Siamo oltre la metร del pellegrinaggio quaresimale e la liturgia della Chiesa, interrompendo per un momento lโausteritร di questo tempo, ci invita a โrallegrarciโ. In passato, persino il colore dei paramenti liturgici si attenuava, dal viola passava al โrosaceoโ, per sottolineare questo stacco di letizia. In veritร , tale esortazione sembra non aver piรน senso da quando la quaresima non รจ piรน avvertita nella sua severitร e il digiuno รจ quasi totalmente disatteso. In effetti, questi quaranta giorni scorrono per lo piรน come tutti gli altri, senza una particolare urgenza del richiamo a rallegrarsi. Lโinvito liturgico, se in passato comportava la sospensione dellโausteritร , non voleva comunque spingere verso un senso di spensieratezza o di superficiale e ottimistico senso della vita. Al contrario, la liturgia conoscendo bene le difficoltร e i problemi dei giorni degli uomini, รจ consapevole del bisogno che abbiamo di un annuncio di letizia vera. Ed ecco, nel mezzo del cammino quaresimale, lโesortazione a rallegrarsi; il motivo รจ lโavvicinarsi della Pasqua, ossia la vittoria del bene sul male, della vita sulla morte.
Questo รจ il vero annuncio di gioia che la liturgia ci porta. Motivi oggettivi che mostrano la permanenza del male non mancano. E dโaltro verso, รจ indispensabile sperare in un mondo che sia diverso da come lo viviamo. La vittoria della Pasqua, che sconfigge il male e il peccato, deve rifrangersi ovunque e in particolare su quei popoli straziati ancora dalla guerra e dalla violenza, come anche sui poveri che continuano a crescere nelle nostre cittร . ร urgente ridare speranza lร dove prevale un clima di violenza e di aggressivitร . Va scardinata in radice quella mentalitร consumista che porta a centrare tutto su se stessi e sulla propria immediata soddisfazione e che, come sbocco inevitabile, porta verso uno stile di vita concorrenziale e violento. Lโuomo e la donna consumisti, costretti a vivere in una perenne corsa a consumare e a soddisfare qualsiasi desiderio, sono travolti dalla spirale inarrestabile dellโamore per se stessi, radice di ogni violenza. Il bisogno di ritrovare una dimensione religiosa ed etica, che interrompa in qualche modo questo circolo vizioso e che dia senso alla vita, si fa sempre piรน urgente, per la salvezza non solo personale ma della stessa societร .
Il secondo libro delle Cronache ci aiuta a leggere lโodierna nostra situazione. Lโautore sacro lega la caduta di Gerusalemme e il susseguente periodo di schiavitรน in Babilonia allโinfedeltร del popolo ai comandi del Signore: โIn quei giorni tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltร โฆsi beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che lโira del Signore contro il suo popolo raggiunse il suo culmine, senza piรน rimedioโ. I nemici incendiarono il Tempio, demolirono le mura di Gerusalemme e gli scampati alla morte furono deportati. Con il tipico linguaggio veterotestamentario la Scrittura sottolinea lo stretto rapporto tra lโattutirsi della tensione morale dellโintero popolo (non solo di qualcuno additato al ludibrio comune e condannato quasi vittima espiatoria) con la conseguente degenerazione e fine della stessa convivenza civile. Per questo torna ogni anno opportuno il tempo quaresimale: ci aiuta a tornare al Signore, a riprendere in mano le Scritture e a riflettere sul senso vero della vita, del proprio agire e del proprio operare.
Il Vangelo di Giovanni che abbiamo ascoltato ci dice che la risposta alla domanda sul senso della vita รจ Gesรน, morto e risorto. Anche Nicodemo si sentรฌ rispondere in questo modo con il richiamo allโepisodio del serpente innalzato da Mosรฉ nel deserto che salvรฒ la vita degli israeliti morsi dai serpenti velenosi: โCome Mosรฉ innalzรฒ il serpente nel deserto, cosรฌ bisogna che sia innalzato il Figlio dellโuomo, perchรฉ chiunque crede in lui abbia la vita eternaโ. Giร il libro della Sapienza aveva intuito in quellโepisodio un segno della salvezza e dellโamore di Dio quando aveva cantato il serpente di bronzo definendolo โun simbolo della salvezza per ricordare i decreti della legge divina: infatti, chi si volgeva a guardarlo era salvato non da quel che vedeva ma solo da te, salvatore di tuttiโ (16, 6-7). Quel serpente posto sullโasta diventa per Giovanni il segno della croce di Cristo โinnalzataโ in mezzo allโumanitร . Per lโevangelista, Gesรน โinnalzatoโ non รจ una immagine che deve suscitare commiserazione o compassione; quella croce รจ la fonte della vita; una fonte generosa e senza limiti, gratuita e abbondante: โDio ha tanto amato il mondo continua lโevangelista da dare il suo figlio unigenito, perchรฉ chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eternaโ.
Chiunque รจ colpito dai morsi velenosi dei serpenti di oggi, รจ sufficiente che rivolga gli occhi verso quellโuomo โinnalzatoโ e trova guarigione. Gesรน stesso dirร piรน avanti: โQuando sarรฒ elevato da terra, attrarrรฒ tutti a meโ (12,32). La salvezza, come anche il senso della vita, non viene da noi o dalle nostre tradizioni umane. La salvezza ci รจ donata. Nella Lettera agli Efesini Paolo scrive: โDio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvatiโ (2,4). Torna il motivo del โrallegrarsiโ a cui la liturgia di questa domenica ci richiama; possiamo gioire come il figlio prodigo il quale, al ritorno a casa, scopre quanto lโamore del Padre sia enormemente piรน grande del suo peccato e della sua cattiveria.
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Fonte – il sito web di mons. Paglia
Qui tutti i commenti al Vangelo delle domeniche precedenti di mons. Vincenzo Paglia
