come siamo noi, cosรฌ condizionati dal presente. ร ascesi per limitare la schiavitรน dell?amore per sรฉ, per allargare il cuore che si restringe quando non lo curiamo o restiamo fermi; ascesi per trovare la felicitร . Occorre salire per potere contemplare le cose del cielo e quindi il senso ed il futuro delle nostre povere persone. Sul monte la presenza ordinaria del Signore, che spesso abbiamo trattato con sufficienza, ridotto ad una compagnia abituale, rivela pienamente la luce che contiene. Senza salire sul monte dell?ascolto, della preghiera la sera, della santa liturgia nel giorno del Signore; senza salire andando al fondo di sรฉ seguendo lui, la vita si riduce a quello che vedo, che mi serve, che tocco, che possiedo, che mi conviene. Si riduce a me.
Gesรน prende con sรฉ Pietro, Giacomo e Giovanni. Insegna loro ad esser concordi, perchรฉ siano liberi dal sonno dell?individualismo e della tristezza. Gesรน vorrร di nuovo accanto a sรฉ proprio questi tre discepoli per potere salire con loro l?altro monte, quando sarร spogliato di ogni felicitร . E dormiranno. Se non si mette a centro Lui si finisce per discutere su chi รจ il piรน grande o, semplicemente, per addormentarsi.
Pietro non sa bene che dire. Si lascia andare ed esclama: โร bello per noi restare qui! Facciamo tre tende!โ. Pensa che la felicitร sia una situazione da prolungare il piรน possibile, come un benessere da conservare. No. La felicitร si vive e diviene interiore. Le tende bisogna costruirle nel mondo, nei cuori induriti degli uomini, nella vita ordinaria. Bisogna costruire tende dove risuoni la parola di beatitudine del Figlio prediletto, che tutti possiamo ascoltare e vivere. ร bello per noi godere di questa luce. ร bello che i fratelli stiano assieme. ร bello perchรฉ nessuno puรฒ impadronirsene, perchรฉ la felicitร รจ contagiosa, perchรฉ cresce comunicandosi.
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Questa santa liturgia รจ sua; รจ bella perchรฉ riflette, nella nostra povera debolezza, la forza luminosa dell?amore di Dio, forza che sarร piena in cielo. La stessa luce, luce del cielo, la contempliamo nella gioia dei poveri amati; degli anziani consolati; dei malati che riprendono a sperare, di chi รจ reso luminoso dalla compagnia di un estraneo diventato prossimo. ร la stessa luce di quel monte, anticipo della luce del mattino di Pasqua. I tre discepoli vengono raggiunti da una voce: โQuesti รจ il mio figlio prediletto. Ascoltatelo!โ. Sรฌ, la luce dell?amore non รจ una magia ma un uomo, quello di sempre, che continua a camminare con noi. Resta lui solo, non videro piรน nessuno. ร lo stesso Signore che rimane nella vita ordinaria, continuando a comunicare quell?energia di pienezza, di luce, di pace che trasfigura la vita del mondo. Luce che ci viene affidata per la gioia di coloro che sono nelle tenebre e nell?ombra di morte, per liberare il mondo dal buio, per illuminare la notte del dolore.
Fonte – il sito web di mons. Paglia
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