Ci stiamo ormai avviando verso la conclusione dellโanno liturgico. Il brano evangelico fa parte del โdiscorso escatologicoโ (ossia sulle โrealtร ultimeโ), che in Marco comprende tutto il capitolo tredicesimo. Gesรน รจ appena uscito dal tempio, dove ha fatto lโelogio di una povera vedova che ha gettato nel tesoro tutto quanto ha per vivere. Con i discepoli si dirige verso il monte degli ulivi da dove si puรฒ ammirare lo splendore del tempio. I discepoli, guardando questa incredibile costruzione, ne restano colpiti e uno di loro dice a Gesรน: โMaestro, guarda che pietre e che costruzione!โ. Ed in effetti si trattava di un complesso architettonico che suscitava la meraviglia di chiunque lo vedesse.
Nello stesso Talmud si legge: โChi non ha visto ultimato il santuario in tutta la sua magnificenza, non sa cosa sia la sontuositร di un edificioโ (Sukka 51b). Gesรน, quasi interrompendo le affermazioni di sorpresa del discepolo, dice a tutti che di quella costruzione non rimarrร pietra su pietra. I discepoli restano ovviamente stupiti e increduli di fronte a tali parole; i tre piรน intimi, cui si aggiunge Andrea, subito chiedono quando tale disastro accadrร . E Gesรน risponde con un lungo discorso di cui abbiamo ascoltato il punto culminante. Dopo aver parlato della โgrande tribolazioneโ di Gerusalemme, Gesรน annuncia che seguiranno sconvolgimenti cosmici: โIl sole si oscurerร e la luna non darร piรน la sua luce; le stelle cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno sconvolteโ. E aggiunge: โAllora vedranno il Figlio dellโuomo venire sulle nubi con grande potenza e gloriaโ.
Il testo evangelico suggerisce che il โfiglio dellโuomoโ non viene nella stanchezza delle nostre abitudini e neppure si inserisce nel naturale sviluppo delle cose. Quando egli verrร porterร un cambiamento radicale sia nella vita degli uomini che nella stessa creazione. Per esprimere questa trasformazione profonda una sorta di violenta interruzione della storia Gesรน riprende il linguaggio tipico della tradizione apocalittica, allora molto diffusa, e parla di crollo cosmico, di scardinamento del sistema planetario. Giร il profeta Daniele aveva preannunciato: โSarร un tempo di angoscia, come non cโera stata mai dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarร salvato il tuo popolo, chiunque si troverร scritto nel libroโ. I testi della Scrittura non avallano, perรฒ, una sorta di โteoria della catastrofeโ, secondo la quale deve esserci prima lโinabissarsi del mondo in un completo fallimento per poter quindi attendere finalmente Dio che volgerร al bene ogni cosa. No, Dio non arriva alla fine, quando tutto รจ perduto. Egli non rinnega la sua creazione. Nel libro dellโApocalisse leggiamo: โTu hai creato tutte le cose, e per la tua volontร esistevano e furono createโ (4,11).
La Scrittura, in tutte le sue pagine, esorta piuttosto ad operare (e ad invocare) per instaurare una creazione nuova secondo lโimmagine della cittร futura descrittaci nelle pagine finali dellโApocalisse: โE vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non cโera piรน. E vidi anche la cittร santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposoโ (21,1-2). Lo sconvolgimento del creato, che cโรจ e ci sarร , รจ finalizzato alla instaurazione di questa โGerusalemmeโ ove tutti i popoli della terra sarebbero stati radunati. Se del tempio che vedevano gli apostoli non sarebbe rimasta pietra su pietra รจ perchรฉ nella futura Gerusalemme non ci sarร tempio, appunto come sta scritto: โIn essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, lโOnnipotente, e lโAgnello sono il suo tempioโ (Ap 21,22).
Gesรน parla di โultimi giorniโ, ma dice anche che tali rivolgimenti avverranno in โquesta generazioneโ, ossia nel tempo che coinvolgeva i suoi ascoltatori. Del resto era la sua stessa presenza a realizzare lo sconvolgimento del corso normale della vita del mondo; basti pensare ai cambiamenti che seguivano dopo la sua predicazione e a cosa accadrร con la resurrezione. Lโirruzione del โfiglio dellโuomoโ era ormai avvenuta e sarebbe continuata per tutte le generazioni che si sarebbero succedute lungo la storia. Il โgiorno del Signoreโ, prefigurato da Daniele e dagli altri profeti, irrompe in ogni generazione, anzi in ogni giorno della storia. ร suggestiva lโespressione usata da Gesรน sulla prossimitร degli โultimi giorniโ. Egli dice: โSappiate che ciรฒ รจ alle porteโ. Questa immagine รจ usata anche altre volte dalle Scritture per esortare i credenti ad essere pronti per accogliere il Signore che passa. โEcco, il giudice รจ alle porteโ, scrive Giacomo nella sua Lettera (5,9). E lโApocalisse: โEcco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrรฒ da lui, cenerรฒ con lui ed egli con meโ (3,20). Alle porte di ogni giornata della nostra vita cโรจ il Signore che bussa, cโรจ il โgiorno ultimoโ che attende di essere accolto, cโรจ il giudizio di Dio che intende trasformare il tempo che giร ora viviamo.
- Pubblicitร -
La โfine del mondoโ deve avvenire ogni giorno; ogni giorno dobbiamo far finire un piccolo o un grande pezzo del mondo cattivo e malvagio che non Dio ma gli uomini continuano a costruire. Del resto i giorni che passano finiscono inesorabilmente, anche se lโereditร di bene o di male continua. La Scrittura ci invita ad avere davanti agli occhi questo futuro verso cui siamo diretti: la fine del mondo non รจ la catastrofe, ma lโinstaurazione della cittร santa che scende dal cielo. Si tratta di una cittร , ossia di una realtร concreta, non astratta, che raccoglie tutti i popoli attorno al loro Signore. Questo รจ il fine (e, in certo modo, anche la fine) della storia. Ma questa cittร santa deve essere seminata giร da ora nei nostri giorni, perchรฉ possa crescere e trasformare la vita degli uomini a sua immagine. Non si tratta di un innesto automatico e facile; ma รจ la fatica quotidiana che ogni credente deve compiere, sapendo che โcielo e terra passeranno, ma le mie parole non passerannoโ.
Per gentile concessione di mons. Paglia. – FONTE
Qui tutti i commenti al Vangelo delle domeniche precedenti di mons. Vincenzo Paglia



